A metà degli anni Quaranta a fianco di storie che continuano a narrare l’eroico sforzo di un cavaliere solitario o di un team di eroici in azione si impone un nuovo tipo di romanzo, il racconto di fantascienza, capace di descrivere nel modo più suggestivo possibile le paure che abitano le nostre menti e i mostri che abitano il nostro mondo.
Lo sceneggiatore Andrea Chalupa e la regista Agnieszka Holland lasciano che L’ombra di Stalin si dirami in due direzioni e che una di queste equivalga alla costruzione di un apologo critico nei confronti della società contemporanea.
George Orwell alla macchina da scrivere intento nella stesura de La fattoria degli animali funziona come dispositivo di base su cui costruire la vera storia, quella di Gareth Jones, l’eroe, il cavaliere implacabilmente in lotta la cui vittoria è densa di penosa sofferenza.
Ma riavvolgiamo il tempo, come nel film, siamo nel 1933, un giovane giornalista, arguto e tenace, dopo aver partecipato al raduno del nuovo cancelliere tedesco a Francoforte e aver volato insieme a lui e al suo Ministro per la Propaganda, Goebbels, riflette sulla sua sconcertante ascesa, conclude l’intervista con una frase alquanto profetica, «se questo aereo dovesse precipitare, allora l’intera storia dell’Europa cambierebbe».
Sono le domande senza risposta a mettere in moto l’avventuroso destino di Gareth, a portarlo a Mosca, e poi in Ucraina, nel vecchio villaggio nel quale sua madre faceva l’insegnante. Se la sua impressione fosse giusta e l’Europa fosse sull’orlo di una nuova avanzata, Stalin sarebbe l’uomo su cui poter contare?
È la ricerca spasmodica della verità a muovere ogni passo del protagonista, in una rappresentazione cruda della miseria umana, portando gli spettatori in un viaggio gelido e agghiacciante attraverso l’eldorado staliniano. Sono molte le storie che questo film vuole raccontare: l’ascesa di Adolf Hitler, l’incapacità di vecchi uomini politici di guardare oltre, la carestia consapevolmente progettata dal dittatore sovietico che causò la morte di milioni di persone in Ucraina per riempire le casse dello stato, quando tutti erano in recessione e la disillusione di molti intellettuali come Orwell rimasti senza speranza.
Ma soprattutto la sceneggiatrice, Andrea Chalupa, è determinata nel voler sviluppare un gioco di contrapposizioni eloquente, tra Jones e il resto dei giornalisti, di come fu screditato, abbandonato per aver diffuso una notizia a cui nessuno voleva credere, presentandolo come la persona il cui lavoro è diventato storicamente seminale in più modi.
L’ombra di Stalin raggiunge maggiore solidità e si anima quando passa dal suggerire gli orrori immaginati alla sua rappresentazione, quando con gli occhi di Jones vediamo ciò che si trova davanti, Holland fa in modo che attraverso il particolare risuoni una nota profonda di sofferenza universale, in un panorama spettrale in cui sembra quasi di vedere i morti viventi animati da una fame incessante di George Romero.
Qui la regista polacca gestisce in modo superbo il suo dramma, sviluppando una critica organica ed esplicita. In questo stato di emarginato per scelta, di sopravvissuto trova finalmente spazio anche l’appassionato impegno di James Norton, nell’interpretazione dell’impavido Jones.
L’ombra di Stalin di Agnieska Holland (Mr Jones, Polonia, GB, Ucraina, 141 min)
Interpreti: Vanessa Kirby, James Norton, Kenneth Cranham, Peter Sarsgaard, Joseph Mawle
Sceneggiatura: Andrea Chalupa
Fotografia: Tomasz Naumiuk
Montaggio: Michal Czarnecki
Musica: Antoni Lazarkiewicz