lunedì, Dicembre 23, 2024

Ilegitim (Illegittimo) e Fixeur di Adrian Sitaru: dal 36° Bergamo Film Meeting alla sala, la recensione

L’Europa è un organismo dalle molteplici sfaccettature, immerso in una contemporaneità problematica in cui un sempre acceso scontro ideologico si accompagna ad un senso di impotenza nato dalla consapevolezza di un futuro incerto. A tutto questo si somma la presenza di un conflitto generazionale nel quale torto e ragione sono destinati ad affondare nel caos. Compito di affrontare le tante e complesse “questioni europee” è in primo luogo affidato alla politica, ma anche l’occhio cinematografico vuole la sua parte e chiede di poter rispondere ad una propria responsabilità: quella cioè di documentazione di un disagio che inizia a sbocciare all’interno di piccole realtà, come può essere quella del nucleo familiare borghese, fulcro sul quale si focalizza l’attenzione di molti autori del cosiddetto cinema europeo contemporaneo.

Un cinema che troppo spesso troviamo abbandonato ai margini dei grandi circuiti distributivi, ma al quale in Italia è stato dedicato un’importante spazio nella sezione Europe Now! del Bergamo Film Meeting, arrivato in questo 2018 alla sua 36° edizione. Un’occasione speciale per incontrare alcuni tra i migliori autori emergenti impegnati nel tratteggio dei molti vizi di questa nostra Europa, attraverso l’illustrazione sociologica, ma assieme umana, della realtà attuale dei propri paesi d’origine.

Tra i registi scelti per rappresentare questa “nuova onda” di cinema europeo al festival bergamasco, a fianco di Stéphane Brizé e Barbara Albert, troviamo Adrian Sitaru.

Classe 1971 e originario di Deva in Romania, Sitaru  è uno dei protagonisti più interessanti della rassegna di quest’anno, nonché uno dei migliori esponenti della rinascita del cinema rumeno, assieme al connazionale Critsti Puiu, autore di alcuni dei film dell’est Europa più importanti e apprezzati degli ultimi anni.

Il nome di Sitaru è già noto nella cerchia dei principali festival cinematografici europei, il suo corto Colivia ha partecipato alla 60esima edizione della Berlinale, ma il suo cinema è arrivato anche sugli schermi internazionali, come il Toronto Film Festival durante il quale nel 2016 Sitaru ha presentato il suo film Fixeur, titolo rumeno candidato per gli Oscar stranieri del 2018.

Questo suo ultimo lavoro dedicato allo sfruttamento della prostituzione minorile, assieme al precedente Ilegitim, che tratta il tema caldo dell’aborto in una società che ancora rifiuta di accettare la pratica, hanno trovato una vetrina di presentazione al Bergamo Film Meeting, in quella rassegna speciale dal titolo Europe Now! alla quale accennavamo. 

Fixeur e Ilegitim rappresentano in effetti a pieno l’intento di indagine del disagio profondo di una società caratterizzata da forti contrasti che portano avanti registi come Sitaru, attenti ad inquadrare nei loro film problematiche complesse e apparentemente irrisolvibili, come il rapporto tra padri e figli lesionato da un forte gap generazionale. In questi due film in particolare si osserva un forte realismo ed un approccio formale al limite dello stile documentaristico, che tuttavia non toglie nulla al gusto per la narrazione spensierata e per la irrinunciabile parentesi quotidiana, che può volgere la storia verso derive talvolta drammatiche, talora addirittura esilaranti. La macchina da presa si muove in spazi intimi senza fretta: indugia sui volti degli attori, registra con pazienza le chiassose discussioni, i pianti e le risate. Tutto questo senza mai cessare di inseguire quel filo tematico di natura sociologica che si risolve in un cinema influenzato da un’etica molto vicina a quella giornalistica. Cerchiamo di capire gli esiti di questa interessante indagine cinematografica nella società rumena, raccontando i due film inediti in Italia che saranno distribuiti nelle sale il 22 Marzo 2018, grazie alla collaborazione tra Lab80 e il Bergamo Film Meeting.

 

Ilegitim (Illegittimo)

Regia: Adrian Sitaru.
Con: Alina Grigore, Robi Urs, Bogdan Albulescu, Adrian Titieni, Cristina Olteanu
Durata 85 min.
Origine: Romania, Polonia, Francia
Anno: 2016

Volevo un film in stile documentario e un surplus di realismo”: l’intenzione di Sitaru è quanto più possibile chiara. Ecco allora che prende vita una pellicola in cui tematiche importanti e tutt’oggi assai controverse, come quella dell’aborto e secondariamente quella dell’incesto, convivono a stretto contatto in una storia davvero singolare, sicuramente intrisa di realismo, ma che strizza un po’ l’occhio anche al dramma grottesco. Ilegitim può per questo motivo essere visto come un (docu)film sugli eccessi di una generazione allo sbaraglio, convinta di essere portavoce di una morale moderna e pronta a difendere i propri diritti dallo spettro di un vicino passato, sicuramente governato da bigottismo e meno lungimirante, ma inquadrata qui proprio durante la manifestazione del suo lato più fragile.

Il film si apre proiettando lo spettatore, che diventa un convitato invisibile, in una cena di famiglia che ricorda una situazione alla Sieranevada , il bellissimo film di Cristi Puiu. Tutto sembra procedere serenamente, fino a quando la discussione non vira verso un tema molto caldo, finora mai affrontato dalla famiglia Anghelescu: pare che il capofamiglia Victor, che ha lavorato come medico durante il regime di Ceausescu, abbia impedito a molte donne di abortire durante la sua carriera, in primo luogo perché illegale ma anche a causa della propria etica personale.

