Una stanza che ne assimila altre possibili costituisce la scena di Effetto Truffaut. Frammenti di una vita amorosa che negli oggetti individuano le relazioni virtuali con la memoria. Quello immaginato da Nicoletta Della Corte e Valerio Ruiz è un amante assente, inaccessibile attraverso gli snodi razionali della narrazione, perché fortemente radicato nell’eros, tensione costante verso l’invisibile, s/oggetto che sfugge alla descrizione di un limite, abita dentro e fuori quei confini.
Un cubo occupato da candele; un tavolo con due bicchieri e una bottiglia di Champagne; un piccolo divano con uno scialle abbandonato e ai piedi una borsetta e un paio di décolleté con tacco largo.
Sono i resti di una vicenda che esce fuori dai binari del tempo, per dialogare con il Cinema di François Truffaut attraverso continui rimandi a quell’intrecciarsi di autobiografia e invenzione che ha caratterizzato le stratificazioni di alcuni suoi film.
Prima ancora che diventi omaggio sensibile ed esplicito, è la luce incerta delle candele a suggerirci la relazione con la morte che caratterizza la riflessione dolente de “La Camera Verde”.
Sulla scena si celebra il vuoto, l’assenza, il limite di una condanna che fa coincidere la ricerca con la perdita.
Nicoletta Della Corte entra in nero con la lacca rossa che incendia le dita dei piedi nudi. Un erotismo sottile, ma intenso che diventa tutt’uno con la soglia individuata tra la forza vitale e generatrice della carne e la disperata mancanza dell’istante.
I ricordi sono allora un susseguirsi di spazi vuoti da riempire, di segni derealizzati dove l’immagine e il corpo sono assenti e solo la voce, tra monologo e flusso interiore, può rievocare i fantasmi.
L’attitudine e il talento di Nicoletta vanno oltre il gioco citazionista e rileggono lo spirito di Truffaut alla luce di quei film sospesi tra la vita e la morte, l’inizio e la fine della fabula, dove Michele, l’amante nascosto, non coincide mai con lo spirito del grande regista francese, casomai con quei personaggi vili e crudeli, puniti duramente dal destino, come Pierre Lachenay de La Peau Douce.
L’amore e il desiderio sono allora una potente riacquisizione soggettiva del femminile, un farsi appunto soggetto a partire da quelle figure sul limite che per Truffaut hanno rappresentato la scintilla della rivelazione.
Il piano invisibile di Alessandro Gwis accompagna la voce dell’attrice nello scandaglio dei sentimenti.
Si materializza una vocalità profonda e malinconica, che reinterpreta alcune canzoni, incluso il Delerue di Antoine e Colette, con uno spirito memore dell’ultima Milly, quella del contratto con la PDU e di dischi come “D’amore e di libertà”, dove il racconto di stanze vuote, lupi notturni, amori a perdere, ridefiniva l’universo di Brecht, De André e degli chansonnier francesi, attraverso una rifondazione femminile dello sguardo.
Abitare il vuoto diventa allora non soccombere alla tirannia del racconto, conducendo gli spettatori nel proprio vortice di seduzione, che diventa scrittura del corpo e della voce, irresistibile geografia interiore di un’attrice.
Di: Nicoletta Della Corte, Valerio Ruiz
Con: Nicoletta Della Corte
Pianoforte: Alessandro Gwis
Regia: Valerio Ruiz
Disegno luci: Leone Orfeo
Aiuto regia: Francesca Bertocchini
Produzione: Teatro Stabile di Catania, Teatro della Toscana, Tradizione e Turismo srl – Centro di Produzione Teatrale -Teatro Sannazaro
14 nov 2023 18:00
15 nov 2023 18:00
16 nov 2023 21:30
Biglietti: Intero, Posto Unico – 17 Euro