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11 minuti di Jerzy Skolimowski domani al Ciakpolska online: recensione

Ciakpolska, il meglio del cinema polacco, da domani online e gratuitamente sul sito della cineteca di Milano. "11 Minuti" è lo splendido film di Jerzy Skolimowski che apre la rassegna alle 21:00 del 10 Novembre 2020. La recensione e l'approfondimento

Ciakpolska 2020, il meglio del cinema polacco in streaming gratuito

Ciakpolska 2020 è il meglio del cinema Polacco, giunto alla sua ottava edizione e per quest’anno in streaming gratuito sul sito della Cineteca di Milano. Da domani 10 novembre, fino al 16, 13 titoli del cinema polacco contemporaneo, da Jerzy Skolimowski ad Andrzej Wajda, passando per autori come Wojciech Smarzowski, Jan P. Matuszyński e molti altri.
Il primo film in programma è “11 Minutes” di Jerzy Skolimowski, in programma alle 21:00 di domani 10 Novembre e disponibile per lo streaming gratuito per le 24 ore successive alla programmazione, come tutti i film in programma

11 Minuti – 11 Minutes di Jerzy Skolimowski – la recensione del film

Torna forse della parti di Four Nights With anna il grande Jerzy Skolimowski, almeno apparentemente, perchè 11 minutes è uno strano oggetto come lo era il suo terz’ultimo film, chiuso entro una visione terribile. Ma è forse una via di mezzo tra l’anima boxante e ferina di Essential Killing e quella parete che nel film precedente si elevava a separare i due mondi tra sogno e veglia, seppellendo la memoria in una tomba.
La forma è qui più esplicitamente astratta, ma allo stesso tempo l’occhio si cala per le strade di Varsavia, entra negli alberghi, sfonda le porte di alcuni appartamenti, penetra banche abbandonate e assume persino la soggettiva di un cane.

L’involucro viene eretto sull’architettura del disastro a cui tende tutto il film; undici minuti nella vita di un gruppo di persone catturate sul bordo del tempo, poco prima che l’inaspettato esploda.

Ania, giovane attrice provinata in albergo da un regista di film erotici; il marito gelosissimo che cerca di raggiungerla; una ragazza che appena lasciato il fidanzato porta a zonzo il cane; un ragazzo che corre in moto completamente fatto di coca; una donna incinta ostaggio di un uomo violento, mentre gli operatori sanitari cercano di entrare nell’appartamento spaccando mobili e ingaggiando una colluttazione con lo psicopatico.

Questa furibonda escursione urbana viene ri-vista nell’arco di 11 minuti non solo con lo slittamento continuo del punto di vista, ma con l’addizione di elementi collaterali che complicano l’orchestrazione. L’unico elemento di raccordo che accomuna tutte le prospettive è il passaggio di un aereo di linea il cui rombo sovrasta minaccioso la città e che tutti i personaggi, in un tempo preciso, scorgono.

In questa mappa antropologica di Versavia, Skolimowski lavora sui suoni e li sfalsa, usando un brano rock come fonte diegetica ascoltata da posizioni diverse ed eseguito per la strada ai margini di un’area verde, ma che in qualche modo imposta il ritmo del film con quella furia improvvisativa tra jam e scontro tipica del cineasta polacco, che anche qui non viene meno, a dispetto dell’apparente architettura ad incastro.

Ma è davvero un oggetto da ricostruire quello di 11 minutes? Le immagini sono tessere di un puzzle? Ce lo chiediamo perchè il risultato non è certo l’effetto “Babel” ideato a partire dalla solita filosofia sugli accidenti del caso e neanche quello di eventuali sliding doors che si aprono e chiudono combinandosi diversamente, per poi far tornare tutti i conti.

No, non è questo, al contrario ne è il sabotaggio, tanto da spingere Skolimowski ad inserire delle anomalie ironiche, presagi apocalittici che devono verificarsi semplicemente nella forma di una distruzione dell’inquadratura, dell’assetto, del film stesso.

