venerdì, Novembre 15, 2024

Backcountry di Adam MacDonald: la recensione

Il debutto di Adam MacDonald si apre in piena foresta, ma la contemplazione dello spazio naturale viene a poco a poco sostituita da una percezione auditiva disturbante; mentre la macchina da presa scende verso il basso, non si fa tempo a capire se il quadro viene riempito da uno sciame di mosche oppure semplicemente dal loro rumore. È un breve frammento dal quale veniamo immediatamente distolti, per seguire i preparativi di Jenn (Missy Peregrym) e Alex (Jeff Roop) pronti ad affrontare un campeggio estremo nell’incontaminata natura a nord dell’Ontario, riducendo al minimo il supporto tecnologico e portandosi come equipaggiamento una piccola tenda. Fotografato dall’occhio documentale di Christian Bielz con il solo ausilio della luce naturale catturata dalla sua Red Epic, Backcountry ci immerge in piena “wilderness” Canadese con uno sguardo che, secondo lo stesso MacDonald, si accorda su toni e colori dell’ultimo Derek Cianfrance, almeno nel modo in cui la natura ci viene mostrata in “The Place Beyond the Pines“. Ma rispetto alla drammaturgia Eastwoodiana del regista americano, qui il tempo viene completamente assorbito dalla vastità naturale, in un tentativo di restituirne la dimensione sensoriale, grazie anche all’ottimo lavoro sul suono che trasforma progressivamente gli aspetti contemplativi in una forma primaria e terrifica.

Sarà l’improvviso arrivo dell’irlandese Brad (Eric Balfour) a introdurre un primo, apparente elemento di disturbo nello spazio sacro della coppia; incontrato per caso dalla donna a pochi metri dall’accampamento, ha con se un paio di pesci pescati nel lago più vicino, e nonostante la resistenza di Alex, rimarrà fino a dopo il tramonto per condividere il cibo. McDonald gioca con tutti i clichè del cinema Horror, costruendo una tensione sotterranea con pochi, semplici dettagli: la bizzarria invadente di Brad e il suo tentativo maldestro di sedurre Jenn, la preparazione del pesce come contatto brutale con le leggi della foresta ed infine un dialogo tra i due uomini mantenuto sul filo della tensione. L’ospite inatteso scomparirà nella notte poco dopo, lasciando Alex e Jenn turbati, con il primo che deciderà di portarsi un’accetta nella tenda.

È solo l’inizio del lento scivolare nel ventre di una natura indifferente, dove l’ultimo contatto con la civiltà più che un segno negativo, evidenzia l’impossibilità di Alex nel comprendere quello che lo circonda. L’orrore è il cuore stesso della foresta e senza cedere alle lusinghe di una sehnsucht astratta e metafisica, MacDonald lo farà esplodere improvvisamente dopo la perdita di qualsiasi riferimento da parte della coppia, passando da una splendida sequenza dove Alex e Jenn raggiungeranno la vetta di un’altura certi di scorgere in lontananza la superficie lacustre che cercavano, mentre tutt’intorno la vegetazione li inghiottirà nuovamente, senza lasciar loro alcuna possibilità di uscita.

È attraverso queste deviazioni che MacDonald costruisce il suo personale “Deliverance” sottraendo a poco a poco qualsiasi contrasto tradizionale con l’alterità e mostrando lo spaesamento terribile che invade lo spirito dei due protagonisti; è un assorbimento delle due figure umane nell’orizzonte avvolgente e terribile della foresta, che ha come risultato un rallentamento crescente del ritmo del racconto, vera e propria trappola cognitiva che prenderà una direzione diametralmente opposta attraverso l’improvvisa aggressione dell’orso bruno ai danni della coppia. Da qui in poi il film deflagra esattamente come un horror, filmando una paura necessaria, causale e senza alcuna logica se non quella predatoria, concentrando gli elementi gore in una sequenza di estrema crudezza e trasformando l’ultima parte del film nella lotta survivalista di Jenn in fuga da un animale che diventerà sempre più distante e invisibile, lasciando nuovamente spazio alla possente presenza amorale della natura.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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