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Asghar Farhadi sostiene la lotta delle donne Iraniane: il video sottotitolato

Asghar Farhadi invita gli artisti e gli intellettuali di tutto il mondo a sostenere la protesta delle donne iraniane con tutti gli strumenti possibili. L'ufficio stampa del grande regista iraniano ci ha inviato un video dove racconta il suo sdegno per le violenze di questi giorni. Lo abbiamo post-prodotto e sottotitolato in italiano per i lettori di indie-eye Cinema

L’ufficio stampa che promuove il canale telegram ufficiale di Asghar Farhadi ci ha inviato un suo video messaggio, dove il grande regista iraniano sostiene apertamente la lotta delle donne Iraniane, esplosa dopo il brutale assassinio di Mahsa Amini per mano della polizia morale e a causa di uno “scorretto” utilizzo dell’hijab. Avevamo parlato approfonditamente del quadro politico e sociale che sta portando l’Iran indietro di 40 anni e dei sei anni di carcere inflitti a Jafar Panahi per la protesta contro l’incarcerazione dei colleghi Mostafa al-Ahmad e Mohamad Rasoulof, in seguito al sostegno dei manifestanti insorti ad Abadan e al pugno di ferro nella provincia del Khuzestan.

Farhadi qui si rivolge agli artisti, agli intellettuali e i registi di tutto il mondo, chiedendo un sostegno esplicito e attivo alle proteste di questi giorni. Una responsabilità umana, dice il regista Iraniano Premio Oscar, che può rafforzare il raggiungimento di un obiettivo storico per le donne e per tutti coloro che si battono per i propri diritti, per definire il proprio destino e la propria libertà in Iran.

Per i lettori italiani, abbiamo chiesto di poter post-produrre il video con i sottotitoli italiani, così da diffonderlo il più possibile attraverso i nostri canali come forma di sostegno e di militanza attiva: #MashaAmini #MyCameraisMyWeapon #letustalk #iran #teheran

Asghar Farhadi sostiene la protesta delle donne iraniane e invita gli artisti di tutto il mondo a fare lo stesso: il video

La protesta delle donne iraniane è solo l’ultima di una serie legate al malcontento sociale che sta esplodendo in Iran, ma è probabilmente la più importante, come dice Asghar Farhadi nella video intervista che ci ha gentilmente inviato un giornalista indipendente. L’arresto di Mahsa Amini, fermata dalla polizia morale della Repubblica Islamica per aver indossato in “modo inappropriato” l’hijab e brutalmente picchiata fino alla morte, ha incendiato l’indignazione delle donne iraniane e degli uomini che in questi giorni le sostengono per le strade. La protesta si porta dietro la delegittimazione dell’identità politico-religiosa del paese, con un attacco potentissimo alla massima autorità della Repubblica Islamica. Migliaia di arresti, più di 76 vittime, 80 città coinvolte nella protesta, numeri difficilmente verificabili per le modalità con cui vengono diffuse le informazioni che provengono dall’Iran, ma che sono confermati da numerosi osservatori internazionali che si occupano di diritti umani. Le giovani donne si tolgono il velo con una furia mai vista, protestano contro l’ayatollah Khamenei “vergogna della nazione”.

Sono proteste molto ampie, con un’inclusività mai vista prima, dove i ricchi che risiedono a nord di Teheran, come ha raccontato Roya Hakakian sulle pagine dell’Atlantic, si trovano fianco a fianco con la parte più povera della città.

Per questo Farhadi nel video parla di donne, ma anche di uomini, perché l’onda della protesta si è allargata in forma transgenerazionale. Persino i contrasti interetnici già problematici all’interno della nazione, non hanno rappresentato un ostacolo alla protesta collettiva. La morte della giovane curda è stata slegata dalle sue origini e associata ad una sofferenza comune delle donne.

Farhadi è tra coloro che hanno utilizzato i social per diffondere il suo sostegno, insieme a personalità dell’entertainment e dello sport, nel suo caso specifico un canale telegram ufficiale. Ha ragione quando afferma che la protesta avrà conseguenze rilevanti per il futuro del paese. Tutti i problemi dell’Iran contemporaneo in termini sociali ed economici, vengono in qualche modo catalizzati e rilanciati dalle dimensioni della protesta attuale, una sfida aperta e coesa contro il regime.

La Repubblica Islamica risponde con l’unico linguaggio che conosce: quello della repressione. Oltre agli arresti, le restrizioni della rete internet, delle piattaforme social, con limitazioni radicali nell’uso di WhatsApp, ci sono gli avvertimenti espliciti ad artisti e giornalisti. Lo stesso Farhadi è stato vittima di minacce dopo aver postato il suo sdegno su Instagram.

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Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.
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