Kenji Mizoguchi – la rassegna del Museo interattivo del Cinema a Milano
Lo speciale di Indie-eye dedicato a Kenji Mizoguchi
Traendo dal racconto Le donne di Susaki di Yoshiko Shibaki, Mizoguchi chiude la sua storia di regista con una desolata elegia girata nel quartiere a luci rosse di Tokyo, Yoshiwara, e una lenta ripresa aerea della città scorre in apertura fino alla grande pagoda che svetta sopra i tetti. La macchina scende poi nello spazio angusto fra le case, una strada semivuota, prospettiva breve, chiusa sul fondo, insegne spente che di notte brilleranno.
“ Siete i benvenuti ” spicca sulla porta del bordello, piante decorative e pulizie mattutine suggeriscono una pretesa di eleganza e igienica efficienza che fa il paio con il nome della casa, “Sogno” . Inizia la giornata con i suoi traffici, la maïtresse si sta lamentando con un poliziotto, che sembra molto di casa, dei mali del governo che vuol proibire la prostituzione: “Quando c’erano gli Americani ci dissero che avrebbero protetto le donne innocenti! Facemmo dei prestiti per costruire questa casa…”.
Gli Americani e il loro passaggio ad Oriente!
Passa Mr.Taya, il padrone, in comico désabillé, ma tra poco lo vedremo elegante in doppio petto. Sta andando in Parlamento a seguire l’iter della legge, è preoccupato e alle “ragazze” dirà, in un breve comizio con l’aria del buon padre, che stiano tranquille, solo lui può fornire un’autentica protezione visto che lo Stato è latitante e loro rischiano di finire in miseria o in prigione per adescamento, se la legge passa. Entrano in scena, una alla volta, le cinque prostitute. A colazione le sentiamo commentare la proposta di legge, paura e voglia di finirla con quella vita convivono, ma soprattutto rimpiangono i bei tempi in cui le cortigiane erano colte e trattate come principesse.
Ahimè, anche nel “mestiere” i tempi sono cambiati!
“ Noi compensiamo un’assistenza inadeguata – ha detto Mr.Taya alle ragazze – siamo lavoratori sociali, i politici non capiscono le vostre necessità, siamo gli unici amici che avete…..E adesso al lavoro! ”
Caratteri, storie, drammi e miserie cominciano a srotolarsi in un intreccio semplice, dove il montaggio alternato di esterni e interni segna il tempo e un ménage quasi carcerario parla di donne che si muovono come piccole operaie laboriose, rassegnate al loro destino, storie di figli da mantenere, mariti senza lavoro, malattie da curare, debiti con la “casa dei sogni” che non potranno mai estinguere. I meccanismi della riduzione in schiavitù ci sono tutti, e come sempre, nelle società del benessere, molto ben coperti dall’ipocrisia sociale.
Yumeko (Mimasu Aiko) ha un figlio che ha fatto crescere con i guadagni del suo mestiere, ma quando lui scopre che “lavoro” fa la madre la ripudierà in una scena da antologia del genere, in una periferia che sembrerebbe “pasoliniana” se non fossimo in Giappone, fra capannoni e pali della luce, in mezzo a desolati reperti di archeologia industriale. Lei, la madre, premurosa e sorridente, con il lungo kimono così fuori luogo nella polvere, e lui, il figlio, torvo, chiuso in un odio ancestrale, fino al momento in cui le urlerà: “Dimentica che sono tuo figlio, ti odio”.
Hanae (Kogure Michiyo) va a trovare appena può il marito depresso e disoccupato, e lo salva in tempo. Crollano a terra lui con la corda al collo, il gancio, lo sgabello e lei che urla disperata, mentre il figlio in fasce piange affamato:
“ Il Paese crede di essere civile, ma versa in queste condizioni, neanche il latte tutti i giorni possiamo comprare… Niente mi fermerà, avrò una vita al di là della prostituzione ” .
L’ansia gioiosa di Yorie (Machida Hiroko) per un matrimonio che aveva creduto possibile crolla ben presto, Yasumi (Wakao Ayako) è disposta a tutto per affrancarsi, è giovane e bella, sufficientemente cinica per salvarsi, anche se questo segnerà la rovina del cliente impazzito per lei, e infine Mickey (Kyo Machiko) topolino, ironica, strafottente e sicura di sè, l’unica che veste “all’americana”, fino alla scena col padre, moralista e ipocrita, vecchio libertino con tante cose da farsi perdonare.
“ Vado al cinema per distrarmi ”, grida furiosa dopo aver buttato fuori il vecchio. Vite senza scampo continueranno a trascorrere fra quei pannelli che si aprono e si chiudono. La radio comunica che la legge non è stata approvata, Mr.Taya (Shindo Eitaro) e la fidata collaboratrice esultano e festeggiano, lui ribadisce alle ragazze il suo ruolo di “lavoratore sociale”, e intanto arriva il marito di Hanae con il bimbo al collo a dire che sono stati sfrattati e se ne andrà nel parco ad aspettarla, mentre il debito di Hanae con la casa dei sogni aumenta.
La condanna a vivere nei bassifondi è a vita per queste donne che Mizoguchi colma di dolcezza disperata, e la piccola prostituta Shizuko (Kawakami Yasuko), quasi una bambina, truccata e preparata alla nuova vita nella scena finale, non apre mai gli occhi. Nel suo elegante kimono non sa come fare ad adescare gli uomini, Mickey l’aiuta, ma non è facile, e allora Shizuko si nasconde dietro lo stipite, si affaccia timida, fa cenno con la mano, apre gli occhi smarriti su un mondo che d’ora in poi sarà anche il suo. La strada della vergogna finisce qui.
Mizoguchi, nel cinema, ci ha parlato in tanti modi di un’unica cosa, la vita della donna in un mondo dominato dagli uomini.
“Molière affermava di andare dal parrucchiere per osservare dei tipi umani: Mizoguchi fa lo stesso con il bordello, che è un magnifico teatro.” (Jean Douchet)