Il successo di “Ai Confini della realtà” non è mai stato lineare. Serie di culto che ha cambiato il modo di realizzazione e concezione dei prodotti televisivi, si è fatta strada attraverso una serie di ostacoli, provocando un terremoto a lento rilascio che ancora continua a influenzare, direttamente o indirettamente, creativi e showrunner.
Koren Shadmi, illustratore di origini israeliane, appassionato di fantascienza e autore di alcune graphic novel tra le più interessanti dell’ultimo decennio, affronta la genesi di una delle serie di riferimento nella storia della cultura televisiva e popolare, attraverso il percorso biografico del suo creatore, Rod Serling.
Shadmi, che è un fan tardivo della serie, consumata compulsivamente su Netflix, si è documentato leggendo le biografie dedicate all’autore di Twilight Zone, oltre a ricercare le interviste e i workshop che lo stesso Sterling ha concesso e condotto in numero considerevole negli ultimi anni della sua esistenza.
Quattro mesi per scrivere la sceneggiatura e un anno intero per illustrarla.
Un lavoro accuratissimo che ben si allinea allo stile retrò dell’illustratore, qui definito attraverso alcune scelte precise che vanno dalla desaturazione della gamma cromatica, fino alla scelta di affondare tutta la storia nelle ombre del noir di dieci anni prima, rispetto alla genesi di “Ai Confini della realtà”.
Più “espressionista” rispetto ai riferimenti visivi della serie, mantiene comunque un contatto diretto con le atmosfere scolpite dal bianco e nero di George T. Clemens, che curò gran parte della fotografia della serie, a partire dalla prima stagione, messa in onda tra il 1959 e l’anno successivo.
Costituito da una serie di flashback nidificati all’interno di una cornice onirica tipica della scrittura di Serling, la storia narrata da Shadmi comincia a bordo di un aereo, mentre il creatore di Twlight Zone ormai vicino, o sarebbe meglio dire “oltre” i confini dei cinquant’anni, cerca di flirtare con una splendida donna, raccontandogli la storia della sua vita. Ogni stazione della sua biografia è inserita all’interno di questo confine introduttivo, ricalcando la presenza metadiscorsiva di un narratore, come negli episodi della serie.
Sceneggiatura perfetta per un film di David Fincher, quella imbastita da Shadmi esplora la psiche di Serling, fin dalla traumatica esperienza nell’esercito durante il secondo conflitto mondiale, per sdipanare le intenzioni più profonde dell’autore televisivo. Lo scavo nel cuore nero dell’America, viene rimodellato, travestito con immagini e parole ed infine proposto alle masse.
Una linea che Shadmi evidenzia, accentuando le ossessioni, gli incubi e le visioni dello stesso Serling, indissolubili dal propellente creativo che lo spingono ad inventarsi nuovi mondi, non così distanti dal tormentato subconscio della nazione.
Dal primo show antologico prodotto per la radio, su ispirazione dei lavori di Orson Welles e Norman Corwin, fino a “I giganti uccidono” (Patterns, 1956), il film per la televisione diretto da Fielder Cook e sceneggiato dallo stesso Serling, Shadmi segue dettagliatamente il percorso di un autore coraggioso, capace di aprire una breccia nel palinsesto normativo del sistema televisivo della seconda metà degli anni cinquanta.
Le pressioni degli sponsor, il rigore metodista delle emittenti televisive e la scure censoria, diventano sin dagli esordi i nemici deputati di Rod Serling, il cui lavoro di mediazione e di continue rotture diventerà una costante, soprattutto nella difficile avventura di Twilight Zone.
Shadmi, in una sola vignetta che restituisce il senso dell’incubo, con quella grafica che iconizza in forma astratta la dimensione onirica, sintetizza le influenze e gli elementi culturali che confluiranno nella gestazione originale della serie.
Il cinema horror, la letteratura del fantastico, in particolare quella di Bradbury, Heinlein e Lovecraft, i radiodrammi di Norman Corwin, attraverso i quali rimodellerà e renderà accessibili i ricordi di una psiche traumatizzata dalla guerra.
Serling, come è noto, si servirà di penne straordinarie provenienti dalla cultura pulp, come Charles Beaumont, autore chiave a cui Shadmi dedica una breve e tragica pagina, come la sua vita, per confermare la furia creativa che come un lampo ha attraversato soprattutto la prima stagione della serie.
Serling combatte tutta la vita con le ingerenze produttive, la riscrittura dei suoi lavori e la necessità di assumere il controllo totale. Questa collisione diventerà più dolorosa con l’avanzare degli anni, fino all’ultima fase della sua carriera fatta di delusioni, tradimenti, lavori lentamente “sottratti” e snaturati, come “Mistero in galleria”, serie che andrà in onda in modo travagliato fino al 1973, con tagli e modifiche pesantissime a partire dal sedicesimo episodio.
Shadmi, con uno stile asciutto desunto in parte dalla tradizione delle storie pubblicate agli inizi dei sessanta sulla rivista antologica “Creepy” (da noi “Zio Tibia”), avvicina in modo specifico lo stile creativo di Serling, come se si trattasse di una metanarrazione pulp che esce dalla realtà, per entrare nel sogno di un sogno.
In questo continuum, chissà non ci capiti di incontrare un signore che nel prossimo volo aereo cominci a raccontarci una storia ai confini della realtà.
Ai Confini della realtà – la vita di Rod Serling – di Koren Shadmi – 2020 Edizioni BD
Titolo originale: The Twilight Man – Humanoids 2019
ISBN: 9788834901748
pagine: 184
prezzo: 18 EURO
Koren Shadmi è un fumettista e illustratore israeliano, insegna alla School of Visual Arts di New York, dove ha studiato. Le sue opere sono state pubblicate in Francia, Spagna, Italia, Israele, Germania, Polonia, Corea e negli USA. Le sue illustrazioni e i suoi fumetti sono comparsi anche sul New York Times, New Yorker, Wll Sreet Journal, Playboy e Washngton Post. Nella sua carriera ha vinto numerosi premi, tra cui il Gran Guinigi di Lucca, nel 2008.