giovedì, Febbraio 20, 2025

Das Licht (The Light) di Tom Tykwer: recensione – Berlinale 75 (Special Gala)

Il film di apertura della Berlinale di Tricia Tuttle è una corazzata a picco con un carico di buone intenzioni. La recensione di Das Licht di Tom Tykwer visto a Berlino 75 nella sezione Special Gala

Tom Tykwer ha fatto un film politico. O almeno ci ha provato, il che non rende la prima frase meno choccante. Cosa ci ha messo dentro? Cooperazione internazionale, ministeri crudeli, macroaziende benpensanti e crudeli, migrazione siriana, morti nel Mediterraneo, consumo di sostanze in discoteca, VR e hikikimori, donne delle pulizie polacche, psicoterapia di coppia, famiglie disfunzionali tedesche, desiderio e tradimento, lutto e magia.

Sicuramente ho dimenticato qualcosa.

A fare da sfondo per questo affresco epocale, indimenticabile, da inserire immantinente nel canone, è la Berlino di oggi scrutata da un drone nella prima inquadratura e setacciata palmo a palmo per quasi tre ore. Tykwer ha fatto un ennesimo videogioco da grande schermo. Lo ha scritto personalmente ed è tornato al pieno controllo autoriale, e alla lingua tedesca, per la prima volta dai tempi di Drei (2010), risibile tentativo di avvicinarsi a tematiche LGBTQIA+.

Forse in omaggio al suo mentore Rosa von Praunheim. Non va infatti dimenticato che Tom, così come Julia von Heinz, Axel Ranisch, Robert Thalheim e Chris Kraus, è un “Rosakind”, e personalmente ritengo il suo segmento del film collettivo Rosakinder (2012) il migliore in campo e forse il picco del cinema di Tykwer.

Das Licht è una corazzata che naufraga sotto il peso delle migliori intenzioni e di una sceneggiatura non solo eterna, ma anche e soprattutto prevedibilissima. Come in Rosakinder, Tykwer non resiste poi alla tentazione di tracimare nel videoclip, ne dedica uno a ogni protagonista – per un totale di: cinque – e nel girare quello in cui due giovanotti volano sulla Sprea e sul lungoSprea omaggia, o forse scopiazza, il Woody Allen di Tutti dicono I love you (1996).

Ma è l’impostazione dello script nel suo complesso a nascondere un cenno indubbio, che ne rende l’architettura a dir poco ridicola: Tykwer vuole rifare Teorema di Pasolini. Aggiornandolo, sincronizzandolo con l’agenda sociale della Germania odierna e infilandoci dentro un sacco di tecnologia.

Questa, almeno, perfettamente a puntino, dal drone dell’incipit alla plongée dell’ultima inquadratura, proprio come in Drei. Film kolossal nelle ambizioni, analogo per puzza sotto il naso e durata al tremendo Sterben (2024) di Matthias Glasner, Das Licht conferma un desiderio che chissà, forse un bel giorno si avvererà. Che Tykwer si dia davvero ai videogiochi, o alla VR, infilata qui nel mucchio insieme a qualche stereotipo sull’alienazione giovanile.

Detto ciò, il film si salva aggrappandosi a Bohemian Rhapsody cantata da un bambino. Una bella idea, che dimostra però non la tenuta di questo sproloquio berlinese, bensì quella del pezzo dei Queen, splendido cinquantenne.

Das Licht (The Light) di Tom Tykwer (Germania 2025 – 162 min)
Interpreti: Nicolette Krebitz, Lars Eidinger, Tala Al-Deen, Elke Biesendorfer, Julius Gause
Sceneggiatura: Tom Tykwer
Fotografia: Christian Almesberger
Musica: Johnny Klimek & Tom Tykwer

Simone Aglan-Buttazzi
Simone Aglan-Buttazzi
Simone Aglan-Buttazzi è nato a Bologna nel 1976. Vive in Germania. Dal 2002 lavora in campo editoriale come traduttore (dal tedesco e dall'inglese). Studia polonistica alla Humboldt. Ha un blog intitolato Orecchie trovate nei prati

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