Non si può dire molto di negativo su Illusions perdues, adattamento dell’omonimo romanzo di Honoré de Balzac ad opera di Xavier Giannoli, regista francese dalla ventennale carriera da sempre in bilico tra l’autorialità e il semplice mestiere (che semplice non è mai, beninteso). Ovviamente ridotto e modificato rispetto alla complessa opera originale, tra i più apprezzati capitoli della serie de La Comédie humaine, Illusions perdues è un classico film in costume, lungo ed elegante.
Giannoli mette a servizio di Balzac la propria capacità scenica e la sua ricostruzione d’epoca è affascinante, ma mancano completamente la freschezza e l’energia di Marguerite, la commedia in costume che nel 2015 era stata presentata proprio qui al festival di Venezia. Come risultato si finisce per accusare non poco le quasi due ore e mezza di durata.
L’operazione in partenza sarebbe interessante: mantenere la struttura di amori e intrighi tipica del romanzo melodrammatico ottocentesco, ancorché semplificata per ovvie ragioni di tempo, amplificandone però la componente satirica, così da sfruttare il racconto per mettere in scena, come ha dichiarato il regista, l’alba della legge del profitto.
E certo questo discorso viene fatto con chiarezza da Giannoli: in Illusions perdues possiamo ammirare il giovane aspirante poeta Lucien inseguire i propri sogni, spesso contraddittori, per poi ritrovarsi stritolato da entrambe le realtà che ha vissuto, quella nobiliare della Francia in piena Restaurazione e quella della nuova borghesia liberale in procinto di conquistare il mondo.
Di nuovo, però, come Lucien finisce schiacciato dalla società, il film è schiacciato dal suo stesso peso. La maestosità della ricostruzione storica, la voce fuori campo che accompagna ogni momento del film, rendono sì giustizia al romanzo di Balzac, un po’ meno all’intelligenza cinematografica di Giannoli, che sembra rimanere imprigionato nella grandezza del progetto.
Nel già citato Marguerite Giannoli aveva avuto un colpo di genio. Per rappresentare anche visivamente la realtà falsa e ipocrita di cui è prigioniera una ricca cantante dilettante, le cui pessime capacità canore sono lodate da tutti i suoi protetti solo per rimanere nelle di lei grazie, il regista francese aveva scelto di affidare il ruolo di protagonista a Catherine Frot, il cui volto gonfio e rifatto, del tutto antistorico per gli ani ’20 in cui è ambientata la storia, si fa perfetta metafora del tema del film.
È questo che manca a Illusions perdues, un’idea di messa in scena che travalichi il semplice ricostruire ciò che si vuole raccontare. Come detto, Giannoli è un regista sul confine tra due diversi modi di fare cinema; talvolta riesce a infondere nei film la propria autorialità, in altri casi invece sparisce dietro al proprio mestiere, che emerge sempre.
Il suo ultimo film è dunque un’opera ben fatta ma ingessata, che chi ama il cinema in costume apprezzerà ma che potrebbe annoiare tutti gli altri.
Illusions perdues di Xavier Giannoli (Francia 2021 – 144 min)
Interpreti: Benjamin Voisin, Cécile de France, Vincent Lacoste, Xavier Dolan, Salomé Dewaels, Jeanne Balibar, Gérard Depardieu, André Marcon, Louis-Do de Lencquesaing, Jean-François Stéveni
Sceneggiatura: Xavier Giannoli dal romanzo “Illusions perdues” di Honoré de Balzac
Fotografia: Christophe Beaucarne
Montaggio: Cyril Nakache
Scenografia: Riton Dupire-Clément
Costumi: Pierre-Jean Larroque
Suono: François Musy, Renaud Musy, Didier Lozahic