Licorice Pizza è la storia di Alana Kane e Gary Valentine e del loro percorso di crescita. Coming of age amorosa nella San Fernando Valley del 1973 con il suono del rock e del pop di quegli anni. Dietro la macchina da presa Paul Thomas Anderson.
Filmato in 35mm è costellato di dialoghi fulminanti, corse a perdifiato, mutazioni dello spazio e del tempo a vista e una serie di vignette ilari e divertentissime che esaltano le ottime performance di Cooper Hoffman e Alana Haim, già parte delle Haim, la band tutta al femminile per la quale Anderson aveva diretto una serie di videoclip, che già erano, come scriveva Michele Faggi nel 2017, una splendida festa collettiva colorata con i toni di Boogie Nights.
Che il film prosegua su questa linea e con una musica migliore rispetto alle pessime Haim, ce lo dicono le recensioni internazionali, mediamente tutte molto positive, a partire dall’autorevole e un po’ spocchioso The New Yorker, che parla di “rara immediatezza” per quanto riguarda la prova dei due attori, capaci di “incarnare gli ardori e l’audacia della gioventù” tanto da consentire a Paul Thomas Anderson di riscoprire non solo la propria, come cineasta, ma lo spirito aurorale del cinema stesso.
Più moderato, ma comunque positivo il giudizio di Variety che circoscrive l’impatto del film ad un bozzetto vintage. Per il Chicago Tribune il film è un soprendente viaggio della memoria, che rimane impresso per potenza visuale.
L’Observer descrive molto bene il senso di leggerezza del film, definendolo come sospeso nell’attimo tra il salto e l’impatto.
Per AV Club il film è un sogno californiano ad occhi aperti che celebra l’adolescenza in modo così forte da spingere indietro ma anche avanti il cinema di Paul Thomas Anderson.
Per The Playlist le idiosincrasie, le follie, il piglio non convenzionale del film rientrano in una incompromissoria ode nei confronti della gioventù. Thomas Anderson invita tutti, anche gli scettici, a partecipare e lo fa perché è il primo a divertirsi sinceramente.
Vulture offre un’analisi più complessa, ma sempre positiva, individuando la feroce amarezza del film nel contrasto tra Alana e Gary e definendo lo sviluppo bloccato della prima e la precocità del secondo, come un’esperienza dolcissima e allo stesso tempo esasperante.
L’Hollywood Reporter, sottolineando il ritorno di Anderson nella San Fernando Valley di Boogie Nights, Magnolia e Punch Drunk Love, rileva il talento della Haim, per il noto quotidiano uno dei debutti più interessanti degli ultimi anni. Più severo di tutti nel giudizio, definisce il film ancorato a deliziosi bozzetti d’epoca di matrice altmaniana, coadiuvati da una manciata di canzoni formidabili (Sonny & Cher, Suzi Quatro, Paul McCartney con i Wings, Bowie….) e dall’eclettismo di Jonny Greenwood per quanto riguarda la colonna sonora. Ma al di là di questo, reputa l’insieme come uno scheletro troppo fragile per sorreggere tutta l’impalcatura del film.
Tra le recensioni più fredde anche quella pubblicata da The Independent. Da una parte si evidenzia come l’inconciliabilità tra infanzia ed età adulta sia un tracciato che PTA segue con grande onestà, mostrandone aspetti che non promanano semplicemente da una gioia incondizionata, ma al contario rivelando proprio quando quel meccanismo può incepparsi. Si inceppa anche il film di Anderson per il critico del quotidiano, soprattutto in una seconda ora più tortuosa e incerta, che perde l’innegabile leggerezza della prima, secondo The Independent ai livelli di Boogie Nights per potenza propulsiva. Questa dicotomia è anche nei personaggi di Gary e Alana, proprio questa infatti veicola lo spirito migliore del film e tiene incollati con la sua presenza incandescente.