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Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche: se il tuo occhio è motivo di scandalo, gettalo.

La Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche. Cos'è e come opererà.

La storia italiana della Censura cinematografica è lunga almeno cento anni, per quanto se ne invocasse l’applicazione già dal 1913, con la paura che la rapida affermazione del mezzo potesse veicolare messaggi diseducativi e “criminali”. La fisionomia dell’organismo censorio viene delineata nel 1914, mentre avviene nel 1920 l’allargamento della commissione di revisione ad altri rappresentanti della società che non fossero solo funzionari di pubblica sicurezza. Madri ed educatori in prima linea, figure vicine all’ambito artistico e letterario al seguito; modalità plastica del pre-giudizio rimasta ancora intatta. Due anni prima della marcia su Roma, uno degli strumenti più preziosi per la propaganda di regime, era già stato delineato dall’Italia giolittiana.
Al centro di questo lungo percorso, fino a tempi recenti, la prassi dei tagli, una vera e propria lotta all’ultimo metro, tra commissione e produttori, per ottenere il nulla osta, la riduzione di un divieto, un possibile passaggio televisivo. Proprio in relazione a questo mezzo, si è “garantita” la programmazione ad alcune opere, distruggendone l’integrità; prassi che vedeva l’Italia in testa rispetto ad altri paesi europei, con un primato tutto da dimenticare.

Il 5 aprile 2021 la censura viene abolita e viene approvato un decreto ministeriale istitutivo per dare vita alla nuova Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche, che di nuovo ha solamente l’eliminazione e la sostituzione di alcune funzioni. La fisiologia della commissione rimane molto simile alle modalità con cui si è costruito lo sguardo censorio, come vero e proprio corpo unico costituito da rappresentanti della società civile, membri delle numerose associazioni “a tutela di…” e in ultima istanza, da esperti e professionisti legati all’industria e alla cultura cinematografica.

La censura, qui e altrove, non è mai stata caratterizzata da un sistema fisso, ma al contrario da un insieme di processi e di forze spesso in contrasto, che hanno contribuito a creare la sfera pubblica del cinema, come oggetto di regolamentazione. Regolamentazione o burocratizzazione della conoscenza sessuale, politica, religiosa. Questo a dispetto dei casi più eclatanti, sempre più rari, sempre meno rumorosi.

Il film che più di tutti mostra la scissione, anche perversa, tra la visione regolata e quella pre-regolamentata è “The Adjuster” di Atom Egoyan; più volte, chi scrive, si è immaginato il membro di una commissione come un ladro di luce e di immagini negate agli altri; un vampiro che arriva per primo, per scegliersi il pasto migliore e giudicarlo, classificarlo, neutralizzarlo. In un paese con una pervasiva eredità cattocomunista, è l’unica metafora possibile.

Arsine Khanjian è Hera in “The Adjuster” di Atom Egoyan

Presieduta dal Presidente emerito del Consiglio di Stato, Alessandro Pajno, la commissione nomina 49 membri appartenenti ad ambiti pedagogico-educativi, con particolare riferimento alla tutela dei minori, legati o designati dalle associazioni dei genitori e da quelle per la protezione degli animali. Oltre a questi, alcuni professionisti e studiosi di ambito cinematografico, presenti in numero considerevolmente minore.

Quest’ultimi hanno i nomi di Giulio Base, regista, sceneggiatore, attore e produttore, le cui produzioni più recenti sono “Bar Giuseppe” e “Un cielo stellato sopra il ghetto di Roma“. Michela Mancusi, presidente dell’associazione Zia Lidia Social Club, che si occupa di ricerca, diffusione e promozione cinematografica ad Avellino e Provincia. Catello Masullo, ingegnere idraulico, docente presso la Cattedra di Gestione dei Servizi idrici della Facoltà di Ingegneria, giornalista, membro del Sindacato Critici Cinematografici Italiani e Direttore Responsabile della Testata Giornalistica specializzata in cinema Il Parere dell’Ingegnere. Maria Roberta Novielli, specializzata in cinema presso la Nihon University (Tokyo), docente di Storia del cinema e dell’animazione presso l’Università Ca’ Foscari Venezia e direttrice artistica del Ca’ Foscari Short Film Festival.

Il decreto attuativo evidenzia i criteri di classificazione che costituiranno il lavoro principale della commissione. Le categorie sono quattro: i film adatti a tutti, e quelli vietati ai minori di anni 6, 14 e 18. La categoria viene scelta direttamente dai produttori; il ruolo della commissione subentra quindi solo per confermare o smentire la classificazione proposta. Rispetto alla stratificazione di commissioni che in passato determinavano il futuro di un film, si verifica una semplificazione maggiore e un dialogo tra una sostanziale autoregolamentazione del mondo produttivo con le funzioni di controllo della commissione, a cui viene assegnato un arco di 20 giorni per decidere.

L’introduzione di elementi “grafici” di classificazione nella comunicazione di un esercizio, per esempio, arriva 27 anni dopo il primo visto censura televisivo, adottato da Mediaset, metodo applicato in modo massivo dalle televisioni della penisola tra il 2000 e il 2009.

Insieme ai “bollini” e alla loro applicazione, non manca l’approccio sanzionatorio: la classificazione assegnata ad un’opera cinematografica – si legge nella documentazione dedicata agli interventi per il cinema e l’audiovisivo – deve essere visibile al pubblico sia nei materiali pubblicitari che nelle sale cinematografiche. Inoltre, l’informazione sulla classificazione è accompagnata da una o più icone indicanti la eventuale presenza dei contenuti ritenuti sensibili per la tutela dei minori, fra i quali violenza, sesso, uso di armi o turpiloquio. I provvedimenti di applicazione delle sanzioni previste in caso di inosservanza degli obblighi (sanzioni amministrative pecuniarie e, nei casi più gravi, anche la sanzione accessoria della chiusura della sala cinematografica per un periodo non superiore a 60 giorni) sono pubblicati per estratto nel sito internet della Direzione generale cinema

Web e videogiochi non sono esenti dall’osservanza del regolamento e a questo proposito ne è stato adottato uno specifico dall’AGCOM con delibera 74/2019/CONS, che è modellato in forma abbastanza simile rispetto ai contenuti che abbiamo descritto sopra.
Chi produce contenuti per il web o carica con frequenza contributi ospitati su YouTube, avrà già sperimentato il flag che determina se un video deve essere classificato o meno come adatto ai minori, attraverso un invito all’autoregolamentazione. Esempio di un sistema già recepito dai grandi provider e segnale evidente di una realtà profondamente mutata rispetto al semplice binomio sala/palinsesto televisivo.

Tra le varie forme di regolamentazione dell’immaginario, ci stiamo chiedendo se l’occhio di Ken Russell, autore tra le altre cose de “I Diavoli”, sia ancora motivo di scandalo per la Chiesa Cattolica e per la politica che la sostiene. Gettato via, in più occasioni, circola dal 2015 in una versione restaurata in 4k, grazie alla benemerita Criterion. Desunto da quei master, ha fatto capolino anche in Italia nel 2018, in punta di piedi e attraverso una brutta versione DVD pubblicata da Sinister Film.

Chissà se potremo vederlo in qualche sala italiana, nella corretta versione restaurata, magari come evento festivaliero che celebri retoricamente la “sconfitta” della censura, dopo 100 anni di arbitrio proibizionista.

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