lunedì, Novembre 4, 2024

First Cow di Kelly Reichardt: recensione

First Cow ci aiuta a immaginare un nuovo umanesimo, un umanesimo aperto agli umili, ai perdenti, a chi sta ai margini di una società e osa comunque sognare. La recensione del film di Kelly Reichardt

«L’inferno sono gli altri», osserva consapevolmente amareggiato uno dei personaggi di A porte chiuse, consegnandoci una delle battute più famose di Jean Paul Sartre, il filosofo voleva far riflettere il pubblico sul fatto che spesso siamo vittime di noi stessi, giudicandoci attraverso i mezzi che gli altri ci hanno fornito per farlo.

Mi sono venute in mente queste parole mentre il film di Kelly Reichardt scorreva di fronte ai miei occhi, perché i protagonisti di questa storia sono totalmente sgombri da qualsiasi pregiudizio, diventano amici per caso, sostenendosi a vicenda fin dall’inizio. Il loro è un rituale di resistenza che fonda le sue radici nell’unione.

Otis “Cookie” Figowitz e King-Lu non adottano precauzioni, non si scrutano per comprendere chi hanno davanti, preferiscono prendersi cura l’uno dell’altro e solo in questo modo riescono, a modo loro, a sconfiggere il sistema in cui vivono.

Siamo nel 1810, in Oregon, in una terra selvaggia, nelle foreste oscure e inesplorate del nord-ovest del Pacifico, dove cacciatori, commercianti di pellicce e coloni si scontrano per accaparrarsi le risorse più preziose. Il loro rifugio è una vecchia baracca, qui Cookie inizia immediatamente le pulizie, spazza, batte il tappeto, raccoglie un piccolo mazzo di fiori di campo, è chiaro da questi gesti quanto desideri creare una casa, uno spazio accogliente, voglia una rassicurante normalità.

Non cercano di riempire il nostro e il loro tempo, si accompagnano in silenzio, parlano quando lo sentono necessario e solo allora condividono i loro sogni e le prospettive future. È un capriccio di Cookie a mettere in moto questa avventura, stanco di acqua e farina, vorrebbe cucinare dolcetti fritti con il latticello, ma come fare?

Immersa in una gloriosa luce mattutina arriva su una zattera la prima mucca della regione, dolce, mansueta, l’orgoglio del Capo Fattore, un compiaciuto e pomposo Toby Jones, giunta in terra straniera per soddisfare il desiderio di un uomo lontano da casa, per alimentare un’abitudine perduta. Un’immagine suggestiva, romantica, perfino commovente nel trasporto emotivo che suggerisce.

Ecco che la coppia concorda sul fatto che ci vorrebbe un miracolo o un crimine per cambiare le loro sorti e la mucca silenziosa e legata a un albero nella semi oscurità di quella grande magione è l’opportunità per Cookie di dimostrare le sue abilità di fornaio e di Lu di sperare, di sfogare le sue doti imprenditoriali. Trapper, commercianti, canaglie e uomini onesti non ne hanno mai abbastanza di queste frittelle cosparse di cannella e miele, si affollano ogni giorno in file sempre più lunghe, cercando di individuare il misterioso ingrediente speciale.

Kelly Reichardt e Jonathan Raymond, riadattando il romanzo del 2004 di quest’ultimo, Half Time, ci raccontano una storia piccola, intrisa di un’atmosfera poetica e rude, rivelando una fragilità sociale che emerge in tutta la sua umiliante realtà.

William Tyler disegna il panorama sonoro, lascia che le note fluttuino nell’aria, la chitarra e i deboli suoni del pianoforte suggeriscono la distanza tra gli abitanti e il vuoto di questo paesaggio ancora selvaggio, incorniciato in un formato quattro terzi dal direttore della fotografia Christopher Blauvelt.

First Cow ci aiuta a immaginare un nuovo umanesimo, un umanesimo aperto agli umili, ai perdenti, a chi sta ai margini di una società e osa comunque sognare.

First Cow di Kelly Reichardt (USA, 121 min – 2020)
Interpreti: René Auberjonois, Dylan Smith (II), Todd A. Robinson, Orion Lee, John Keating
Sceneggiatura: Jonathan Raymond e Kelly Reichardt
Fotografia: Christopher Blauvelt

Francesca Fazioli
Francesca Fazioli
Laureata nelle discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo, ha frequentato un Master in Critica Giornalistica all'Accademia d'arte drammatica Silvio D'Amico e una serie di laboratori tra cui quello di scrittura cinematografica tenuto da Francesco Niccolini e Giampaolo Simi. Oltre che con indie-eye ha collaborato e/o collabora scrivendo di Cinema e Spettacolo per le riviste Fox Life, Zero Edizioni, OUTsiders Webzine

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