Lo spirito didattico-pedagogico dell’ultimo Rossellini, attraverso il filtro di una narrazione sospesa tra informazione scientifica e sovra-realtà. Questo e altro nel cinema breve di Isabella Rossellini, che in qualche modo si è mosso anche dalla Fantasia Sottomarina del padre, ricombinando le suggestioni di Jean Painlevé e Georges Méliès in un viaggio personalissimo capace di mettere in luce le differenze del mondo animale con quello umano, per poi rivelarne tutti i possibili e sorprendenti punti di contatto.
La serie Green Porno e i successivi spin-off Mammas e Seduce Me, scardinavano la cornice narrativa del documentario scientifico ritagliata sulla vita sessuale degli animali, introducendo gli elementi di una fenomenologia specifica. L’assenza di mediazioni e censure nella descrizione del fenomeno si accompagnava all’astrazione visuale di un profilmico desunto dall’animazione cut-out, dal cinema delle origini, dalla storia dell’arte del novecento e da una performatività teatralizzata, dove l’attenzione e la fedeltà alla ricerca etologica coincideva con il massimo dell’enfatizzazione gestuale.
Una dimensione, quella della visibilità dei sentimenti attraverso il linguaggio non verbale, che Rossellini introduce come traccia teorica sin dall’inizio del suo monologo teatrale, con una panoramica di volti, espressioni e possessioni del corpo. Dal grande schermo al centro della scena Lyda Borelli e Francesca Bertini mostrano gli effetti del desiderio, della passione e del dolore, mentre Isabella ricalca modalità e attitudini, staccando progressivamente il corpo e la voce dall’immagine, così da offrire diverse varianti interpretative a quelle posture. Nasce da qui un gioco dialettico stimolante che espande nell’ambito della scrittura di scena le intuizioni del cinema breve prodotto da Rossellini a partire dal 2010.
Una roccia collocata sul lato destro, oggetto di scena, quinta teatrale, segno tangibile di una condensazione geologica che accoglie altre possibili mutazioni. Dalla parte opposta del palco una videocamera frammenta lo spazio e il punto di vista. Il corpo e il volto di Isabella giocano con i due poli opposti per incorporare il Cinema nel Teatro mediante un esplicito metalinguaggio che si interroga sulla natura dei due dispositivi, evidenziandone sfasature, paradossi e contrasti.
Questo avviene in virtù di una drammaturgia combinatoria che si serve della parola come work in progress, del corpo come messa in scena anche del proprio attraverso le diverse identità attoriali abitate da Rossellini ed infine del gesto come superamento dei limiti tra umano e non-umano. Tutti luoghi di incontro dove il testo riesce ad assumere rilievi inattesi.
Il corpo di Isabella diventa allora ambito della trasformazione, con le mutazioni a vista delle identità animali assunte di volta in volta. Gioco che ricorda l’illusionismo trasformista degli spettacoli di Méliés al teatro Robert-Houdin, ma che le serve per mettere in discussione ogni convenzione binaria e oltrepassare i confini tra sesso e specie.
Le riflessioni sulla fauna selvatica e su quella domestica, vengono lette assumendo il punto di osservazione dell’epistemologia Darwiniana, dove alla teoria sulla selezione naturale viene affiancata l’elaborazione di quella dedicata alla selezione sessuale. Al netto del lungo e complesso dibattito innescato dal biologo britannico per risolvere il dilemma del dimorfismo sessuale di molte specie, il punto di vista scientifico di Rossellini converge con elementi creativi, percettivi, linguistici e politici.
Se l’evocazione del meraviglioso era elemento centrale nei corti dell’artista apolide italiana, in virtù di scelte semiotiche che riuscivano a combinare gli elementi dell’informazione scientifica con l’estrema violenza cromatica dell’animazione, attraverso uno spirito Dada non dissimile dai papier collé di Hannah Höch, sulla scena teatrale lo spazio del sorprendente e del mostruoso lascia il posto ad un’altra soglia da attraversare: quella dell’empatia come processo dinamico che non annulli le differenze.
Ecco che il mondo animale, tra partenogenesi, ermafroditismo simultaneo e sequenziale, riproduzioni unisessuali, consente a Rossellini di rilevare un’idea aperta di genere capace di suggerire connessioni e similarità tra il nostro mondo e i cicli di vita animali.
Lo fa servendosi della commedia e del motto di spirito per sollecitare il pensiero critico, tanto da assimilare la nostra sorpresa a quella di 150 galline dopo aver visto per la prima volta una pecora.
Il comico traduce allora un’esigenza sociale e collettiva, ma per Rossellini, questa origine comune e biologica supera l’identificazione con una specie elettiva per estendersi alle manifestazioni della realtà non-umana. Ribalta allora l’assunto antropocentrico dell’indagine Bergsoniana sul riso, strappandola dall’ambito strettamente umano e proiettandola verso una dimensione transumanista.
Nello spazio compenetrato tra cinema e teatro, il primo piano di Isabella che si dirige verso l’obiettivo della videocamera e con essa, ma anche fuori da quel campo, dirige se stessa, definisce tutto ciò che non è esplicabile con la parola.
Darwin’s Smile è certamente un formidabile strumento di comprensione del reale polimorfo che ci include, ma anche la mappa biografica, personale, creativa e iconologica di un’artista che si è sempre messa in gioco, correndo il rischio della trasformazione.
Darwin’s Smile è prodotto dal Teatro di Nizza insieme al Teatro Della Toscana
L’orario degli spettacoli fiorentini è alle 21:00 di martedì, mercoledì, venerdì e sabato, mentre Giovedi e Domenica, l’inizio è previsto rispettivamente per le 19:00 e per le 16:00. Biglietti e Prevendite sul sito del Teatro Della Toscana
[La foto dell’articolo è di Virginie Lançon, concessa da Ufficio Stampa Teatro Della Toscana]