giovedì, Novembre 21, 2024

Gli amori di Anaïs di Charline Bourgeois-Tacquet: recensione

Straordinario donarsi, quello di Valeria Bruni Tedeschi e Anaïs Demoustier nel gioco di sguardi, di parole e di corpi. Un confronto leggero e doloroso sul loro reciproco statuto, tra immaginazione letteraria e capacità di mettersi in gioco, partorendosi. Note sull'opera prima di Charline Bourgeois-Tacquet, in sala grazie a Officine Ubu

Corre senza sosta Anaïs Demoustier, sempre fuori sincrono rispetto alle aspettative altrui. Nell’inquietudine che le impedisce di fermarsi, c’è il rifiuto netto di farsi inghiottire da uno schema che non riconosce. Una ricerca dell’intensità affrontata con spudorata leggerezza e con una verbosità affabulatoria ai limiti della falsificazione. Non c’è approdo nelle sue corse verso qualcuno o qualcosa, tanto che la menzogna, vero e proprio strumento di sopravvivenza, diventa un grimaldello capace di cortocircuitare le granitiche certezze e quelle consolidate doppiezze che la circondano.

Mentre sguscia e resiste ai compromessi della vita, si trova irrimediabilmente fuori da qualsiasi contesto, quasi che la provvisorietà della strada, dove Charline Bourgeois-Tacquet la filma sempre in corsa, fosse l’unico spazio in grado di farle esprimere tutte le potenzialità.
Vive sul filo del rasoio, come le fiamme dei fornelli difettosi che in qualsiasi momento mettono la sua cucina a rischio incendio.

Un film fragilissimo, che punta anche coraggiosamente verso il vuoto, mentre si prende carico di questa sospensione affidando all’inquieta Demoustier i fili di un discorso narrativo sottoposto a continui sfaldamenti carsici, dove tutto si riavvolge e riparte per un’ostinata fedeltà all’energia dell’istante.
Il rifiuto a farsi inquadrare è allora l’unico propellente che giustifica l’uscita dalle cornici dei racconti amorosi, ma in modo sempre più evidente, diventa necessaria instabilità rispetto alla percezione maschile, intesa come sistema relazionale già codificato entro parametri sessuali, comunitari, anagrafici, fissati, anche quelli che sostengono la prassi della trasgressione extraconiugale.

Quando Anaïs incontra per la prima volta Emilie, è nell’appartamento del nuovo amante che “potrebbe essere suo padre”. La nuca della donna e la mano che trattiene i capelli è nello scatto fugace incorniciato da Daniel. In quel gesto spiato e congelato dall’obiettivo, Anaïs cerca qualcosa di indicibile, rivelato da un’espressione complice che non può essere intercettata se non dal suo stesso flusso interiore, rispetto all’esserci stato di quell’aura esteriore.

L’ossessione per Emilie trova in quell’immagine l’origine del tumulto, l’attesa prolungata di un amore che si definisce solo a partire dallo scarto temporale che ne fonda l’ineffabilità.

Non ci sembra un caso che l’inquieto incantamento fuori dal tempo della quotidianità, sia incarnato da Valeria Bruni Tedeschi, in una sintesi visuale e performativa del suo stesso cinema come attrice e regista. Presenza evanescente e allo stesso tempo incendiaria, che su quella apparente svagatezza ha costruito nel tempo un’acuminata riflessione sull’instabilità del desiderio, vertigine insolubile tra presenza e distanza.

Straordinario donarsi quello di Emilie e Anaïs, nel gioco di sguardi, di parole e di corpi, ma allo stesso tempo un confronto a tratti doloroso sul loro reciproco statuto, tra immaginazione letteraria e capacità di mettersi in gioco, partorendosi.

Il lento avvicinarsi ha le caratteristiche della casualità anche quando la dimensione causale viene forzata dalle strategie evidenti di Anaïs. La pre-registrazione del racconto viene continuamente sabotata dall’anarchia dell’evento, da quel recesso dove il desiderio prende direzioni inaspettate. Del resto, l’ansia del controllo che Anaïs cerca di organizzare si infrange alla stessa velocità con cui vive le sue giornate, innescando tutte quelle infrazioni anche minime sulle quali Charline Bourgeois-Tacquet costruisce un’elegia dello scarto che può divertire, commuovere e a tratti atterrire per libertà e leggerezza.

Dove sono allora Emilie e Anaïs, nel loro reciproco specchiarsi da una distanza temporale che si avvicina, scambia i loro ruoli e li dissolve nel riverbero della propria corporeità?

Persino la saggezza di Emilie, mentre cerca di contestualizzare la tensione soverchiante dell’attesa nell’improvviso assorbimento alla temporalità congelata delle norme, può essere disinnescata. Quando tutto potrebbe rientrare nella solita cornice, girando a vuoto e intorno al solito scarto, è la spinta vitale ad annullare il tempo. Quel “Non sono d’accordo”, pronunciato da Anaïs come impeto del desiderio, oltre a ricondurci nello strappo improvviso della commedia, si oppone con forza alle convenzioni che regolano la vita, la morte e il passare del tempo.

Gli amori di Anais di Charline Bourgeois-Tacquet (Les Amours d’Anaïs, Francia 2021 – 98 min)
Interpreti: Anaïs Demoustier, Valeria Bruni Tedeschi, Denis Podalydès, Christophe Montenez, Xavier Guelfi, Anne Canovas, Bruno Todeschini, Jean-Charles Clichet
Fotografia: Noé Bach
Montaggio: Chantal Hymans
Musiche: Nicola Piovani
Scenografia: Pascale Consigny
Costumi: Léa Forest

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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