I figli di Victor, che hanno rinvenuto il nome del padre durante una ricerca sull’argomento, lo accusano violentemente di aver contribuito ad ostacolare quello che dovrebbe secondo loro essere un diritto della donna, ma l’uomo non intende mostrare pentimento ed anzi sembra ostentare un certo orgoglio. La situazione degenera, si scagliano insulti e lo scontro fisico si evita per poco, grazie alla mediazione della figlia più anziana, la sola tra i quattro figli a non entrare nel merito della questione. Lo scontro generazionale avviene sul campo dell’ideologia e il confronto  che ne risulta ha esiti non proprio dialettici: chi pretende di essere rappresentante di una morale contemporanea “superiore” – quella che per intenderci difende la libertà decisionale della donna su questioni riguardanti il proprio corpo – finisce poi per dover confessare il proprio stesso errore manifestando l’instabilità delle proprie certezze. È quello che dimostra il rapporto del tutto eccezionale tra i membri più giovani della famiglia, i gemelli Sasha e Romeo; il loro segreto rapporto incestuoso dà come frutto un’inaspettata gravidanza, che sarà affrontata in modo del tutto opposto dai due fratelli/genitori: Sasha conscia della gravità della sua azione chiede di abortire, mentre Romeo, uno dei “paladini” dell’aborto durante il confronto col padre, si rifiuta di considerare la procedura. Crolla così un palco costruito a puntino da Sitaru durante la sequenza iniziale. Ma è pure vero che per il regista il torto sta da una parte sola, quella cioè che si oppone alla libertà individuale delle donne incinte. Sitaru ha dichiarato di raccontare quello a cui si oppone e che non comprende, “quelle leggi che pretendono di dirci cosa fare con i nostri corpi”. L’importanza della libertà, ancora una volta riferita al sesso femminile, torna come presenza cruciale anche nel secondo film prodotto dal regista nel 2016 assieme a Ilegitim, ovvero Fixeur.

 

Fixeur

Regia: Adrian Sitaru.
Con: Sorin Cocis, Andrei Gajzago, Tudor Istodor, Mehdi Nebbou, Diana Spatarescu, Adrian Titieni, Andreea Vasile, Nicolas Wanczycki
Durata 98 min.
Origine: Romania, Francia
Anno: 2016

Film sulla tratta delle minorenni per introdurle nel mondo della prostituzione, Fixeur porta letteralmente sullo schermo quella questione dell’etica giornalistica che interessa profondamente il regista, interesse che potremmo facilmente estendere a tutti gli autori di docufilm. C’è proprio un dilemma morale alla base di questo film, girato parallelamente a Ilegitim: fino a che punto può spingersi l’informazione per scopi di cronaca? L’obiettivo quali mezzi giustifica? Se lo chiede evidentemente Sitaru e il protagonista del suo film, l’apprendista giornalista Radu, il fixeur del titolo.

Il termine indica quel giornalista, solitamente locale, che aiuta il collega nella redazione di un importante articolo, spesso agendo da mediatore per ottenere informazioni, oppure operando come interprete. Questo il compito di Radu che, per dare una svolta al suo praticantato giornalistico presso una redazione rumena, decide di aiutare un affermato giornalista di Parigi che intende documentare su carta e in un film d’inchiesta lo sfruttamento della prostituzione minorile, partendo dalla cruciale testimonianza di una delle vittime, la quattordicenne Anca, adescata in un paese della Romania per essere portata in Francia.

Il film si muove tra interviste a familiari e protettori, tracciando un quadro piuttosto variegato della società nella quale Anca e giovani come lei vivono, dalla suora che risolutamente nega ai giornalisti ogni possibilità di incontro con le giovani vittime ai giovani disagiati che li aggrediscono in strada dopo aver ricevuto qualche domanda. Lo scoop in sé si rivela essere tutt’altro che di facile portata: il duo di cronisti, Radu e Axel, accompagnato dal prezioso cameraman Serge si trova ad affrontare una serie di ostacoli insormontabili, per scontrarsi infine con l’omertà della stessa Anca, la cui testimonianza è cruciale ai fini dell’indagine: la ragazza, ancora scossa dalla sua esperienza, non vuole comparire in televisione e preferisce rifugiarsi nel tentativo di corrompere sessualmente un allibito Radu piuttosto che raccontare la sua drammatica storia in uno dei momenti più intensi di Fixeur.

Film che comunque, come accadeva in Ilegitim, vede l’alternanza di toni contrastanti: la vicenda di cronaca è tragica, ma le parentesi narrative dedicate alle pause dei cronisti sono tanto numerose da non poter essere definite marginali. L’inchiesta viene sicuramente prima di tutto, ma per Sitaru è altrettanto importante lavorare sulle emozioni degli attori, “con l’obiettivo di ottenere reazioni autentiche durante le riprese” come da lui dichiarato. Un’autenticità resa ancora vera e naturale dalla costante divagazione nella vita privata del protagonista Radu, l’aspirante giornalista che incarna l’ossessione per il raggiungimento dell’obiettivo tanto nella sua vita professionale quanto in quella privata, come dimostra il suo rapporto con il figlio che vuole far diventare il più possibile competitivo. Una conquista tanto difficile in quanto richiesta con forza dall’esterno, in quella che appare così come una sorta di alternativa forma di “violenza”: ma il fallimento per l’uomo può infine diventare lezione e il cinema diventa ancora una volta diventa il suo veicolo.

 

Michele Bellantuono
Michele Bellantuono
Veronese classe '91, laureato in Filologia moderna e studioso di cinema autodidatta, svolge da alcuni anni attività di critica cinematografica per realtà online. Ha un occhio di riguardo per il cinema di genere e dell'estremo oriente

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