Antigone (Nahéma Ricci) è una studentessa brillante: 17 anni, il primo amore e un futuro promettente. Quando il fratello maggiore Eteocle (Hakim Brahimi) viene ucciso dalla polizia, metterà in gioco tutto per salvare l’altro fratello, Polinice (Rawad El-Zein), incarcerato per aver aggredito il poliziotto che ha fatto partire il colpo. Alla legge degli uomini Antigone sostituisce il proprio senso di giustizia, fondato sull’amore e sulla solidarietà per la sua famiglia. “Ho infranto la legge ma lo rifarei, il cuore mi dice di aiutare mio fratello” diventa la voce del coro, guidato dall’amato Emone (Antoine Desrocher), che invade le strade e i social network in una rivolta generazionale in cui tutti i giovani si riconoscono in Antigone.
Per molti è un vantaggio
l’irrequieta speranza,
ma per molti è illusione
di labili sogni:
nell’uomo si insinua, che nulla intuisce
prima che il piede si bruci
nel fuoco cadente.
(Sofocle, Antigone 615-621)
“Nella lunga guerra, uno dei tanti, cadde Eteocle, nostro fratello. Cadde nelle file del tiranno, ed era giovane. Ancora più giovane di lui, Polinice vide il fratello calpestato sotto gli zoccoli dei cavalli. Piangendo cavalcò via dalla battaglia che non era ancora finita…”
(Bertold Brecht, Antigone)
Habibi è una locuzione che in arabo significa amore, amore mio. Polinyce e Étéocle conoscono, orfani di madre, padre e terra, la pienezza di un sentimento incondizionato, indissolubilmente fraterno, tanto puro tra le umili mura domestiche quanto compromesso fuori, in quella strada che pure sa di casa e famiglia – Habibi è il nome della gang – ma dove ad avere la meglio è l’arbitrio di un fato che ha poco di divino, di umano invece tutto.
Ancora una volta dunque destini in pasto a cani e uccelli, ancora una volta nell’orizzonte tutto terreno e politico che guarda a Sofocle come a un luminare ma che riecheggia più direttamente la lettura novecentesca che della tragedia classica fa Brecht.
Antigone, una Nahéma Ricci, straordinariamente magnetica, minuta e possente al contempo, combatte una battaglia che sempre riguarda gli abusi di potere, la legge non scritta degli affetti insieme a quella dimenticata della dignità dell’uomo di fronte alla macchina burocratica che le fagocita entrambe.
Come la sua protagonista, questo Antigone della canadese Sophie Deraspe non ha paura di essere coraggioso caricandosi di una responsabilità ermeneutica e filmica nei confronti del presente culturale con una dose benefica di motrice incoscienza del rischio accompagnata a una profonda consapevolezza del sacrificio, risolvendo in un racconto eterogeneo e stratificato la riattualizzazione di un dramma senza tempo.
Nel quadro contemporaneo di un Québec dal respiro universale, il volto dreyeriano della giovanissima eroina si immola all’esilio dinanzi alle logiche dei poteri forti ma, esplorato in ogni sua geografia, corpo a corpo con la macchina da presa, invade lo spazio plastico dello schermo, irrompe in qualunque zona del visibile occupando reti, muri e altri volti.
Maschera delle fede nella miglior qualità del giudizio dei morti su quello dei vivi, Antigone si definisce infatti per mezzo di un’esposizione contaminata e feconda che si sostanzia di un linguaggio documentario aperto a squarci estatici, a visioni oniriche – Tiresia mantiene il suo ruolo allucinatorio, epifanico – e a germinazioni metadiscorsive.
Di concerto con la doppia melodia corale della nenia mediorientale e del canto rap, il film tiene avvinta l’anima solenne di un mito presente alla riflessione sul modello social network della comunicazione che oggi lo veicola. Così, l’incontro esperienziale diretto con gli occhi cerulei di questa martire moderna si rifrange in situazione filtrata dai simulacri che la moltiplicano nel sovraffollamento virale delle immagini mediali.
Entro una prospettiva che non stigmatizza la nuova frontiera di diffusione testuale pur mettendone in luce l’ambiguità, non dimentichi, questa Antigone, di imbattersi prima di tutto nel proprio sguardo, in un ultimo, commosso arrivederci a se stessa.
Antigone di Sophie Deraspe (Canada 2019, 109 min)
Interpreti: Nahéma Ricci, Rachida Oussaada, Nour Belkhiria, Rawad El-Zein, Hakim Brahimi, Antoine DesRochers
Sceneggiatura: Sophie Deraspe
Fotografia: Sophie Deraspe
Montaggio: Sophie Deraspe