giovedì, Novembre 21, 2024

Les Cinq Diables di Léa Mysius: recensione

Léa Mysius torna a parlare di terra e nuove relazioni parentali. Les Cinq Diables è un film misterioso e magico, realizzato a sei anni di distanza dal sorprendente Ava. Il film è in concorso al festival Oltre lo Specchio, tra gli appuntamenti cinematografici milanesi di punta.

La scrittura ha un ruolo centrale nel lavoro di Léa Mysius. Non solo per la sua carriera come sceneggiatrice, in crescita negli ultimi sei anni e legata ad autori come Arnaud Desplechin, André Téchiné e più recentemente Jacques Audiard e Claire Denis.

Animato da un’energia alchemica, il discorso filmico intessuto dalla regista francese è stato affrontato secondo la prospettiva di alcune eredità postmoderne, ma in realtà sprofonda nell’attività catartica che interroga ogni volta l’esistenza come processo. Ecco perché si ha la sensazione di assistere ad un gioco combinatorio tra generi, quando al contrario è il confine tra questi ad individuare lo spazio della metamorfosi, la vitale instabilità dei personaggi e la continua reversibilità del punto di vista.

Nel racconto di affettività incomunicanti che sostiene la cornice di Les Cinq Diables, è ancora una volta il concetto di famiglia inteso come grumo d’amore, desiderio, violenza e abiezione, a rappresentare il luogo per eccellenza dove può manifestarsi una relazione inconciliabile tra interno ed esterno.

L’ambiente nei film di Léa Mysius è uno spazio già ibrido, dove la natura, nella combinazione tra elementi e mondo animale, preme dai margini della realtà sociale come forza capace di scatenare l’indicibile e l’abietto tra i confini dei codici culturali condivisi.

Cinque diavoli allora come le cinque caratteristiche principali di un’esperienza sensoriale: l’olfatto, i sapori, il tatto, i suoni, la visione. Ad alcuni di questi sensi viene assegnato un ruolo centrale, mentre altre connessioni seguono percorsi più sottili, ma al di là di questo, si cerca di superare la centralità dell’occhio, traducendo gli stimoli dell’energia scopica per investire le reazioni del corpo. Non è un caso che il film offra uno spazio considerevole all’attività mnestica attraverso il potere di viaggiare nel tempo, ovvero la possibilità di essere di nuovo corpo tra le cose. Il viaggio spaziotemporale individua una zona morta tra la verifica esperienziale e la sensazione riemersa dalla spinta menmonica, quella dove si cerca di rimettere nel cuore.

La frammentarietà della scrittura diventa crisi del soggetto inteso come entità unitaria e sconnette la dimensione visibile dell’immagine dalla sua descrizione linguistica, per liberare altre forze in campo.
Vicky segue la madre Joanne nella sua attività come insegnante di acquagym. La relazione della donna con l’acqua è un tentativo di superamento dei limiti corporei a contatto con le qualità primordiali dell’elemento. Prima della sfida di resistenza cronometrata dalla figlia in riva alle acque del fiume alpino dove si immergerà, riceve le cure di Vicky che le cosparge il corpo con un grasso protettivo. Nella vicinanza tattile al corpo della madre, la bimba dona e conserva tessuti, li prepara e li preserva insieme ad altri liquidi organici operando una sintesi alchemica che interroga costantemente la sua azione conoscitiva sulla materia al punto da rendere sempre più sottile la separazione tra gesto che interviene e trasformazione operata.

Questo serpente Uroborico che nutre e trasforma se stesso risiede nelle eccedenze che Léa Mysius descrive sin dai primi cortometraggi. Mentre gli orchi saccheggiano e stuprano i frutti del loro seme, con il quale hanno impastato la calcina su cui si erige l’edificio famigliare, le figlie cercano una combinazione salvifica tra innocenza e consapevolezza fuori da dinamiche oppositive.

La lingua di un cane che lecca un ventre, il contatto con la sostanza viscida di anguille, polpi, licheni, la relazione difficile e fallace con l’atto di guardare, da Cadavre Exquis fino ad Ava riducono l’orizzonte scopico per favorire l’emersione di altri rilevatori sensoriali.

