Anno 1941; Ozu è tornato alla macchina da presa dopo quattro anni passati prima in guerra e poi a lottare con la censura. E’ maturato ormai il tema dominante degli anni successivi, la famiglia e la sua decadenza, siamo al tramonto dell’etica. La compostezza è la sua cifra, c’è un mondo che crolla davanti a lui e bisogna rifondarne le basi e quello che conta è la sincerità
Film del passaggio al sonoro, in un Giappone pesantemente colpito dalla crisi economica pre-bellica, dimensione pubblica e privata s’intrecciano in una storia di drammatica attualità, in cui sentimenti, legami famigliari, ideali e progetti sono pesantemente compromessi dal bisogno e dalla mancanza di prospettive di lavoro e di affermazione.
Uno degli ultimi “muti” di Ozu, Storia di erbe fluttuanti è storia di attori girovaghi, erbe fluttuanti sulla superficie della vita, spinte da invisibili correnti sotterranee.
Film dalla caratterizzazione sottoproletaria non frequente nel cinema prebellico di Ozu e in seguito del tutto abbandonata, è il quarto di un polittico dedicato a Sakamoto Takeshi, icona del muto giapponese, attore versatile, di grande presenza scenica, a pieno titolo vicino ai più grandi nomi della cinematografia mondiale.
Prova pienamente matura di grande cinema muto per un falso d’autore creato da Ozu stesso in vena di scherzi con la complicità del suo unico, fedelissimo sceneggiatore, Kogo Noda.
Capolavoro del cinema muto, Sono nato ma… interpreta l’anima originaria del genere shomin-geki, cinema libero e inventivo, commedia leggera e sorridente appena attraversata da istanze sociali destinate a divenire più marcate negli anni a venire.
Uno dei pochi film a colori di Ozu, e uno degli ultimi, poi nel ’63 la morte se lo portò via. Colori netti, definiti, una tavolozza che di autunnale non ha nulla perché lo spazio qui è per la giovinezza e il suo futuro, benché i tre protagonisti maschili siano, effettivamente, alle soglie dell’inverno. Ma non mostrano di crederci…