Leggi L’approfondimento su “Ricordi?” e il resoconto dell’incontro con Valerio Mieli e il Cast a Roma, curato da Veronica Canalini per indie-eye
La storia di Lui (Luca Marinelli) e di Lei (Linda Caridi). La storia come Lui la ricorda e la storia come Lei la ricorda. Infine, la storia di come Lui ricorda Lei e di come Lei ricorda Lui. Un gioco di letteratura privata, questo è Ricordi?, un racconto su due ragazzi esperti di lessico antico interessati a scoprirsi nelle architetture della natura e nella grammatica di una casa vecchia. Un vedo non vedo memoriale in continuo stravolgimento che prima è incontro, poi scontro e infine inconsapevole inseguimento a distanza, passo a due sensuale e tenero che fotografa sia la misteriosa dialettica delle relazioni sia il ruolo della memoria negli intrecci amorosi. Un oggetto costruito dalla visione di Valerio Mieli, regista al suo secondo film (dopo l’esordio Dieci Inverni), piegato di nuovo sul punto di sutura tra suoni, astrazioni e sentimenti, come un artigiano appassionato, convinto del potere della forma e dell’emozione ottenuta attraverso l’immagine, la sua forza sospesa, la sua spinta capace di rimettere in circolo il sangue e l’ossigeno nei circuiti.
Mieli guarda con ardore in una prospettiva ambiziosa, lancia il film a grandi altezze per sbirciare oltre il margine della convenzione e si presenta come un collezionista di vertigini che gioca con la plasticità dei corpi, con le estensioni di senso delle immagini, con la poetica delle cose quotidiane. La sua è pura audacia, che ottiene moltissimo e a tratti sbaglia qualcosa, quasi per contratto con un sublime che per definizione vive di momenti discontinui. Non è l’ispirazione visiva a soffrire di instabilità qualitativa però, bensì la storia, che a intermittenza perde raffinatezza (assieme alle interpretazioni) e assume invece i connotati di un racconto romantico prevedibile. Il problema è in ogni caso un inciampo reso comprensibile dalla sottigliezza della materia trattata e ridimensionato dalla sensibilità della messa in scena, dall’immaginazione in elevazione continua, dalle acrobazie della meraviglia: la forma è misura dell’espressione del contenuto, canone che in questo caso sublima i difetti e li trasforma in prove collaterali dell’eccellenza.
Grazie alla sua resa formale Ricordi? infatti non perde né intensità né afflato, anzi genera stupore in progressione, cresce lungo lo sviluppo frammentario dell’arco drammatico e sboccia come un’esplosione silenziosa, con vigore improvviso, senza senso del limite, al di là dei confini della visione e dentro ai vortici della memoria. Scavalcando il pericolo del poetismo stucchevole, il film invade con il pudore di una voce emozionata i più intimi territori del sentimento e si dimostra un oggetto cinematografico quasi sperimentale capace di piegare a sé la geografia della sala con la carica attrattiva di un’idea: raccontare, più che una qualche sensazione legata all’amore e alla memoria, l’impronta metafisica lasciata da due individui qualunque nell’inesorabile sfumare del quotidiano, la traccia formata dai loro corpi nel mondo delebile. Il loro tentativo di fissarsi nel tempo, ricordandosi a vicenda sopra la velocità del futuro, diventando segni di una partitura d’amore, disegnata per essere ascoltata ancora in altre camere del cuore.