“L’uomo può vivere nella natura selvaggia senza sentirsi isolato? Qual è il confine tra utopia e follia? Si può spremere la vita sino all’ultima goccia senza perdere entusiasmo e fantasia? Di che colore sarebbero le piante se il nostro sole fosse una stella blu?” (Stefano Cattini)
Sessantasette minuti di cinema rarefatto, documentario, non -fiction, come il titolo si preoccupa di chiarire, pensato come visione di mondi interiori in simbiosi con l’ambiente naturale. Un racconto sull’amore, ma dell’ amore non ha bisogno di raccontare né usare le parole.
L’amore in L’ora blu – Un racconto non-fiction sull’amore è la sostanza stessa delle cose, dei gesti, delle scelte e dei legami che tengono insieme ciò che, altrimenti, schizzerebbe lontano, risucchiato dal vuoto. E’ guardare con un solo sguardo la cosa e il suo senso, l’aspetto sensibile e ciò che è di là dal sensibile.
Un modello d’amore così inteso sono Irma e Ilario, una coppia vicina agli ottanta. Hanno scelto di rifondare la propria vita in un piccolo angolo della Maremma grossetana, dopo una vita di lavoro a Milano. Per lei è stata la passione per i cavalli, in Maremma è ancora possibile vivere con loro allo stato brado, cavalcare lungo i sentieri fra gli alberi, sentire le foglie e i rami secchi crepitare sotto gli zoccoli. Il cavallo ti porta nella natura, dice la donna. L’Argentina, il primo amore di chi ama i cavalli, è troppo lontana dalla famiglia. Tre figli con le loro vite (il loro nuovo “branco”, così lo chiama Ilario) sono presenze importanti.
Ilario, ex ingegnere, nel bosco continua a costruire. E’ il suo “villaggio nascosto”, dove le casette si animano di notte come nelle favole, e il Barone Rampante, il Capitano Nemo, una disposizione particolare di alberi che chiama Trimurti, ispirano forma della costruzione e orientamento delle finestre.
Una serena meditazione sulle ragioni per vivere, quella di Irma e Ilario, una coppia che si è lasciata alle spalle città e persone, abitudini e, forse, nevrosi, una vita vissuta con pienezza ma ora archiviata per andare verso nuove scoperte. Hanno cavalli, un pezzo di bosco, animali da cortile, vivono l’uno in un ex container della protezione civile, l’altra in un carro roulotte. Nuove case fatte di pittoresco caos dove hanno portato le reliquie che contano, un pianoforte, libri, arredo essenziale. Infine, tanto silenzio a riempire le stanze per lasciar posto alle voci della natura e ad abitudini di convivenza semplice, antica e necessaria.
Non c’è bisogno di sapere altro di loro, non devono diventare icone di una vicenda esemplare. Quello della coppia non è il buen retiro in fuga dalla città, l’immersione nel selvaggio con spregio programmatico della civiltà. Irma e Ilario dichiarano in un modo non esibito, squisitamente semplice, la propria fedeltà alla vita, ora capace di concedersi le possibilità della vecchiaia: il tempo riconquistato, lo spazio della lentezza, un’attenzione inedita a tutto.
L’ora blu di Stefano Cattini, vincitore del premio come miglior opera italiana al Festival dei Popoli di Firenze 2012, 53esima edizione, torna a chiamare le cose col loro vero nome e a rendere visibile il mondo attraverso l’immagine, liberandolo del superfluo e portando in superficie territori dimenticati del vivere. Irma e Ilario sono eroi-etici di un modello di integrazione uomo-natura pienamente realizzato, e il cinema ne afferma la legittimità aderendo con le sue risorse linguistiche alle loro scelte esistenziali. Caratteri opposti e complementari, Irma è risoluta e impulsiva, Ilario meditativo e paziente.
Di poche parole e modi sbrigativi lei, piacevole conversatore lui, ironico e romantico insieme, un simpatico ever green dotato di fantasia creativa e abilità manuale, che si aggira con carriole per le sue colatine di cemento e la sera siede al piano a suonare Schumann o Bianco Natale. Cuore pulsante di tutto è la natura, che esibisce i suoi rumori, ritmi, luce e colori in una delimitazione spazio-temporale del visibile la cui risultante è fusione armonica di parti altrimenti sconnesse e deliranti. Rinegoziare ogni volta il patto di convivenza uomo/uomo e uomo/natura, questo arriva a noi come messaggio.
Singolare riflessione sui valori di un vivere insieme fatto di amore che non ha più bisogno di gesti o parole per auto-certificarsi, lascia spazio solo allo stupore, che Cattini condensa in riprese che segmentano spazi e situazioni per poi ricomporli in quell’unità precisa che favorisce una comprensione più profonda.
La colonna dei rumori, quella del dialogo e della musica, la “musica blu” alla chitarra di Gualtiero Venturelli e Luca Gabrielli,si fonde con le riprese visive, ci si immerge con Irma e Ilario in una dimensione che sentiamo vera, possibile, con quel giusto pizzico di follia necessaria perché la vita continui ad affermarsi contro la morte.
“Di che colore sarebbero le piante se il nostro sole fosse una stella blu?” Se lo chiede Ilario, e la domanda esorcizza ogni maldestro tentativo di fare di una vicenda molto umana un simbolo o un mito. Non sei gli altri, e ti ritrovi ora/ centro del labirinto/ che i tuoi passi/ ordirono. L’ineluttabile visione di Borges trova nella follia giusta dell’uomo il filo per non perdersi in quel labirinto.
L’edizione ad alta definizione che CG Home Video propone, ottima nella resa cromatica e nel mix della colonna sonora, contiene, fra gli extra, un’ampia sezione dedicata agli incontri con il regista, i musicisti e i due protagonisti. Il ricco repertorio di interventi offre uno sguardo dettagliato sulla vicenda, fornendo riferimenti collaterali alla costruzione del film e illuminando con efficacia le scelte di regia. Di particolare interesse la sezione dedicata alla creazione della colonna sonora, affidata alle chitarre di Gualtiero Venturelli e Luca Gabrielli.