martedì, Novembre 5, 2024

Angelo Badalamenti: precipitando nel suono, 1937-2022

La musica di Angelo Badalamenti lacera il cuore e punta a sollecitare uno stato emotivo potente ma ci conduce in un abisso contemplativo più profondo del semplice rispecchiamento che sottende alla teoria degli affetti, ribaltando tutte le aspettative conosciute e mostrandoci il meraviglioso in luogo del mostruoso.

Audrey Horne balla al Double R.

Traccia l’armonia di uno swing rallentato con le braccia e le mani, appesa al dondolare di un suono che ha appena definito come lo spazio del sogno. Venticinque anni dopo, non riuscirà più ad uscire dal perimetro di quella danza.

A Twin Peaks la musica suona ovunque. Al Roadhouse, dal Juke-Box del Diner, nella testa di Audrey e nei sogni dell’agente Cooper, che con lo schiocco ripetuto delle dita segue il ritmo di una linea sonora inaudibile, perché ancora intrappolata nella dimensione onirica.

Angelo Badalamenti ha ridefinito il ruolo della musica per le immagini come espansione della cornice visiva, disancorandola dalla staticità del commento. Lo sfondo destinato a creare atmosfera si allarga, invade la posizione occupata dal personaggio e dialoga con i suoi gesti, ne descrive l’interiorità oppure lo libera dalle trappole del reale, rivelando altre strade.

Quando invece una canzone erompe in un ambiente, lo contrasta per creare una dissonanza tra aurale e visuale. Si apre una porta, come negli ingressi in abisso dell’universo lynchiano, già incorporata nell’impiego paradossale dei suoni.

Il simulacro degli anni 50 viene ricostruito e modificato come un corpo mutante dall’impiego quasi esclusivo dei sintetizzatori FM, tecnologia relativamente nuova in quegli anni, che consentiva una complessa modulazione timbrica. Badalamenti e il suo ensemble costruiscono un’orchestra tecnologica prevalentemente basata sul DX-7 della Yamaha, il Roland D-550 e il Prophet T8. A questi viene aggiunto l’E-mu Emulator II, un campionatore suonato da Kinny Landrum, che insieme a Badalamenti codifica proprio su quello strumento il timbro centrale per il tema di Twin Peaks.

Il noto twang chitarristico è in realtà un frammento di Duane Eddy incapsulato nel sampler, assegnato ai registri più bassi e abbassato ulteriormente di tono.

L’ampiezza diventa abissale, appartiene ai codici sonori di un’epoca, ma è il sogno distorto di quell’era, reso mostruoso da una tecnologia che consente di manipolare la percezione del tempo, storico e armonico. Una dimensione straniante, riconoscibile eppure proiettata fuori dalle consuetudini sonore conosciute.

A questa qualità spettrale, Badalamenti aggiungerà la voce di Julee Cruise, per radicalizzare una sperimentazione introdotta durante la lavorazione di Blue Velvet e portata alle estreme conseguenze con Twin Peaks e nella bellissima Industrial Symphony No. 1: The Dream of the Brokenhearted.

Se l’origine della collaborazione con la Cruise dipende da un’idea sonora che Lynch si era fatto ascoltando il progetto This Mortal Coil e in particolare la versione di Song to the Siren con la chitarra di Robin Guthrie e la voce di Elizabeth Fraser, il contrasto tra l’esecuzione di Landrum e la voce angelica di Julee suggerisce una narrazione sonora interna che anticipa le antinomie di Twin Peaks, inabissandole nella ripetizione, nella musica che trascolora verso il rumore industriale o quello del vento, nella reversibilità di intere sezioni che rendono le composizioni uno strano palindromo tra natura e tecnologia, sospensione contemplativa e melodia.

Esempio fulgido di questo procedimento è Kool Kat Walk, brano inserito nel secondo album ritagliato su Julee Cruise, intitolato The Voice of Love, e costituito in parte da brani già comparsi nella Industrial Symphony e in Twin Peaks: Fire Walk with Me. La traccia in questione, composta in versione strumentale per Cuore Selvaggio, nel suo andamento circolare recupera la scansione di alcune tracce di Twin Peaks, ma con il nuovo testo scritto da Lynch diventa un vortice lessicale e temporale che cambia costantemente soggetto e oggetto, cosa vista e posizione dello sguardo, intrappolandoci in un gioco di slittamenti e variazioni squisitamente ritmiche.

Susan called Betsy, Betsy called Julee
Julee had Swiss cheese on her blouse
Julee called Betsy, Betsy called Susan
Susan had Kool Kat in her blouse

In realtà, il mondo sonoro amato da Badalamenti va più indietro degli anni cinquanta. Quando accetta di lavorare sulla colonna sonora di Twin Peaks, pensa a David Raskin e alle musiche scritte per un’altra Laura, quella del film di Otto Preminger.

Laura is the face in the misty light
Footsteps that you hear down the hall
The laugh that floats on a summer night
That you can never quite recall
And you see Laura on the train that is passing thru
Those eyes, how familiar they seem
She gave your very first kiss to you
That was Laura but she’s only a dream.

Le liriche scritte da Johnny Mercer, oltre a suggerire la presenza sfuggente di una donna che abita solo nei riflessi di un sogno, sono complementari alla figura femminile del film di Preminger, già morta sin dall’inizio e imprigionata nella dimensione mnestica da una serie di flashback.

Raskin fa lo stesso, costruendo le principali strutture melodiche attraverso una serie di dissonanze che sembrano come proiezioni costruite su un piano armonico stabile. Un suggerimento stilistico che Badalamenti fa suo con altri elementi, e che prende vita nel contrasto tra ossessività ritmica e uno sviluppo spiraliforme che sembra non risolversi mai.

Badalamenti utilizza spesso le sospensioni, ne ritarda lo scioglimento e crea una tensione palpabile contro la melodia stessa, fino a quando la dissonanza non si risolve. Audrey’s Dance, è concepita in questo modo, impiega strumenti che stridono anche timbricamente ed è uno degli esempi più belli tra quelli composti dal musicista newyorchese nella sua carriera.

La sua musica allora lacera il cuore e punta a sollecitare uno stato emotivo potente, come desiderava Lynch. Non ci lusinga, ma ci conduce in un abisso contemplativo più profondo del semplice rispecchiamento che sottende alla teoria degli affetti, ribaltando tutte le aspettative conosciute e mostrandoci il meraviglioso in luogo del mostruoso.

Precipitando nel sogno di un sogno che ci sogna.

I believe someone’s watching over me
I believe in the dreams that set you free

Booth and the Bad Angel, I Believe

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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