Il sistema distributivo italiano, per quanto riguarda il cinema è uno dei peggiori al mondo, nel bene e nel male ovviamente.
Oltre al lavoro dei buyer per mercati e festival, le cui scelte sono raramente brillanti rispetto all’esistente, l’Italia è tra i paesi europei meno coraggiosi. È il paese che non ha mai distribuito regolarmente i film di Kiyoshi Kurosawa, è il paese che ha cominciato a considerare Kim Ki Duk a partire da “Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera”, è il paese che non rischia sugli ultimi titoli di Ti West per confinarli nel recinto cultuale dell’home entertainment, è il paese che può permettersi di ignorare Simon Rumley e che non ha affatto contribuito a creare conoscenza intorno a numerosi autori importanti degli ultimi vent’anni; la lista è enorme.
Al contrario, si scongelano improvvisamente opere irrilevanti se in qualche modo si muovono intorno ad un fenomeno recente.
È il caso di Athina Rachel Tsangari, produttrice e regista, assidua collaboratrice di Yorgos Lanthimos, in sala da quattro giorni con Attenberg, film del 2010, ultimo bagliore di creatività per la coppia e del pessimo Chevalier, operina fioca del 2015 presentata a suo tempo al Festival di Locarno e che arriverà nelle sale italiane il prossimo 20 giugno.
Sulla scia del successo del sopravvalutatissimo Poor Things, film che ha abbagliato anche alcuni critici resistenti alle seduzioni “autoriali” del regista greco, e a pochi giorni dall’uscita del nuovo Kind of Kindness, si scongelano due film irrilevanti legati al passato della coppia Tsangari/Lanthimos, con una strategia di marketing volgare, infantile e dall’efficacia discutibile.
Leggi la recensione di Attenberg su indie-eye cinema
Leggi la recensione di Chevalier su indie-eye cinema