Quello che il cinema di Tati vuol colpire è l’invisibile tela di ragno che avvolge sempre più strettamente l’uomo, la reificazione dell’individuo reso schiavo dalle “cose” di cui ha riempito il suo territorio e che ora gli si chiudono addosso soffocandolo. Torna in sala Mon Oncle di Jacques Tati insieme ad altri tre capolavori del regista francese. Da domani 6 giugno
Candidato all’Oscar come miglior film straniero nel 2015 e compreso nella cinquina dei Golden Globe, Tangerines di Zaza Urushadze esce in sordina nelle sale italiane, singolare ritardo per un film di gran pregio che l’ottimismo del suo produttore Ivo Felt carica di buoni auspici
Una gioia, quella fuori controllo che la “pazzia” regala, e un dolore, quello fuori misura che la vita assegna. Beatrice e Donatella s’incontrano così, e sarà senza fine, come la canzone. Paolo Virzì parla al plurale, accanto a lui c’è stata Francesca Archibugi alla sceneggiatura, e si sente, nella pienezza del racconto, nella completezza dello sguardo, nell’indagare acuto dentro vite di donne su cui l’ombra degli uomini si proietta costante.
Storia di Jesse Owens, l’atleta nero che battè il Terzo Reich, Race è una favola vera che non può non appassionare, come le favole a cui non chiediamo alte performances letterarie ma solo di farci volare un po’ più in là. E se sono vere, meglio.
Secondo capitolo della trilogia di Patricio Guzmán sulla storia cruenta del Cile, terra di confine fra mare e cielo, alla memoria dell’acqua affida le tracce di mondi dimenticati e il ricordo di vite distrutte dalla violenza dell’uomo.
Sulla misteriosa e mai risolta scomparsa di Ettore Majorana, scienziato del gruppo “i ragazzi di Via Panisperna”, Egidio Eronico costruisce un puzzle di forte presa che fonde gli stilemi del documentario d’inchiesta alle suggestioni di un biopic ricco di rimandi alla Storia, riconducendo il giudizio sul piano della correttezza critica e cancellando con decisione tutte le false opinioni sorte da una fuga dal mondo che addensò giudizi non sempre benevoli e alimentò ingiusti fraintendimenti.
Un film attento alla verità storica e sottile nel tratteggiare caratteri, miserie e nobiltà di un tempo, gli anni Cinquanta del secolo scorso, in cui s’imparò in fretta a camuffare abilmente scomode verità e a preparare il terreno fertile per il mezzo secolo successivo.
Lui chi? Ma Hitler, naturalmente, un noto signore che dallo schermo ci avverte: “In fondo siete tutti come me, non ci si può liberare di me, sono una parte di tutti voi. Lo riconosca, non sono poi così male”.