La politica dell’erotismo come forza dirompente indomabile rispetto ai principi economici che regolano la società è ancora una volta al centro del cinema di Jan Gassmann.
99 Moons recupera gli stessi stimoli di Europe She loves, e li concentra in un racconto di attrazione e repulsione che si lascia alle spalle le ambizioni antropologiche del documentario, per definire uno spazio pulsionale più libero dai vincoli di certe tassonomie. Sovverte quindi l’ordine di potere che attraversa una relazione fondata sul piacere assegnando il dominio del gioco al personaggio femminile, mentre inattese fragilità emergono da quello maschile, improvvisamente scagliato fuori dal proprio ambiente di riferimento.
Da quella che potrebbe essere una storia d’abiezione condotta sul limite tra piacere e dolore, il regista svizzero ricava altre direttrici, per sondare dinamiche dell’affettività che si chiariscono attraverso i corpi.
99 Moons è un film insolitamente muto, dove i dialoghi, spesso essenziali e indeterminati, conducono da una parte e il contatto fisico rivela tutt’altro.
Valentina Di Pace regala un’intensa immersione nell’angoscia di Bigna, ricercatrice specializzata nello studio di eventi atmosferici estremi, e descrive la sua ansia di vivere attraverso una sessualità che pone limiti, regole e distanze, per infrangerle progressivamente in una compenetrazione totale.
Da una parte la costruzione di un voyerismo a parti invertite, che sposta l’occhio maschile in una posizione inedita, dall’altra la possibilità che le dinamiche dell’abuso siano solo una porta di ingresso per una conoscenza carnale più profonda, capace di sondare il linguaggio polimorfo del desiderio.
L’ambiente, che nel cinema di Gassmann ricopre un ruolo fondamentale, è spesso investito da sorgenti di luce naturale, e non modifica l’avvitamento tra squallore e desiderio. Questo accade in termini visuali, grazie alla fotografia sporca e a tratti desaturata di Yunus Roy Imer e per alcuni contrasti drammaturgici che individuano le differenze di classe tra i due personaggi.
Quest’ultimo aspetto determina soluzioni sin troppo didascaliche rispetto alla forza di un’immagine che non avrebbe bisogno d’altro. Quando la sovrapposizione tra i due ambienti sgretola tutti i presupposti sociali su cui si fondano, mostrandoci un’evidente messa in scena del contrasto, 99 Moons rivela tutta la sua debolezza, rispetto alla libertà dei presupposti.
Il parcheggio sotterraneo dove Bigna e Frank consumano il primo incontro sessuale; la festa per il matrimonio dell’amica; lo spazio nucleare che Frank, ormai ripulito anche nell’aspetto esteriore, ha organizzato per la sua nuova vita, sono stazioni possibili che non riescono a contenere la forza amorale dei corpi.
Questi agiscono come un esplosivo a combustione lenta, ma quando assolvono il compito di mostrare sin troppo esplicitamente la superficie contro cui impattano, si ha la sensazione che l’apparente assenza di giudizio, rientri in gioco attraverso combinazioni che reintegrano dinamiche binarie.
Del resto, il potentissimo Inexorable, rimanendo apparentemente ancorato all’amore cinefilo, è anche film di ambienti e di corpi che riesce a mostrare con maggiore radicalità la distruzione sistematica degli spazi sociali acquisiti, precipitando nell’abisso tutto ciò che gravita intorno ai due personaggi principali, inclusa la forza irriducibile degli elementi.
Quello che convince molto meno nel cinema di Gassmann non è certo lo spazio inconciliabile del desiderio, che da Bertolucci a Breillat, passando per Borowczyk e Zulawski, ci ha mostrato un’Europa in fiamme e dai piedi d’argilla, con ben altri risultati.
La rappresentazione di un codice dirompente, ma irrimediabilmente chiuso, separa i corpi dal resto del mondo. Tutto ciò che ruota intorno a Bigna e Frank è un teatrino di ombre che non viene investito né modificato. Di queste realtà rimangono sullo sfondo tutti gli stereotipi percettivi, mentre l’avventura del desiderio viene sospesa nella dimensione di un sogno erotico esteso.
Se il sogno o l’incubo, rappresentava la via di fuga dalle regole del racconto classico, tanto da minarne i principi costituitivi, Gassmann, nel 2023, non riesce a fare qualcosa di diverso e rimane ancorato all’idea di un’esistenza parallela, incapace di incidere le maschere del vivere collettivo.
[Foto e materiali fotografici forniti da ufficio stampa Teodora – Stefano Finesi]
99 lune di Jan Gassmann (99 moons, Svizzera 2023)
Interpreti: Valentina Di Pace, Dominik Fellmann, Danny Exnar, Jessica Huber
Sceneggiatura: Jan Gassmann
Fotografia: Yunus Roy Imer