Dopo il viaggio on the road dalla Lombardia al Marocco nel pluripremiato “Talien” – Premio speciale della giuria e premio collaterale “Gli occhiali di Gandhi” al 35° Torino Film Festival, menzione speciale ai Nastri d’Argento 2018 – il regista Elia Moutamid torna dietro la macchina da presa con un nuovo documentario girato durante i primi mesi della pandemia, che non sono il tema del film ma che ne delineano il contesto.
Dopo alcune settimane trascorse in Marocco alla ricerca di luoghi e storie per un film sull’urbanizzazione e sul territorio, il regista Elia Moutamid torna a Brescia, dove vive dopo esservisi trasferito da piccolo con la famiglia, per continuare il progetto. La pandemia lo costringe però a restare chiuso in casa e ad avviare un percorso autobiografico: “Kufid” è il risultato di quel percorso, un film girato durante la pandemia ma non dedicato a essa. E oltre i dubbi e le riflessioni sollevate da un virus che sconvolge famiglie e abitudini, sembra emergere un unico punto fermo: «Inch’Allah» (se Dio vuole).
«Il primo intento di Kufid è raccontare dinamiche umane attraverso la narrazione autobiografica, su un ‘telaio narrativo’ basato sul concetto di trasformazione urbana – spiega il regista Elia Moutamid – In questo film ci sono io, c’è l’Italia (quella del Nord), c’è il tempo presente. Qualcosa di inaspettato e di enorme portata scombussola i miei piani e quelli del mondo: io, però, decido di usarlo a mio favore. La prima battuta della voce fuori campo dice: ‘Da piccolo i miei genitori mi hanno insegnato a dire Inch’Allah quando metto in programma di fare qualcosa’. Ecco, Kufid è questo: la pianificazione di qualcosa di non pianificato. Un ossimoro».