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Camping du Lac di Eléonore Saintagnan: recensione

Camping du Lac è lo sguardo "fantastico" sul cinema del reale di Eléonore Saintagnan. Il film, vicino ai riti, le radici e il folklore di una piccola comunità bretone, è una ricerca della verità attraverso l'invenzione. Passato per Locarno, la Viennale, il Festival di San Sebastian, quello di Gent e di Thessaloniki, è adesso in Concorso al Torino Film Festival. La recensione

Una macchina in panne diventa la scusa per fermarsi nel suggestivo campeggio bretone allestito nei pressi del lago di Guerlédan e assimilare la lentezza e lo stile di vita degli ospiti.
Non serve molto altro ad Eléonore Saintagnan per attivare il suo sguardo attento e inventivo.
Camping du Lac piega gli stereotipi del cinema del reale, cercando un punto di convergenza tra documentazione e racconto fantastico.
Una riappropriazione specifica del punto di vista che con buona dose di ironia e capacità di meravigliarsi, riscrive le attitudini, i rituali e le radici del folklore locale investendo i gesti reali, presunti oppure inventati, di un’allure magica e filosofica.
Eppure, l’aderenza allo spirito di quei luoghi, frequentati da Saintagnan per un anno intero, è davvero sorprendente anche quando mescola le carte e affianca la gente del posto con alcuni ruoli a cavallo tra realtà e finzione. Non solo la presenza di Wayne Standley, expat statunitense attivo come cantautore per i locali parigini e sul quale viene cucita una storia tra verità e finzione degna del Texas solitario che abita le sue canzoni, ma soprattutto la cantante transgender Anna Turluc’h, che interpreta Louise, donna che si è lasciata tutto alle spalle per mantenere un pollaio interno al campeggio, da cui ottiene tutto quello che le serve per vivere.

La chiave per entrare in relazione con tutta l’umanità e la natura che circonda il lago è la storia di Corentino di Quimper, uno dei padri fondatori della regione, vissuto in eremitaggio durante il IV secolo nei pressi di Plomodiern. Secondo la leggenda era solito nutrirsi delle carni di un pesce capace di rigenerarle da solo, così da fornirgli senza sosta il giusto sostentamento.
Saintagnan rimette in scena la vicenda, incluso l’incontro con Re Gradlon e i suoi accoliti, poco prima che il santo venisse nominato Vescovo di Quimper.

Saintagnan fa quindi coincidere la fine della relazione privilegiata e Francescana di Corentino con la natura, con l’approssimarsi delle lusinghe del potere. Un paradiso perduto la cui conoscenza mette a rischio la comunicazione dell’eremita con le acque, la natura e i pesci.

Il vertebrato acquatico che fugge dallo scempio di chi non può comprendere quella simbiosi, serve alla regista francese per riferirsi ad una supposta leggenda locale, che vede dimorare sul fondo del lago un grande e mostruoso cetaceo. Nessuno lo ha visto, ma Saintagnan ci crede, perché “non si è ancora dimostrato che non esiste“. Fonda allora la sua ricerca nella prassi contemplativa, ricombinando tutte le strategie strutturali del documentario: messa in scena, performance, punto di vista, sorgenti sonore e anche l’aspetto immaginale.

Proprio entro questa dimensione condivide con un noto film di Oppenheimer la qualità affabulatoria che sostituisce l’assenza di materiale e documentazione. Ma a differenza dell’autore di The Act of Killing, la regista francese mantiene il lessico en directe, per muoversi dentro e fuori da quella stessa cornice.

I risultati sono diversi, ma la ricerca di una verità possibile, Storica o interiore che sia, muove aspetti concettuali molto simili.

Ecco che gli elementi metalinguistici in campo, come un microfono direzionale per la registrazione ornitologica, diventano oggetti di scansione del reale molto più ampi, capaci di accendere l’immaginazione e di assegnare all’insieme degli elementi raccolti capacità rivelatorie inedite.

Strappa certamente più di un sorriso l’idea ludica e combinatoria alla base delle trasfigurazioni che Saintagnan compie sulla sopravvivenza dei codici rituali della regione, ma è proprio questa capacità creativa di riscriverne il senso che determina la forza del suo film.

Cosa cerchi Eléonore in questa pausa forzata dalla vita urbana può essere compreso solo nei termini di quella comunione tra rito, natura ed economia, che sembra isolare il campeggio dai guasti della vita collettiva.

Ecco che l’invenzione, quando coincide con l’improvvisa epifania del mostro, spiaggiato come una balena qualsiasi, sovrappone la fiaba con la descrizione di una comunità assente dai grandi centri urbani e ancora capace di generare e intrecciare Storia.

Camping Du Lac di Éléonore Saintagnan (Belgio, Francia 2023 – 70 min)
Interpreti: Eléonore SaintagnanAnna Turluc’hJean-Benoit UgeuxRosemary StandleyWayne StandleyEtienne SiberilSophia Rodriguez
Sceneggiatura: Éléonore Saintagnan
Fotografia: Michaël Capron
Montaggio: Julie Naas
Musica: Gaétan CamposYannick Dupont

RASSEGNA PANORAMICA
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Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.
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