domenica, Novembre 24, 2024

Hardcore di Ilya Naishuller: così vicino così lontano

Ilya Naishuller non inventa ma ridefinisce, non sperimenta ma riprospetta. Il linguaggio adottato non è innovativo seppure audace. Quella di Hardcore è la semplice declinazione cinematografica delle classiche dinamiche da videogame shooter e stealth. L’impianto videoludico ruba dall’action movie per poi essere defraudato a sua volta, in una continua interconnessione e intercambiabilità tra i due mezzi mediali, mentre l’unico confine di deficit osmotico resta la modalità di fruizione: l’uno passivo (cinema) e l’altro interattivo (videogame).
In Hardcore questo confine sembra assottigliarsi ulteriormente. Ma l’accostamento delle due piattaforme visuali non si concretizza grazie all’evoluzione della modalità fruitiva quanto più per la capacità di coinvolgere tramite un’esperienza immersiva. Un film coraggioso ma che per assurdo ci suona obsoleto in un’epoca in cui la realtà virtuale è sempre più radicata nella cosiddetta società delle tecnologie pervasive.

La soggettiva del nostro anonimo avatar ci trascina in una realtà cruda ed estrema, tra corse sfrenate, sparatorie in pubblico e parkour sulle superfici urbane, in un vorticoso exploitation, fino alla rivelazione finale, colpo di scena improvviso che rimette in discussione ogni certezza identitaria e che rafforza e avvalora quel senso di spaesamento di cui si fa carico l’intera narrazione.

La tecnica di focalizzazione narrativa di Naishuller aderisce perfettamente al genere, riuscendo a perfezionare il point of view azzardato da Robert Montgomery nel 1947 con il suo Una donna nel lago, ennesima trasposizione cinematografica dell’hard boiled di Raymond Chandler con protagonista il detective Marlowe.

Un tentativo ben riuscito in questo senso. Le possibilità di movimento illimitato tra gli spazi della metropoli, svincolato quasi da ogni regola fisica, ci fanno vivere un’esperienza filmica accelerata e insolita. Le note ironiche e citazionali, in contrasto con le esplicite scene di violenza, alleggeriscono la visione, stemperando quello che avrebbe rischiato di essere un vuoto esercizio di stile, una semplice performance da stuntman con in testa una gopro.

Partendo dal breve incipit la lotta fisica e asfissiante acquista infatti un valore metaforico, come fosse la disperata ricerca della propria identità in un arco di trasformazione del personaggio che si compie con la presa di coscienza ultima di se stesso.

Una presa di coscienza che si finalizza grazie all’affiorare di un solo ricordo sopravvissuto al resettaggio mnestico, unica traccia di un passato irreversibilmente cancellato. Una chiusa dal tono romantico che affiora inaspettata da un mare di sangue che sommerge ogni cosa.

Andrea Schiavone
Andrea Schiavone
Andrea Schiavone, appassionato di cinema ha deciso di intraprendere studi universitari in ambito cinematografico. Laureatosi in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza di Roma ed attualmente studente magistrale in Cinema, Televisione e New Media alla IULM di Milano.

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