Il movimento documentaristico britannico originariamente si identifica con la figura di John Grierson. Con The Drifters, del 1929, il regista scozzese documenta il duro lavoro dei pescatori di aringhe nel mare del nord, senza l’ausilio di una voce fuori campo. Un impatto durissimo per gli spettatori inglesi di quegli anni, che per la prima volta fanno un’esperienza inedita e fuori dalle consuetudini dei cinegiornali. Grierson codifica il linguaggio del movimento basandosi sui valori socialisti di uguaglianza e sulla rappresentazione del mondo del lavoro. Lo scopo è quello di raccontare la società contemporanea secondo alcuni principi antropologici ed estetici che diventeranno teoria viva per un intero decennio, attraverso le pubblicazioni su riviste specializzate come Sight and Sound, Cinema Quarterly, World Film News, e Documentary News Letter. Lo stesso Grierson, conierà il termine “documentario” all’interno di una recensione pubblicata sul New York Sun e relativa al film Moana diretto da Robert Flaherty. Il sinonimo diretto è il francese documentaire legato per lo più ai film sulle esplorazioni. Teorizzerà una visione più stratificata e complessa in un saggio pubblicato nel 1933 su Cinema Quarterly, dove definirà la forma come “elaborazione creativa della realtà“.
Con l’idea che le tecniche formali dovessero essere mutuate da quelle sperimentate dai grandi autori russi come Eisenstein, Vertov e Pudovkin, codifica una nuova drammatizzazione della vita quotidiana. Con i finanziamenti dell’ufficio del commercio britannico, i registi che si muoveranno intorno al movimento sperimenteranno un’ampia libertà linguistica e allo stesso tempo eviteranno temi sociali particolarmente scottanti. Un bilanciamento difficile che consentirà comunque di sperimentare con il linguaggio e di influenzare il cinema britannico dei decenni successivi.
Se Grierson è considerato il padre del movimento e del documentario britannico, quale posizione occupano le registe donne, a tutt’oggi superiori numericamente per quanto concerne la produzione inglese?
The Camera is Ours è il progetto che il British Film Institute sta promuovendo per raccontare la storia di queste documentariste, attraverso un lavoro di ricerca che contribuisce a colmare una lacuna importante. Dalle autrici pionieristiche dei primi anni trenta fino alla più ricca scena contemporanea, descrive uno scenario completamente diverso da quello raccontato fino ad ora, dove le donne sono assolute protagoniste nella produzione di documentari.
Con dieci nuovi restauri curati con l’archivio nazionale del BFI, viene proposta un’iniziativa multipiattaforma, che oltre alla sede del British Film Institute, comprende l’offerta VOD e questo splendido doppio DVD in uscita il prossimo 28 marzo, costituito da ben 157 minuti di cinema straordinario dal 1935 al 1967.
Oltre a They also serve di Ruby Grierson, la sorella di John che voleva rompere “il vaso dei pesci rossi” attraverso il quale il padre del documentario inglese era solito, secondo lei, osservare la realtà, c’è il film dell’altra donna di famiglia, Marion Grierson (Beside the seaside) e ci sono le opere di altre otto registe: Evelyn Spice (Behind the Scenes), Mary Field (4 and 20 fit Girls), Muriel Box (The English Inn) che diventerà una straordinaria autrice di commedie, Brigid Cooper e Mary Beales (Birth-Day), Kay Mander (Homes for the People), Jill Craigie (Children of the ruins), Margaret Thomson (The Trouble Mind), Sarah Erulkar (Something Nice to eat).
Per presentare il programma delle proiezioni, più ampio della selezione scelta per il doppio DVD BFI, Ros Cranston, a capo dell’archivio nazionale, ha raccontato quanto siano state fondamentali le donne nella produzione dei documentari britannici, sin dai primi anni trenta: “sono entusiasta di poter puntare i riflettori su una selezione di film eleganti, illuminanti e spiritosi realizzati da queste pioniere trascurate. I loro film utilizzavano tecniche rivoluzionarie, applicate ad argomenti di ampio respiro, dalla storia naturale, all’edilizia abitativa fino alla salute mentale, alla cucina e alla vita nei pub“.
Per quanto riguarda il doppio disco DVD, i contenuti extra includono un splendido documentario di 93 minuti, realizzato nel 2020 da Lizzie Thyne e interamente dedicato all’avventura produttiva, creativa e artistica di Jill Craige, una delle cineaste più radicali del movimento, presente nella raccolta con il film “Children of the ruins“. Oltre al documentario, il doppio DVD contiene un booklet illustrato con i saggi teorico-critici di Penny Woolcock, Molly Dineen, Lilian Crawford, Reba Martin, Carol Morley, Patrick Russell, Jeanie Finlay, Lizzie Thynne, Katy McGahan e Girish Shambu
I DVD sono ovviamente compatibili con tutti i lettori europei. The Camera is Ours: Britain’s Women Documentary Makers (2-Disc DVD) si può già pre-ordinare sul sito BFI.