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La Caja di Lorenzo Vigas: recensione, #Venezia78 – Concorso

In Ti guardo come ne La Caja c’è l’abilità di Vigas di rendere visibile una verità molto complicata e terribilmente repressa sul desiderio, se nel primo caso era di tipo sessuale qui è quello della casa, come luogo e senso di appartenenza. La recensione di La Caja, in concorso a #Venezia78

Hatzin parte da Città del Messico per riempire il vuoto lasciato da un interrogativo in sospeso, centinaia di corpi sono stati riesumati dall’ennesima fossa comune. La carta d’identità su uno di questi scheletri appartiene a suo padre. Inizia così il suo viaggio di ricerca per procurarsi l’oggetto che gli consenta di tornare finalmente a casa, portando con sé il pezzo mancante della storia.

La cassa, la caja, non consente al protagonista però di acquistare quella serenità e quella sicurezza necessarie per tornare indietro. Seduto sull’autobus volge il suo sguardo altrove, riconosce in un uomo una certa familiarità, forse ha un’occasione, il suo volto volitivo è accompagnato alla speranza di non doversi arrendere, bisognoso di poter riavviare una ricostruzione. La sua è una fugace sensazione di serenità.

Lorenzo Vigas conclude così la sua trilogia sulla paternità, dopo il corto Los elefantes nunca olvidan e Ti guardo, il lungometraggio con cui nel 2015 vinse il Festival di Venezia. Nel suo film precedente è l’assenza del padre a gettare una lunga ombra e una connessione inquietante e inaspettata tra i due protagonisti, Armando e Elder, mentre qui è la presenza di qualcuno a far esplodere nuove ferite.

A far emergere la brutalità e la fragilità di questo ragazzino, lasciando emergere un’umiliante realtà. Un’inquietudine profonda ti insegue senza lasciarti tregua aggrappato a un profondo senso di disaffiliazione dal contesto.

In Ti guardo come ne La Caja c’è l’abilità di Vigas di rendere visibile una verità molto complicata e terribilmente repressa sul desiderio, se nel primo caso era di tipo sessuale qui è quello della casa, della home, come luogo e senso di appartenenza.

Nelle opere di Vigas la volontà è sempre conseguente all’indisponibilità stessa dell’oggetto voluto.

Le sue enigmatiche inquadrature statiche e i campi lunghi catturano la povertà e la desolazione dell’ambiente, mantenendosi sempre distaccato da ciò che osserva.

Forse anche per questo è difficile empatizzare, sentirsi addosso la frustrazione e l’abnegazione che Hatzin vuole trasmetterci.

La Caja di Lorenzo Vigas (Messico – 2021 – 92 min)
Interpreti: Hernán Mendoza, Hatzín Navarrete, Elián González, Cristina Zulueta, Dulce Alexa Alfaro, Graciela Beltrán
Sceneggiatura: Lorenzo Vigas
Fotografia: Sergio Armstrong
Montaggio: Isabela Monteiro de Castro, Pablo Barbieri
Scenografia: Daniela Schneider
Costumi: Úrsula Schneider
Suono: Waldir Xavier
Effetti visivi: Diego Vazquez Lozano

RASSEGNA PANORAMICA
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Laureata nelle discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo, ha frequentato un Master in Critica Giornalistica all'Accademia d'arte drammatica Silvio D'Amico e una serie di laboratori tra cui quello di scrittura cinematografica tenuto da Francesco Niccolini e Giampaolo Simi. Oltre che con indie-eye ha collaborato e/o collabora scrivendo di Cinema e Spettacolo per le riviste Fox Life, Zero Edizioni, OUTsiders Webzine
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