Les Misérables, la vita difficile nelle periferie parigine. Il film di Ladj Ly a Cannes 72
Siamo nell’anno 1993. Stéphane (Damien Bonnard), appena arrivato nel reparto dell’ anti crimine di Montfermeil. I suoi coleghi sono Chris ( Alexis Manenti) e Gwada (Djebil Zonga). Chris attraverso il suo nuovo impiego verrà presto a contatto con una dura realtà, in cui le lotte e gli scontri tra i quartieri periferici parigini sono sempre più drammatici. Ladj Ly porta al festival di Cannes il suo primo lungometraggio, co-sceneggiato insieme a Giordano Gederlini, entrambi hanno risposto alle domande dei giornalisti, durante la conferenza stampa a Cannes 72
Domanda per Ladj Ly: cosa ti ha spinto a trasformare il tuo cortometraggio in un film?
“Ho cominciato con il filmare i poliziotti nel mio quartiere, le loro azioni e il loro comportamenti durante le cariche. Un giorno però ho filmato un abuso di potere, e in quel momento non sapevo bene cosa fare. Ho deciso così di inviare il materiale a chi poteva effettivamente intervenire e finalmente dopo diversi processi i poliziotti sono stati sospesi grazie al mio filmato. Era la prima volta che succedeva una cosa del genere. Da qui il mio cortometraggio e – visto il grande successo – ho pensato fosse il caso di trasformalo in un film di lunga durata.”
Ladj Ly, il film é un grido di aiuto? Credi possa in qualche modo migliorare la situazione attuale?
“Nelle banlieue non é cambiato nulla negli ultimi tempi. In realtà c’é molto di cui preoccuparsi se si pensa alle periferie. Sono dei quartieri difficili dove vivere. In 12 anni non é assolutamente cambiato nulla, a cominciare dall’educazione e dalle associazioni. Non funziona.
Quindi si, il mio é un grido di aiuto per dire: “siamo qui, esistiamo ed é da 20 anni che viviamo cosi. Credo inoltre importante che Emmanuel Macron veda il film per rendersi conto di come effettivamente gli abitanti delle banlieue vivono nella loro quotidianità.
Oggi -con i gilets jaunes- la Francia scopre che la polizia é violenta, ma é una realtà che é sempre esistita.”
Ladj Ly come guardi la banlieue in quanto regista?
“E’ complicato. Sono 38 anni che abito nella banlieue, ho dei fligli ed é vero che ci sentiamo emarginati. Sono ormai 12 anni che abbiamo i poliziotti anti sommossa nelle nostre vie e le cose non hanno preso una bella piega. Non c’é stato alcun cambiamento. Si percepisce la sofferenza nelle strade.”
Pur essendo un film che tratta temi importanti é comunque strutturato secondo i canoni della commedia, perché questa scelta?
“Si é vero, può essere molto divertente a tratti e per questo non esitate a ridere!”
“Il film tratta un tema estremamente grave” –prosegue Giordano Gederlini– “tuttavia lo fa attraverso il sorriso. Trovo sia un bel contrasto.”
Una domanda per Ladj Ly: crede che ci sia ancora una speranza, almeno per i giovanissimi?
“Vivere in banlieue é sicuramente un handicap. É molto complicato avere una via d’uscita, ma come si dice: la speranza é l’ultima a morire. É importante avere fede.”
Perché il riferimento a Victor Hugo? Credi inoltre che le notizie di attualità possono averti in qualche modo influenzato nella realizzazione del film?
“I posti in cui ho deciso di girare le scene del film sono luoghi di cui parla Hugo nei suoi romanzi. La stessa miseria di cui parla é ancora presente, ecco perche’ “les misérables”.
Certo l’attualità ha influenzato notevolmente il mio lavoro, il film stesso è molto vicino a ciò che sta accadendo e ai gilet jaunes.”
Domanda per Ladj Ly: credi che les miserables sia un film che possa parlare ad un livello universale?
“Assolutamente si. Parla delle banlieues francesi, ma racconta in maniera più ampia della povertà a livello universale e delle banlieues del mondo intero.”
Il film non prende in considerazione alcun punto di vista femminile, perché?
“Le donne sono presenti nel mio film. Tuttavia non sono in evidenza dato che la strada non è un posto sicuro dove poter stare. Una ragazza non può certamente prendersi il lusso di passeggiare nelle strade di questi quartieri. Ma la figura della donna è certamente presente e rimane comunque una figura importante.”
Giordano Gederlini
“É una domanda interessante. Personalmente credo che la figura femminile risulterebbe molto importante in questi ambienti. Potrebbe essere la figura che media tra la dura realtà degli uomini e i loro scontri. Quindi questa assenza è effettivamente un grande problema.”