Il quadrante di un orologio spaccato, la visione alterata del ragazzo cocainomane e sopratutto quel puntino nero che alternativamente è una macchia sulla tela di un dipinto, i pixel “morti” di uno schermo LCD, l’impercettibile che sfugge e disinnesca una società megaloscopica ormai spinta all’osservazione di se stessa, in abisso, attraverso gli smartphone, gli schermi dei laptop, i circuiti chiusi dei dispositivi di sorveglianza. Quasi a sottolineare, come ha avuto modo di raccontare lo stesso Skolimowski, la persistenza della tecnologia di consumo rispetto alla nostra scomparsa, indicando addirittura nelle informazioni che (ci) sopravviveranno rispetto ad un possibile disastro totale, la forma parodica della dimensione metafisica.

Ecco perchè 11 minutes vive di questo contrasto flagrante tra immediatezza violenta in prossimità dei corpi, con quell’essenzialità fisica che ricorda la corsa infinita del film precedente; e l’improvviso distacco che si allinea al punto di vista della sorveglianza, certamente non quella di un agente preposto, ma degli stessi dispositivi, occhi disincarnati che non hanno più alcun indirizzo soggettivo.

Con quelle tessere che diventano pixel, in una mimesi del rumore bianco che non contiene più neanche l’energia delle frequenze, c’è nuovamente la rappresentazione della città fuori dall’ambito fisico e completamente riquadrata dall’architettura dei network sociali.

Selvaggio, nichilista, vicinissimo e improvvisamente distaccato, il disaster movie di Skolimowski sembra un detonatore pronto ad innescare il propellente, un Block-buster: letteralmente, bomba ad alto potenziale.

“11 Minuti” con le parole di Jerzy Skolimowski

Scelte stilistiche

Credo che questa sia una risposta ai film d’azione di Hollywood con un po’ d’intelligenza e un tocco di malizia. Lo stile del film si è sviluppato nel set, in cui devo confessare di essermi divertito molto grazie allo splendido cast. Il vero momento doloroso è stata la stesura della sceneggiatura

Apocalisse. La scelta del finale

Quando ho cominciato la sceneggiatura, l’unico elemento certo che avevo era il finale. Ho costruito il film in base a dove dovevo arrivare, quindi in base a quel finale a cui non volevo assolutamente rinunciare. Ho realizzato la storia cercando una verità da mettere in luce. Certe volte ho usato  48 fotogrammi al secondo, altre 126, volevo vedere agire i personaggi in tempo reale e alla fine abbiamo inseguito la verità in 24 fotogrammi al secondo

Prologo

Il prologo è stato concepito alla fine delle riprese perché non sapevo quante informazione potevamo avere sui personaggi. Il  titolo 11 minuti era quello che doveva succedere prima del prologo, ovvero prima delle 17.00

Varsavia come il mondo

Credo che si tratti di una storia universale che può essere pensata per qualsiasi luogo. Io abito a Varsavia quindi è stata la scelta più ovvia

Il tempo

Ho utilizzato gli aerei per misurare il tempo. Ogni volta che sentivamo il rumore degli aerei voleva dire che erano le 17.05. Si è trattata di una scelta pratica e non metaforica. In generale raramente ci accorgiamo di quanto è importante il nostro tempo. Il mio lo uso molto per seguire l’immaginazione e non la realtà

Il protagonista

E’ una persona che spaccia droga e ne fa uso. Chi fa uso di queste sostanze sa che la percezione delle sensazioni sono alterate. Nel film, per esempio, l’ascensore va avanti con una tale velocità che costringe il protagonista ad assicurarsi reggendosi, ma in realtà è semplicemente sotto l’effetto della droga

Catastrofe necessaria

Se non fosse per quel finale ripeto, non ci sarebbe stato il film e soprattutto non so se avrebbe avuto un senso. Voglio far capire cosa può succedere in una manciata di minuti alla nostra vita. La vita è un tesoro, lo capiamo solamente quando la stiamo perdendo.

11 minut (11 Minutes) di Jerzy Skolimowski – Polonia, Irlanda, 2015 – 81’

Interpreti: Richard Dormer, Paulina Chapko, Wojciech Mecwaldowski, Dawid Ogrodnik, Andrzej Chyra

Gli abitanti di una metropoli contemporanea i cui destini, vite e sentimenti si intrecciano. Vivono nell’insicurezza quotidiana dove da un momento all’altro potrebbe accadere qualsiasi evento. Un’improvvisa concatenazione di situazioni può distruggere diversi dei loro destini, solamente in 11 minuti.

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