Il cinema di Lou Ye ha sempre avuto una qualità intima molto forte, anche da un punto di vista fotografico. La scelta di lavorare sul romanzo di Bi Feiyu, ambientato in un centro massaggi di Nanchino gestito da un gruppo di impiegati ipovedenti, va proprio in questa direzione, nel tentativo di inventarsi un vero e proprio esempio di cinema sensoriale ed aptico.
Introdotto da una voce narrante, che recita anche i titoli di testa del film, si avvicina alla vita di Xiao Ma; persa la facoltà della vista da bambino, a causa di un incidente stradale dove muore sua madre, imparerà l’arte del “blind massage”, prima di entrare a far parte di un istituto con uno spirito di conduzione quasi a carattere famigliare, dove persone nella sua stessa condizione vivono, mangiano e lavorano insieme.
Gestito da Sha Fuming, il centro ospita il Dr. Wang e la fidanzata Kong, oggetto di attenzioni sessuali da parte di Xiao Ma, ma anche ragazza con necessità erotiche fortissime, desiderosa di esprimersi attraverso il tatto e una forte presenza dell’esperienza orale. Lo stesso Xiao Ma, iniziato alla frequentazione di una casa chiusa, incontrerà più volte Mann, una giovane prostituta alla quale si avvicinerà con un irrefrenabile desiderio olfattivo durante ogni amplesso, mentre il Dr. Wang, per sanare un debito che schiaccia la sua famiglia, taglierà il suo corpo davanti agli strozzini, per trasmutare la visione in una condizione estrema del sentire. Sono solo alcune delle relazioni del film, tutte legate all’esperienza dell’assaggio, dell’annusare, del toccare, del mangiarsi e del ferirsi, grazie alla prossimità che Lou Ye mantiene con i corpi degli attori, in una costante oscillazione tra visibile e invisibile, il cui confine viene di volta in volta delineato da una ridefinizione del concetto di bellezza.
La percezione della bellezza esteriore, anche quando viene descritta attraverso il tatto, pur rimanendo in una dimensione inafferrabile, genera una complessa instabilità per l’esperienza ipovedente. Invece di descrivere la cecità come una via per il riconoscimento incondizionato dell’invisibile rispetto al mondo delle “apparenze” , Lou Ye mostra un doloroso dissidio in corso, perchè alla capacità di comprendere ciò che l’occhio del vedente non riconosce più, il regista Cinese affianca un’ansia ossessiva di trasformazione dell’Idea, in una realtà fisica e corporea necessaria.
Spinti dalla forza di un desiderio primario, gli impiegati del centro massaggi sono sempre sul bivio di una fede conquistata con il tatto e il rischio di perderla per l’esperienza continua con la visione negata. Blind Massage è allora anche un potentissimo film sulle contraddizioni del desiderio, dolorosamente sospeso tra possesso e libertà, fusione e liberazione, nutrimento e privazione.
Quando Xiao Ma riacquisirà parzialmente la vista per un fortuito episodio di violenza, Lou Ye cercherà una dimensione liminale tra visione e cecità, avvicinando la macchina da presa in modo estremo a corpi e ad oggetti, e ideando delle false soggettive che pur partendo da Xiao Ma, ci investono direttamente tirandoci dentro questo limite che trasforma la distanza scopica in uno spazio letteralmente tridimensionale. Lou Ye in questo modo collega, con un vero e proprio cortocircuito, l’istante precedente e successivo all’atto del vedere, ovvero la possibilità di chiudere gli occhi per riacquistare la vista.