venerdì, Novembre 22, 2024

Cobain – Montage of Heck di Brett Morgen: la recensione

Arriva in sala per due giorni, il 28 e il 29 aprile, "Cobain – Montage of Heck", il documentario dedicato al frontman dei Nirvana

Infernale, questo rimontaggio della vita di Kurt Cobain a base di home movies, repertorio, teste parlanti e animazioni à la Waking Life non lo è davvero. È un prodotto solido, fortemente voluto da Courtney Love e, come da raccomandazione (non originalissima) a inizio film, da proiettare «a massimo volume».

Il logo della Universal che irrompe nei primi secondi mette le cose in chiaro, e spiega anche come mai il documentario di Morgen abbia trovato una, seppur circoscritta, distribuzione italiana in sala. Montage of Heck racconta i 27, turbolenti anni di vita del frontman dei Nirvana attingendo a una mole impressionante di materiale inedito, ma non certo da un’inedita prospettiva. Trattasi di documentario per neofiti o fan accaniti e completisti.

Anche le testimonianze dirette sono indicative del progetto. Incontriamo entrambi i genitori di Kurt (un reticente Don e la spumeggiante Wendy, dalle inquietanti rassomiglianze con Courtney), la sorella Kimberly, l’ex fidanzata Tracy Marander, Krist (ex Chris) Novoselic. Grande assente dal vivo – ma non nel materiale di repertorio – Dave Grohl, l’unico che è riuscito a voltar pagina e ad avere successo lontano dall’egida dei Nirvana. Altro grande assente, stavolta giustificato, è il contesto musicale dell’epoca, poi ribattezzato «grunge». Montage of Heck è un viaggio nella vita privata di Kurt, più che una ricognizione ragionata del suo percorso artistico.

Non mancano, sia chiaro, le chicche sonore, a partire dal «blob» casalingo eponimo del documentario, di cui vengono proposti degli estratti, o una versione scartavetrata di And I Love Her recuperata chissà dove, che mette in luce la passione di Kurt per le melodie classiche. Del resto, prima di venire marchiato come «sudiciume», il grunge di casa Cobain era molto vicino al cosiddetto «love rock», mutazione sentimentale del punk a stelle e strisce.

I pregi del film di Morgen sono innanzitutto l’abnorme lavoro di montaggio, che rende le due ore e dodici minuti del film lisce come l’olio e meno frastornanti di quanto ci si potrebbe aspettare. In seconda battuta, le animazioni a partire dai disegnetti di Kurt e quelle che vanno davvero a ripescare l’immaginario del Linklater anno 2001 o, più di recente di Searching for Sugar Man. Una di queste, ad esempio, racconta un paio di episodi davvero bui della vita del giovane Kurt, tingendoli di naiveté. Infine… la fine. Non è facile scansare il rischio retorica o morbosità nel trattare la morte di Kurt Cobain, e Montage of Heck ci riesce, approdando a una conclusione mite, «unplugged», che lascia da parte le mille speculazioni gemmate dal suicidio per fucilata in testa. In altre parole, i «Last Days» sono fuori campo. Resta solo la musica.

Montage of Heck è un documentario denso e ambizioso, ben lungi dall’agiografia e ottimamente rappresentato dall’immagine più iconica tra quelle messe a disposizione dall’ufficio stampa: un piano americano a torso nudo, steso, i capelli tinti di fucsia e lo sguardo altrove. Sfocato.

Simone Aglan-Buttazzi
Simone Aglan-Buttazzi
Simone Aglan-Buttazzi è nato a Bologna nel 1976. Vive in Germania. Dal 2002 lavora in campo editoriale come traduttore (dal tedesco e dall'inglese). Studia polonistica alla Humboldt. Ha un blog intitolato Orecchie trovate nei prati

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