Home alcinema Hannah Arendt e la banalità del male secondo Margarethe Von Trotta

Hannah Arendt e la banalità del male secondo Margarethe Von Trotta

La regista tedesca Margarethe Von ritorna ncon una pellicola che racconta quattro difficili anni della vita della filosofa Hannah Arendt.

1961. Hannah Arendt ha 55 anni, vive a New York, è ormai un’affermata intellettuale. Dieci anni prima ha pubblicato “Le origini del totalitarismo”, uno dei testi più importanti del XX secolo. E’ profondamente innamorata del secondo marito, Heinrich Blücher, che forse è ancora più innamorato di lei, ma senza per questo rinunciare alla compagnia di svariate amanti. Fuma molto e conduce una vita culturalmente attiva, circondata dai colleghi universitari e dalla comunità di intellettuali espatriati nella Grande Mela per mettersi in salvo dalla persecuzione nazista. 1961. I servizi segreti israeliani hanno da poco catturato in territorio argentino Adolf  Eichmann, il nazista responsabile dell’intero processo logistico di deportazione degli ebrei dalla Germania e dai Paesi occupati verso i campi di sterminio. Israele annuncia l’inizio del processo che avrà come unico imputato il criminale nazista. E’ in questo preciso istante che la regista Margarethe Von Trotta gira il primo ciak nella vita di Hannah Arendt, per raccontare la storia di una delle pensatrici più influenti del secolo passato.

All’inizio io e la mia coautrice, Pam Katz, non sapevamo quale periodo della sua vita scegliere” racconta Margarethe Von Trotta durante la conferenza stampa alla Casa del Cinema di Roma. “Perché tutta la sua vita è molto interessante . La fuga dalla Germania nel ’33, e il trasferimento in Francia, dove lei ha conosciuto il secondo marito, Heinrich Blücher, incontrato nella casa di Walter Benjamin. Poi l’arrivo dei tedeschi in Francia. Tutti i nemici della Germania sono stati rinchiusi in campi di internamento. Hannah era in quello di Gurs, vicino ai Pirenei. E’ fuggita al momento giusto. Era un campo per sole donne, ebree. La fuga verso Marsiglia, e da lì in America, dove tutti questi intellettuali appena emigrati non sapevano neppure parlare inglese”.

E invece Margarethe e Pam decidono di raccontare i quattro anni in cui alla cinquantenne Hannah Arendt, ormai entrata nell’olimpo dei grandi pensatori occidentali, crolla il mondo addosso. La regista tedesca ha voluto mette in scena il conflitto tra il pensiero di un’intellettuale libera e audace, a tratti anche un po’ snob, e le rigidità del mondo massmediatico. E infatti il titolo di lavorazione del film era “The Controversy”.

Tutto ha inizio quando Hannah Arendt si propone alla famosa rivista americana The New Yorker come reporter del processo di Eichmann. Hannah parte per Gerusalemme con l’idea di trovarsi di fronte, in aula, un uomo demoniaco, con gli occhi iniettati di malvagità. Le si prospetta invece davanti un perfetto nessuno, un banale burocrate. Inizia a riflettere sulla figura di questo personaggio e giunge alla conclusione che Eichmann non si è macchiato di uno dei più grandi crimini contro l’umanità a causa di un radicato odio razziale, ma piuttosto perché era un uomo senza idee, un mediocre esecutore dei progetti generati dal sistema in cui era inserito.

Non appena il primo dei cinque articoli scritti da Hannah per raccontare il processo viene pubblicato scoppia un putiferio. Molti in America accusano la filosofa ebreo-tedesca di aver voluto giustificare il criminale Eichman. E la polemica monta ancora di più quando Hannah riporta un passaggio del processo in cui si fa riferimento a una presunta cooperazione dei capi della comunità ebraica nelle deportazioni. La comunità accademica le si rivolta contro. Molti l’abbandonano, anche il collega e amico di lunga data, Hans Jonas. Le resta invece al fianco la scrittrice americana Mary McCarthy, che nel 1963 aveva raggiunto un grande successo commerciale con il romanzo “Il gruppo”, attaccato però da molti critici di sesso maschile. Le due donne vivono un’esperienza molto simile e si sostengono a vicenda, anche se nel film l’attenzione è rivolta unicamente alla controversia che ha interessato la Arendt.

