Nella ricombinazione de “La Solitudine del Satiro” selezionata da Fabrizio Bentivoglio per il suo “Lettura Clandestina“, c’è una vera e propria scrittura di voce, rumori e suoni, capaci di rivelare Ennio Flaiano da una prospettiva che non è semplicemente legata al testo.
L’aforisma, l’epigramma, il frammento, sono solo alcune delle qualità stilistiche dello scrittore pescarese; queste emergono come strumenti di lettura del tempo storico e nella rimessa in scena di Bentivoglio, diventano racconto.
La differenza tra la pagina scritta e la sua trasfigurazione in scena è nell’individuazione di un contenitore che accolga il frammento, l’invenzione fulminante, la surrealtà che scardina l’ordine del reale. E questo contenitore è il tempo. Ritmo della parola, tempo del racconto, qualità della voce e del respiro che estendono le possibilità musicali della lingua.
Con il contrabbasso e i loops di Ferruccio Spinetti, Bentivoglio costruisce un inseguimento continuo tra significato e scansione metrica. Questo avviene grazie ad una spirale di poliritmie cicliche che ci avvolgono con i tempi e i modi di un Jazz tensivo.
Uno degli esempi più potenti durante lo spettacolo è un estratto da un articolo scritto il 16 ottobre del 1956 per “Il Mondo” di Pannunzio, dove Flaiano rivela al Sindaco di Roma di aver capito “come si costruisce una strada in un quartiere nuovo“. Le situazioni descritte, prendono forma da una dimensione conosciuta e sorprendentemente vicina ai tentativi di gentrificazione selvaggia che dal presente, prefigurano il futuro, per amplificare i dettagli di una realtà concreta e mostruosa allo stesso tempo.
La massicciata di cemento, gli strati di catrame, i tubi del gas illuminante, le trincee trasversali, i pali della luce, gli arbusti di geranio già seccati e privati dei colori floreali. La struttura inesorabile e spiraliforme di una strada continuamente sventrata e ricucita come un terribile corpo mutante, diventa nella forma plasmata da Fabrizio Bentivoglio, la minaccia del tempo tecnologico, non tanto attraverso il significato, quanto nel contrappunto tra dizione e ritmo che assegna alla parola un valore ulteriore: l’angoscia di vivere questo tempo, fuori dai cardini di quello interiore.
Se la scrittura di Flaiano è anche un grande affresco dello scollamento quotidiano tra l’individuo e le illusioni del reale, costruito minuziosamente e allo stesso tempo, liberamente, attraverso forme eterogenee di scrittura dove i confini dell’aforisma sono tasselli di un puzzle molto più esteso; Bentivoglio riesce a coglierne proprio la forma più ampia, ricostruendo un punto di vista possibile attraverso enfatizzazioni, spezzature e traboccamenti, brusche interruzioni, dilatazioni fonetico-ritmiche.
La voce, sollecitata dal contrabbasso, straripa e ri-suona la parola.
Flaiano viene letto fedelmente, ma con l’intelligenza autoriale di Bentivoglio che seleziona e crea il ritmo di un racconto possibile. Da una parte il legame dei frammenti scelti, così vicini al sentimento del presente, ma anche lontani, nella possibilità che lo scandaglio avvisti profondità inedite, già presenti certamente nel testo, ma rese vive e mai lette dal lavoro di attraversamento compiuto dall’attore milanese.
Il ritmo assume a un certo punto l’incedere di un noir dell’anima. Quella ricerca impossibile del sé che si frantuma con l’esperienza urbana, collettiva, politica, personale. Inseguiti dalla nostra stessa immagine, riconosciamo quella di un paese sospeso.
[Le foto dell’articolo sono di Angelo Trani, fornite da Ufficio Stampa del Teatro Della Pergola, Matteo Brighenti]
Un viaggio alla ricerca dell’Italia d’oggi con le parole di Ennio Flaiano: perché ci sono molti modi di arrivare, e il migliore è quello di non partire. Lettura clandestina restituisce alcuni tra gli innumerevoli articoli che Flaiano scrisse per giornali e riviste, selezionati e letti da Fabrizio Bentivoglio con il contrappunto del contrabbasso di Ferruccio Spinetti per raccontarne la figura, e tramandare fino al presente la figura di un uomo che come pochi altri ha saputo raccontare l’Italia per ciò che, incredibilmente, ancora oggi è. I suoi motti, che ancora oggi punteggiano i social network come gli articoli di giornale, hanno decostruito meticolosamente la società italiana di quel periodo, per raffigurarne con intento satirico i (molti) vizi e le (poche) virtù.
ideazione a cura di Fabrizio Bentivoglio
con Ferruccio Spinetti, contrabbasso
produzione AidaStudio Produzioni
in collaborazione con Bubba Music
coordinamento artistico e distribuzione a cura di Elena Marazzita
22 nov 2022 ore 21.00
23 nov 2022 ore 21.00
24 nov 2022 ore 19.00
25 nov 2022 ore 21.00
26 nov 2022 ore 21.00
27 nov 2022 ore 16.00
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