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Médecin de nuit di Élie Wajeman: recensione

Concentrato in una notte e sospeso sul crinale tra legalità e illegalità delle città proibizioniste, Médecin de nuit, terza fatica per Élie Wajeman, è capace di vibrare profondamente. Il film si può vedere da oggi insieme alla selezione di MyFrenchFilmFestival 2022, il più antico festival online di Cinema Francese, disponibile su piattaforma anche con i sottotitoli italiani. Leggi la nostra recensione

È un tour de force intensissimo per Vincent Macaigne il terzo lungometraggio di Élie Wajeman.
Il regista francese porta alle estreme conseguenze le dinamiche famigliari che attraversano tutti i suoi film e in un certo senso produce una versione contemporanea e notturna di Alyah, il suo lavoro d’esordio.

Entrambi mettono al centro figure maschili costrette a forzare i margini delle convenzioni sociali, dove il confine tra legalità e illegalità codifica i limiti stessi delle comunità in cui si trovano ad agire.

Nella Parigi del nuovo film, Macaigne è Mickaël Kourtchine, medico che abita completamente la notte per fornire soccorso agli anziani, ai derelitti e ai tossici della metropoli. Con quest’ultimi instaura un rapporto diretto, superando ogni forma di pietismo. Wajeman sovrappone chiaramente due percezioni, quella statale che pone un limite alla somministrazione di Subutex, un oppioide che ha salvato molte vite cadute nel gorgo della dipendenza e quella criminale, dove il traffico di farmaci letali scorre nelle arterie della città.

Lo sguardo vitreo, a tratti durissimo della morfologia urbana e della mutazione che subisce durante le ore notturne, avvicinano il peregrinare di Mickaël al girare a vuoto dello scorsesiano Paul Hackett, ma senza la sovrapposizione tra commedia e tragedia generata dalla dimensione situazionale che muove After Hours.

Wajeman, pur riferendosi esplicitamente a quel cinema apolide statunitense, da Scorsese a James Gray, cuce il rimario di un’elegia prettamente francese, cogliendo l’incertezza di un uomo sospeso tra etica del lavoro e l’unico individualismo spendibile in una giungla senza alcun controllo.

Eppure riesce a ribaltare streotipi e percezioni più comuni individuando il male all’interno del sistema inquadrato dalle regole comunitarie, mentre scorge una luce di profonda lealtà nello sguardo e nelle azioni delle figure immerse nell’ombra.

Scopre certamente le carte, mentre evidenzia la relazione fraterna tra Mickaël e Dimitri, il cugino farmacista interpretato da Pio Marmaï i cui debiti lo spingono verso il traffico illegale di Fentanyl, ma il confronto non è mai simmetrico e quello che la città sembra vomitare sono relitti e conseguenze di una cultura proibizionista che regola tutti i mercati, visibili e sotterranei.

Médecin de nuit allora diventa un film di continue entrate e fughe da numerose microrealtà, dove la città è corpo dolente, quasi incurabile, se non esercitando una forza titanica per uscire indenni dalle insidie della notte.

Insieme alla notevole prova di Macaigne, Wajeman trova una dimensione fisica che sposta l’attenzione antropologica verso il ritratto ravvicinato di un individuo che non riesce più a scegliere tra l’oscurità e la vita diurna. I volti che incrocia, in una concitata corsa per la propria salvezza, abitano fuori dal contratto sociale, delimitando una personale visione della realtà che risponde ad altre regole di sopravvivenza.

Sospeso tra i due mondi, Mickaël riesce a scorgere quel punto capace di generare un cortocircuito tra apparenza e società, indicibile secondo la prospettiva che obbliga a disvedere altre stratificazioni, rispetto al vivere quotidiano.

Ecco che la sua vita si rivela colma di infrazioni e tradimenti. Subiti ed agiti, restituiscono la schizofrenia della città, luogo davvero mostruoso, dove il benessere comune vomita e schiaccia nei recessi i cittadini più deboli.

Del noir metropolitano Wajeman isola alcuni elementi, per moltiplicarli nella trasfigurazione notturna. La figura di Sofia, interpretata da una splendida Sara Giraudeau, quasi sempre sorpresa tra euforia e profondo dolore, concentra su di se i tratti di un’anti-eroina allo sbando. Tra i sogni post-universitari completamente infranti e il desiderio per due uomini diversi, occupa il posto della femme fatale senza l’energia distruttiva di quelle figure, ma incarnando un’apatia generazionale alla ricerca di un’impossibile manifestazione della meraviglia.

Il suo volto, insieme a quello senza pace di Macaigne, costituisce il cuore di questo piccolo film concentrato in una notte e capace di vibrare profondamente.

Médecin de Nuit si può vedere da questa parte, sul sito della dodicesima edizione di MyFrenchFilmFestival per 1,99 Euro con i sottotitoli in Italiano.
Disponibile anche un pacchetto da 7,99 Euro per vedere tutto il programma.

Medecine de Nuit di Élie Wajeman (Francia, 2020 – 68 min)
Interpreti: Vincent Macaigne, Sara Giraudeau, Pio Marmaï, Sarah Le Picard
Sceneggiatura: Agnès Feuvre, Elie Wajeman
Fotografia: David Chizallet

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Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.
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