Quando in conferenza stampa domandano a Margarethe Von Trotta se in quegli anni ci sarebbe stato un simile accanimento nel caso in cui quegli stessi articoli fossero stati scritti da un uomo, la regista risponde così: “Ho girato la metà del film in Lussemburgo perché ho ricevuto finanziamenti dal governo del Lussemburgo. Le scene ambientate nell’ufficio di Heidegger ho potuto girarle nell’ufficio del rettore dell’Università americana in Lussemburgo. E lui ha visto il film e poi mi ha scritto una bellissima lettera, dicendomi, tra l’altro, che non ha mai visto un attacco simile contro un collega di sesso maschile. Hannah è stata accusata di essere arrogante, senza cuore, di non avere sentimenti, di non riuscire a capire la sofferenza altrui. Per lui è chiaro che ciò è accaduto perché lei era una donna”.

Il filosofo Martin Heidegger è un altro dei personaggi chiave della pellicola, anche se appare soltanto attraverso alcuni flashback che riportano indietro lo spettatore negli anni ’20 e poi negli anni ’50. Martin Heidegger è stato il professore di Hannah Arendt, l’uomo che, come dice lei, le ha insegnato il pensiero. Hanno anche avuto una relazione molto appassionata. E per Hannah fu un vero shock la notizia che Martin avesse aderito al partito nazionalsocialista. La figura e il ricordo di Martin ritornano come fantasmi per tutta la vita di Hannah Arendt.

Sicuramente non ho inserito questi flash back per dimostrare che fossero amanti”, ha detto Margarethe Von Trotta. “Se avessi fatto un film su questa storia d’amore avrei trovato molto più facilmente i soldi, questo è certo. L’ebrea e l’uomo che aderisce al nazismo. Mi sembrava troppo semplice. Invece in questa pellicola da una parte c’è Eichman, che non sa pensare, e dall’altra c’è lei, la pensatrice. Nell’ultimo discorso, Hannah Arendt dice che pensare ci protegge dalle catastrofi. Questi sono i due estremi, e nel mezzo c’è Heidegger che è stato il suo maestro di pensiero”.

Hannah Arendt è interpretata da una bravissima Barbara Sukowa, un’ attrice che riesce a dare una grande profondità al personaggio, soprattutto nei momenti più difficili, quelli in cui la filosofa è sola, e pensa. Barbara Sukowa ha lavorato con R.W. Fassbinder alla famosa miniserie Berlin Alexanderplatz e al film Lola. Con Margarethe Von Trotta ha recitato in Anni di piombo, Rosa Luxemburg, L’Africana, The Other Woman e Vision: From the Life of Hildegard von Bingen. Ha poi collaborato anche con Volker Schlöndorff, Lars von Trier, Tim Robbins, Michael Cimino, David Cronenberg e Hans Steinbichler. E ovviamente non ha perso l’occasione di esibirsi con una rock band, gli X-Patsy.

Dove e come vedere in streaming Hannah Arendt di Margarethe Von Trotta

Hannah Arendt di Margarethe Von Trotta si può vedere in streaming sulle seguenti piattaforme

Guarda Hannah Arendt di Margarethe Von Trotta in streaming su Apple iTunes.

 

RASSEGNA PANORAMICA
Voto
Articolo precedenteNebraska di Alexander Payne : padre e figlio on the road nella vecchia provincia americana
Articolo successivoLa mia classe di Daniele Gaglianone: la realtà fuori dal set
Fausto Corvino nasce a Caserta, nel 1989, di primavera, nel secondo pomeriggio. Vive a Roma da 6 anni, quasi 7. Aggiorna con frequenza la lista dei luoghi preferiti. Scrive tanto, cose molto diverse tra loro. Spesso si meraviglia. E questo lo rassicura.
hannah-arendt-e-la-banalita-del-male-secondo-margarethe-von-trottaLa regista tedesca Margarethe Von ritorna ncon una pellicola che racconta quattro difficili anni della vita della filosofa Hannah Arendt.
Exit mobile version