Non c’è immagine, come quella di una rovina, capace di rivelarci l’intima connessione tra morte e anelito verso la vita. Interno al suo stesso statuto: lo spossessamento del soggetto.
Oksana Karpovych, regista e fotografa ucraina attiva in Canada, prosegue il suo lavoro combinatorio tra voci collettive e paesaggio, mentre penetra la parte ferita del suo paese, mostrandoci la prospettiva del disastro.
Dentro appartamenti sventrati, sulla soglia di una voragine che sfonda una parete, tra gli oggetti di uso comune ammassati insieme a cemento e metallo, allontana radicalmente il punto di vista del racconto reportistico per cercare tracce di vita nella persistenza della distruzione.
Il viaggio di Intercepted è una riattualizzazione dell’esperienza nel suo inesorabile sfaldarsi verso la scomparsa e la perdita. È in questo senso una delle immagini più potenti mai viste sulla guerra, capace di sovrapporre la ieraticità pittorica dei resti con il movimento del tempo in atto. Sollecita allora la nostra stessa attività scopica sull’immagine quotidiana del conflitto, problematizzandone il percorso e la posizione dell’osservatore.
La fotografia di Christopher Nunn procede insieme al sound design di Alex Lane e all’elettronica di Olesia Onykiienko, i cui field recordings pubblicati con il moniker di NFNR determinano paesaggi sonori che ci conducono verso il buio della civiltà.
Su questo impianto Karpovych seleziona le voci messe a disposizione dalla sicurezza Ucraina e costituite da intercettazioni registrate nei teatri di guerra. Lo sguardo dell’occupazione si sovrappone all’immagine testimoniale, caricandola di orrore, disorientamento, paura, cinismo, disillusione.
Le telefonate dei soldati verso casa e i dialoghi con madri e mogli diventano centrali per descrivere l’azione corrosiva della propaganda russa sulle ragioni della cosiddetta operazione speciale.
Se alcune voci sembrano comprendere la sostanza dell’inganno che li ha obbligati a diventare “polvere sotto gli stivali” o “carne da macello“, per utilizzare alcune espressioni di Anna Politkovskaja, altre incarnano totalmente il progetto genocidiario, descrivendo nei minimi dettagli l’atrocità delle torture perpetrate sulla popolazione civile ucraina.
Sono le stesse donne Russe a ripetere quel copione a memoria, a insistere sulla necessità dello sterminio, a chiamare dispregiativamente gli ucraini khokhol, a incitare i figli affinché il massacro si compia e a cucinare i “Banderisti” come shashlik. Vengono definite con terribile chiarezza le proporzioni di un progetto ideologico che ha annichilito la coscienza di un intero popolo.
Eppure, proprio entro i confini di una cornice sociale disumanizzata come quella russa, la regista ucraina riesce a definire diverse gradazioni, tra l’orrore assoluto e la percezione della deriva soggettiva, dove l’umano si specchia nell’abisso e per un attimo comprende la propria condizione.
Ecco che i tableaux in movimento, sospesi oscenamente tra distruzione ed estrema sopravvivenza, ci parlano direttamente e interrogano le nostre stesse responsabilità di spettatori distanti.
Karpovych mostra il ventre di un paese stuprato, ripercorrendo le fasi e i presupposti della violenza con un viaggio terribile e indicibile verso l’oscurità.
Intercepted di Oksana Karpovych (Canada, Francia, Ucraina 2024 – 95 min)
Sceneggiatura: Oksana Karpovych
Fotografia: Christopher Nunn
Montaggio: Charlotte Tourres
Musica: NFNR
Sound Design: Alex Lane