Il personaggio interpretato dalla piccola Sally Dramé è una sintesi della pre-adolescenza raccontata sino ad ora dalla regista. Vicky riassume caratteristiche vicine a quelle di altri personaggi nella relazione profonda con gli elementi minerali e animali. La sua identità sembra caratterizzata da un’ancestrale incarnazione dell’animismo senegalese, prima dell’islamizzazione e della cristianizzazione dell’Africa Subsahariana. Questo le consente di vivere un’esperienza bidimensionale, tra lo sguardo già colonizzato e la libertà di interpretare lo spazio e il tempo mediante un’indicibile vicinanza alla Mater di tutti i principi metamorfici.

La conservazione degli odori, attraverso la miscela di tessuti, liquidi, espulsioni organiche, tracce di un mondo animale che non è possibile addomesticare neanche tra le pareti di una cucina, consentono alla bambina di attivare una psicometria che Léa Mysius traduce con la retorica del viaggio temporale, ma che in realtà mappa le stazioni di un mondo emotivo interiore non ancora genderizzato.
Annusare permette alla bimba di viaggiare nel tempo delle sue stesse origini. E se per lo spettatore queste coincidono con una complessa storia famigliare, per Vicky hanno la qualità di un odore che dischiude altri livelli di realtà.

Se l’occhio, ovvero la visione mnestica descritta come facoltà paranormale, rifiuta il sabotaggio della famiglia naturale incarnato dalla presenza aliena di Julia, l’esperienza olfattiva e tattile sarà l’unica in grado di ricreare nuovi legami. Il viaggio che ci viene proposto è allora quello di una ridefinizione del sistema sociale attraverso una nuova generazione parentale sospesa tra Gaia e Chton, due stratigrafie della terra che rappresentano i frutti e la sostanza infeconda.

La definizione sensoriale dello sguardo attraversa Les Cinq diables con un’attenzione specifica ai tratti somatici, alla destabilizzazione semantica abitata dai volti, all’urgenza del tatto e dell’olfatto, alla violenza inattesa del gesto.

Vicky annusa tutto quello che può gestire del suo e del corpo altrui, ed è annusando che può uscire dalla realtà temporale condivisa. E se Swala Emati e Adèle Exarchopoulos respingono e riplasmano il proprio destino attraverso la supremazia del corpo, il fuoco, che accomuna tutti quanti, è anche segno ininterpretabile sul volto ustionato di Daphne Patakia, fino a quando Nadine, il suo personaggio, non svelerà la sostanza di quella fiamma tangibile.

Nell’intreccio di amori e desideri inappagati, non è importante ricostruire le dinamiche relazionali, non nello spazio critico dove è necessario lasciare spazi da riempire invece di inseguire i cinefili come se fossero deficienti.

Ciò che conta è la sollecitazione che Vicky stessa indirizza verso di noi, quando chiede da dove arrivi l’amore della madre e se preesistesse al suo venire al mondo.

Tra creare e generare c’è allora un abisso che più del sogno Cyborg di Ducournau, trova risposte nell’intenzione vitale dei gesti, improvvisamente convergenti.

Les cinq diables di Léa Mysius (Francia 2022, 95 min)
Interpreti: Adèle Exarchopoulos, Sally Dramé, Swala Emati, Moustapha Mbengue, Daphné Patakia, Patrick Bouchitey
Sceneggiatura: Léa Mysius, Paul Guilhaume
Fotografia: Paul Guilhaume
Montaggio: Marie Loustalot

Les Cinq Diables sarà proiettato oggi alle 21:00 al Cinema Centrale di Milano durante la serata d’apertura del festival Oltre lo specchio uno degli eventi cinematografici milanesi di punta dedicato al lato oscuro del genere: horror, thriller, sci-fi in un’accezione che possa aprire anche orizzonti filosofici, scientifici e politici. I biglietti per il film di Léa Mysius si acquistano da questa parte.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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