Atterrato all’aeroporto di Bologna nel tardo pomeriggio di Giovedi 21 Giugno, Martin Scorsese ha presentato il suo “Toro scatenato” davanti una Piazza Maggiore gremita di fan e cinefili. L’occasione della sua presenza è la 32esima edizione di “Sotto le stelle del cinema”, film festival dell’immagine ritrovata organizzato dalla Cineteca di Bologna. 50 serate di proiezioni gratuite davanti lo schermo all’aperto più grande d’Europa.
Prima di prendere la parola, il regista viene invitato a salire sul palco dal direttore della cineteca Gian Luca Farinetti, che gli dedica una “lettera d’amore” come ringraziamento per il sostegno ai laboratori di restauro de “L’immagine ritrovata” della cineteca con cui da anni Scorsese collabora.
“È nato tutto grazie a Robert De Niro”, comincia cosi il regista. “É stato lui a scoprire l’autobiografia Raging Bull: My Story” spiega Scorsese. “Io e De Niro avevamo già girato Taxi Driver e New York, New York, ma per una serie di ragioni ero convinto che non avremmo mai più lavorato insieme, ma lui insisteva perché facessi questo film”. “Gli anni di Toro scatenato” continua il regista “sono stati gli anni più difficili della mia vita, diedi tutto me stesso per questo film e soltanto dopo tre anni, oltre che ad essere ancora vivo, ho capito realmente cosa De Niro vedesse in quel personaggio”.
Per una serie di ragioni, il soggetto stesso del film non piace a Scorsese, in primo luogo la sua distanza dallo sport. “Non sono mai stato uno sportivo, soffrivo d’asma da quando ero piccolo e non ho mai potuto fare niente. Sulla boxe sapevo davvero poco”. “L’unica soluzione per girare questo film era pensare come un boxeur. Decisi infatti di tenere la macchina da presa dentro al ring, volevo immedesimarmi negli atleti, volevo vedere ciò che vedevano loro. Lo stesso metodo che poi ho utilizzato per The Band, quando ho ripreso tutto dal palco per mostrare la relazione tra i musicisti”.
Le immagini in bianco e nero di Toro scatenato sono state il frutto di riprese interminabili e soluzioni tecniche innovative. “Michael Chapman mi è stato di grande aiuto nella realizzazione del film, abbiamo lavorato a strettissimo contatto sulla velocità di proiezione al secondo, sui rallenty e su tutto il linguaggio cinematografico per arrivare a quello che volevamo raccontare. Ci sono volute almeno dieci o undici settimane per girare le scene di combattimento che nel film durano solo nove minuti”.
Oltre che all’aspetto tecnico Martin Scorse non dimentica di sottolineare l’importanza della recitazione di Robert De Niro (premiata con l’Oscar al miglior attore protagonista). “Ha dato una prova di recitazione straordinaria, avrete visto tutti come Jake LaMotta prende peso nel film: Bob ha insistito perché voleva essere lui stesso a ingrassare, rifiutando ogni tipo di trucco”. “Abbiamo ripreso per un centinaio di giorni poi abbiamo fatto una pausa di sei mesi durante i quali Bob ha preso trenta chili.”
Dopo aver ricordato Jimmy Nickerson, il fedelissimo stuntman del film deceduto soltanto qualche giorno fa, il cineasta -accompagnato da un lungo applauso- si allontana dal palcoscenico per sedersi ad osservare ancora una volta la celebre ed iconica danza nella sequenza iniziale di “Raging Bull”.
Sabato 23 GiugnoIl regista sale nuovamente sul palco de ” il Cinema sotto le stelle“, dopo aver tenuto già nel pomeriggio una lezione di cinema presso il teatro comunale di Bologna in compagnia di Matteo Garrone, Valeria Golino, Alice Rohrwacher e Jonas Carpignano.
Una serata particolarmente importante per la Cineteca di Bologna che ospita sul palco uno dei più importanti sostenitori dei laboratori de “Il cinema Ritrovato e l’Immagine Ritrovata“.
Enamorada (film diretto dal regista Emilio Fernandez, 1946) rinasce grazie a Martin Scorsese, che per la prima volta viene mostrato al pubblico in tutta la sua interezza, con una qualità del bianco e nero sorprendente.
“È un tributo all’amore” comincia così il regista presentando l’opera, “ambientato durante la rivoluzione messicana, racconta di un amore impossibile tra il generale dei ribelli e una señorita figlia di un ricco proprietario terriero”. Il regista Emilio Fernandez vive in prima persona questa storia: lui stesso ha lottato durante la rivoluzione messicana. Catturato ed imprigionato, nel 1923 riesce a rifugiarsi a Chicago ed inseguito a Los Angeles, cominciando a far parte del giro di attori messicani che vivevano a Hollywood. Tra le varie personalità c’è Dolores Del Rio, sposata con il grande scenografo Cedric Gibbons, al quale fu assegnato il compito di progettare la statuetta degli Oscars. “Pare che sia stato proprio Fernandez a posare per lui e a dare la forma alla statuetta che noi tutti oggi conosciamo” racconta così Scorsese per poi passare ai ringraziamenti. ”Un grazie speciale alla Cineteca di Bologna e ai laboratori dell’Immagine Ritrovata per permetterci oggi di osservare per la prima volta la pellicola dopo il restauro con il digitale a 4k direttamente dalla pellicola 35mm.“