Che fare quando il mondo è in fiamme?, Black Panthers e scontri razziali nel nuovo film di Roberto Minervini
C’è un grido costante, diffuso, talvolta pronunciato anche come semplice congedo, nell’ultimo film del regista fermano Roberto Minervini: “Black Power!”. È il motto delle Black Panthers, il gruppo di attivisti afroamericani che dagli anni ’70 a oggi si batte concretamente per i diritti civili dei neri, allestendo manifestazioni pacifiche ma compiendo anche espliciti atti di violenza contro chi opprime diritti e libertà. Minervini sceglie di analizzare unaltro aspetto della società statunitense del Sud; dopo essere entrato in contatto con un gruppo di dropout della Louisiana (The other side) e dopo essere stato a stretto contatto con una famiglia del Texas strettamente fedele ai precetti biblici (Stop the Pounding Heart), il documentarista più importante del nostro cinema, affronta uno dei temi sempre caldi nella storia degli Stati Uniti, la discriminazione razziale.
Il film è stato concepito sulla spinta degli scontri e delle violenze perpetrate contro afroamericani durante il 2017 sul territorio statunitense. Girato in bianco e nero, Cosa fare quando il mondo è in fiamme? segue tre storie parallele per riportare più di un punto di vista sulle condizioni di vita, sulle abitudini quotidiane, sulle difficoltà di alcuni membri di queste numerose comunità, all’interno delle quali Minervini entra con la sua troupe, con quel metodo rigoroso che lo conduce a “immergersi” nella dimensione che vuole raccontare, indagando i suoi soggetti dalle distanze minori possibili.
Il regista si trova così a entrare davvero nella quotidianità dei personaggi, cercando in essa e nei dialoghi dei protagonisti sia le avvisaglie del disagio e della paura, condivisa su larga scala nel teso clima di violenta discriminazione, sia le aspirazioni di ciascun individuo, i loro sogni, il loro sguardo sul futuro.
Dal cinema “en directe” che cattura la protesta di un gruppo di Panthers fino al ritratto intimo di una coppia di giovani spensierati colti in attimi ricreativi, passando per il racconto personale di una cantante di club e del fallimento del suo locale. Minervini rimane lì, vicino ai personaggi, stabilendo una connessione intima con loro che si basa su un mutuo patto di fiducia.
Cinema antropocentrico quello di Minervini, mappatura del mondo che parte dai volti e si allarga agli ambienti, attraverso una ridefinizione importante di quello che chiamiamo “cinema del reale”.