Gennaro Nunziante lo raccontava durante la conferenza stampa fiorentina di “Che Bella Giornata“; il sodalizio con Luca Pasquale Medici risale ai tempi di Telenorba e le radici comiche di Checco Zalone come cantante neomelodico napoletano sono legate ai personaggi ideati dallo stesso Nunziante insieme ad Antonio Stornaiolo ed Emilio Solfrizzi.
Piero Scamarcio e lo Scippatore d’emozioni riproponevano in versione parodica una consuetudine del palinsesto di Telenorba, già “occupata” dalle esibizioni dei veri neomelodici, giocando sull’eccesso e sull’esasperazione del frammento televisivo, più o meno contemporaneamente alla prima edizione di Avanzi in onda sulla televisione di stato, il cui motore era alimentato dallo stesso spirito grottesco e di messa in abisso dei palinsesti televisivi coevi; un gioco che in tempi immediatamente precedenti e sulla base all’eredità Mondaini/Vianello, aveva caratterizzato i primi sketch del Trio Solenghi-Marchesini-Lopez all’interno di Tastomatto, la trasmissione condotta da Pippo Franco nel 1984.
Toti e Tata, il nome d’arte che offre notorietà a Solfrizzi/Stornaiolo nella Puglia e nella Basilicata dei novanta, rispetto alla quadratura impeccabilmente teatral-televisiva delle produzioni Rai, giocavano in modo popolaresco e selvaggio con il linguaggio “slabbrato” e quasi amatoriale delle televisioni locali insieme a Gennaro Nunziante, facendo a brandelli fiction (Il polpo) telenovelas (Filomena Coza Depurada per Antenna Sud) e i modi dell’advertising.
Se si pensa al modo in cui Quo Vado? è stato promosso prima dell’uscita in sala con una serie di teaser legati alla freddura e allo sketch basico, dovrebbe essere chiara l’origine mai rinnegata con quella realtà produttiva, inclusi tutti i transiti cinematografici che dalla televisione arrivavano al cinema dei Vanzina, di Oldoini fino a Neri Parenti.
Quo Vado? è strutturato a partire dalla stessa idea: il frammento televisivo, i riferimenti culturali all’Italia nutrita davanti al tubo catodico e una materia sociopolitica che osserva le idiosincrasie del paese attraverso una lente distorcente.
Insomma niente di particolarmente nuovo sotto il sole, anche se ci azzardassimo a far confronti con più storie della commedia all’italiana mentre intreccia quella semplicemente “italiana” più recente, abbattendo barriere ideologiche e raccontando che si tratta della stessa cosa per far dispetto agli storici del cinema più ingessati, ovvero spacciando per originale un’analisi che è ovvia e rilevante quanto la scoperta dell’acqua calda.
Al contrario, Nunziante che guarda indietro a quel cinema e a quella televisione, commuovendosi insieme a Checco per la reunion di Albano e Romina inquadra un’immobilità cognitiva che fa paura quasi quanto i live tweet durante il festival di Sanremo, raccontando anche l’intrattenimento di regime come identico da circa quarant’anni, tra dualismi sud-nord, genitori onnipresenti, posto fisso e precariato, vecchio e nuovo “stato sociale”.
Invece di corrodere, si cementifica un punto di vista ereditando una prassi che in termini produttivi e industriali si riferisce sicuramente ad una tradizione più lunga di quello che immaginiamo, ma che riproduce se stessa senza troppe varianti a partire dai Chroma Key di Piero Turchetti e Romolo Siena, specchi magici tra assenza e presenza dove ancora si percepiva la fisicità della macchina scenica.
Quo Vado? da questo punto di vista è abbastanza cialtronesco da risultare ancora vivo, ma allo stesso tempo spolvera dall’armadio un’archeologia della comicità che ripropone lo stesso dissidio tra presenza/assenza dai palinsesti che sperimentiamo con la digitalizzazione delle schegge televisive recuperabili su youtube: Cinema come rovina.