La recente monografia di James Fenwyck dedicata a Stanley Kubrick e intitolata Stanley Kubrick Produces (Rutgers University Press, 2021) fa emergere una vicenda legata alla presenza del grande regista americano alla Mostra del Cinema di Venezia diretta da Antonio Petrucci nel 1952.
Il film con cui l’appena ventitreenne Kubrick partecipa al festival è il suo primo lungometraggio, realizzato dopo i due corti per la RKO, Day of the Fight e Flying Padre, prodotto dallo zio californiano Martin Perveler e con la sceneggiatura dell’amico Howard Sackler, futuro premio Pulitzer per The Great White Hope.
Inizialmente intitolato The Trap, il progetto assume il nome di The Shape of Fear e si ispira vagamente alla guerra di Corea, scoppiata appena due anni prima: quattro soldati sopravvivono all’impatto del loro velivolo, trovandosi improvvisamente in territorio nemico e sconosciuto. Sconvolti, perdono il controllo della situazione e si rendono responsabili di una serie di azioni violente e prive di senso, tra cui la cattura di una ragazza trovata durante il loro percorso. In trappola all’interno della foresta, si troveranno appena dietro la linea del nemico, ingaggiando una battaglia con la loro stessa identità, attraverso un’astrazione del teatro bellico che anticipa, in modo scopertissimo, suggestioni che Kubrick svilupperà in altro modo con film come Full Metal Jacket. Gli interpreti provengono tutti dal contesto teatrale e sono Steve Coit, Frank Silvera e Virginia Leith, mentre Paul Mazursky, a più di dieci anni di distanza dal suo debutto nella regia con Bob & Carol & Ted & Alice, era ancora uno studente del college.
Il film sarà distribuito con il titolo di “Fear and Desire” da un veterano del settore come Joseph Burstyn e riceverà un’accoglienza tiepida da parte della stampa statunitense, “Se Fear and Desire è così irregolare da rivelare un’esteriorità più sperimentale che lucida – scrive The New York Times – il suo effetto complessivo è del tutto degno del sincero sforzo profuso [….] ma la regia di Kubrick è tutt’altro che ispirata“. Un flop che si ripercuote anche al botteghino e che spinge il giovane regista americano verso altri progetti tra cui il corto promozionale per la Seafarers International Union e il secondo lungo, Killer’s Kiss.
Il disprezzo di Kubrick per il suo primo film assume proporzioni mitiche e leggendarie mano a mano che lo status del regista cresce tra gli anni sessanta e il decennio successivo. Kubrick avrebbe quindi distrutto il negativo e dopo la morte del distributore, cercato di cancellare ogni copia conservata.
Del resto, è lui stesso ad esprimersi in modo inequivocabile su Fear and Desire, definendolo come “uno sforzo impegnativo, realizzato in modo inetto“, e ancora, in un’intervista del 1964 per il New York Review of Books “un presuntuoso fallimento“, più nettamente, nell’intervista rilasciata nel 1969 a Joseph Gelmis: “Fear and Desire è stato realizzato nelle montagne di San Gabriel, fuori Los Angeles. Ero l’operatore, il regista e praticamente tutto il resto. La troupe era composta da tre lavoratori messicani che trasportavano tutta l’attrezzatura. Il film è stato girato in 35mm senza colonna sonora e poi doppiato con una tecnica post-sincronizzata. Il doppiaggio è stato un mio grosso errore; il costo effettivo delle riprese del film è stato di novemila dollari, ma poiché non sapevo cosa stessi facendo con la colonna sonora, mi è costato altri trentamila dollari. C’erano altre cose che ho fatto in modo costoso e stupido, perché semplicemente non avevo abbastanza esperienza per conoscere l’approccio corretto per economizzare. Fear and Desire è stato programmato nei circuiti d’essai e alcune delle recensioni sono state sorprendentemente buone, ma non è un film che ricordo con orgoglio, a parte il fatto di averlo finito“
Quando il film aveva ancora il titolo provvisorio di The Shape of fear, fu proposto e proiettato per la prima volta al pubblico durante la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nel 1952.
Tutta la vicenda viene ricostruita grazie alle lettere e ai documenti dell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee della Biennale, nell’ambito della pubblicazione del volume storico “La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia” curato da Gian Piero Brunetta per l’editore Marsilio. Il volume, che sarà presentato il prossimo 9 luglio alla Biblioteca dell’Archivio Storico, presso i Giardini della Biennale, mette insieme i tasselli del puzzle attraverso una serie di scambi epistolari tra il direttore della Mostra Antonio Petrucci, il distributore Joseph Burstyn e lo stesso Kubrick.
Burstyn, che negli states aveva distribuito Paisà e Roma città aperta di Rossellini, scrive: “Caro dott. Petrucci, un anno fa, quando eravamo insieme a Roma, mi hai chiesto di tenerti informato se io vedessi o sentissi di qualche buon film indipendente originale. Bene, ne ho visto uno! Il titolo del film è Shape of Fear, realizzato da un giovane di 23 anni che si chiama Stanley Kubrick. A mio avviso è uno dei più bei film che ho visto negli ultimi anni, potrebbe suscitare grandi discussioni e potrebbe essere la grande sorpresa del tuo festival”
La lunghezza e la caratteristiche del film, che superava poco più di un’ora di durata, spingono Petrucci ad escludere il film dal concorso principale, programmandolo nella sezione denominata Festival del film scientifico e del documentario d’arte, due giorni prima rispetto all’inaugurazione ufficiale della Mostra del Cinema. L’assenza del film dal catalogo ufficiale del 1952 è giustificata da questa scelta.
Kubrick scriverà due lettere a Petrucci e nella seconda, inviata qualche giorno dopo la programmazione del film, chiederà notizie sulla reazione del pubblico: “Le sarei grato di sapere quale sia stata la ‘reazione‘ al mio film Shape of Fear. Poi, il fatto di cui mi ha informato, ovvero che ‘caratteristiche e lunghezza’ del film hanno impedito di farlo inserire della selezione principale, mi hanno lasciato molto nel dubbio su cosa esattamente lei abbia in mente. E poiché non ho più sentito più nulla di quell’ ’invito speciale in concorso’ di cui lei aveva parlato quando accettò il film, può ben capire lo stato di confusione in cui ora io mi trovo”.
Per approfondimenti, oltre all’atteso volume pubblicato da Marsilio, il volume di Richard Koszarski pubblicato dalla Columbia University Press e intitolato Keep ‘em in the East. Kazan, Kubrick and the Postwar New York Film Renaissance
[Foto: Phillip A. Harrington, an American photographer and staffer for Look magazine between 1949–1971, Public domain, via Wikimedia Commons ]