Un gruppetto di fuorilegge esce dallo spazio marginale in cui opera, per confondersi nella vita della comunità cittadina. Il pacifico e inetto sceriffo locale non rileva la minaccia, ma sarà sostituito nelle sue funzioni da un uomo apparentemente tranquillo, la cui doppia vita è tenuta insieme dall’impossibilità di elaborare l’essenza più dolorosa del lutto. Solo lui potrà ingaggiare una lotta feroce per salvaguardare a colpi d’arma da fuoco l’innocenza di un paese attraversato dalla morte.
Dello script elaborato inizialmente dal giovane sceneggiatore di Belfast Mark McNally e successivamente condiviso con un veterano come Terry Loane, Robert Lorenz apprezza subito l’essenzialità western, molto simile a quella del suo precedente film come regista.
Ai tagliagole del cartello che bucano, letteralmente, il confine tra Messico e Arizona si sostituiscono i terroristi dell’IRA in fuga verso Donegal dopo un attentato finito male.
Il ranchero di The Marksman difende l’innocenza di un piccolo clandestino riesumando il suo passato da marine e l’agilità con le armi. Il libraio tranquillo ed etilista di In the Land of Saints and Sinners espia una seconda vita come killer a contratto, per proteggere una bimba dalle attenzioni morbose di uno dei terroristi. Entrambi interpretati da Liam Neeson sono vedovi, senza speranza in Dio o nel governo. Irredenti cercano una forma di riscatto proteggendo i più deboli e combattendo con una malattia troppo umana che li divora interiormente.
Il confronto con chi ha scelto la via della violenza è in entrambi i film attraversato dalla vibrante vertigine della vendetta, ma se in The Marksman il leader del cartello non ha mai avuto la possibilità di scegliere, Doireann, la donna a capo della cellula IRA, è trasfigurata da un fuoco ideologico che si confonde con l’ingiustizia sociale in cui è sprofondato Curtis, il fratello da vendicare.
Ciò che allora rende In the Land of Saints and Sinners un film nettamente superiore al precedente di Lorenz, al di là degli identici inneschi drammaturgici, è il modo in cui si avvicina con maggiore asciuttezza e crudeltà ad alcune lezioni di Clint Eastwood, autore che ha prodotto per più di vent’anni.
La tensione tra ciò che minaccia la comunità e le azioni che potrebbero metterla in salvo, passa attraverso l’immagine allo specchio di due Unforgiven. Non mendicano il perdono, ma cercano di dare un senso all’ineluttabilità della dannazione da opposte prospettive.
Finalmente anti-apologetico anche nel tentativo di scarnificare l’immagine, Lorenz organizza lo spazio come un teatro di guerra, dove la ricchezza interiore dei personaggi viene determinata dalla loro capacità di agire e di forzarne i limiti, dai corpi contro il paesaggio, alla natura che rivela i gesti di un uomo tranquillo e svela la mano che genera morte.
Gli alberi che Finbar pianta nel paesaggio irlandese dopo ogni esecuzione prezzolata, trattengono l’elemento simbolico e il suo disinnesco. Lo sguardo di uno dei condannati su quella distesa piantumata rivela una feroce ironia, mentre la prospettiva lucidamente disperata che si oppone al fuoco mistico di Doireann, nella collisione trasforma una chiesa in uno spazio diversamente sacro.
Nell’asimmetria tra l’illusione di Dio e la sua assenza, si realizza una sovrapposizione potente tra due ribellioni.
Ed è una dimensione che fortunatamente tiene fuori qualsiasi ruminazione sul conflitto nordirlandese, restituendo quel senso di spaesamento, come condizione ineluttabile di chi si trova in una zona di conflitto, che forse era emerso con la stessa malinconia e il medesimo senso della perdita in un film di James Marsh.
[foto fornite da ufficio stampa ManzoPiccirillo ]
L’ultima Vendetta di Robert Lorenz (In the land of saints and sinners – 106 min USA 2023)
Interpreti: Liam Neeson, Kerry Condon, Jack Gleeson, Ciarán Hinds, Desmond Eastwood, Sarah Greene, Colm Meaney, Conor MacNeill, Seamus O’Hara, Niamh Cusack, Tim Landers, Laura Hughes
Sceneggiatura: Mark Michael McNally e Terry Loane
Fotografia: Tom Stern
Musica: Lionel, Diego e Nora Baldenweg