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Medusa di Anita Rocha da Silveira: recensione #Cannes2021

Medusa, science-fiction allegorica diretta da Anita Rocha da Silveira e vista a Cannes nella sezione Quinzaine des Réalisateurs. La recensione

Secondo Ovidio la grazia e la bellezza di Medusa avevano attratto Poseidone, il Dio del mare. Il desiderio di quest’ultimo fu fatale per la povera fanciulla che si vide trasformata da Atena in un mostro che nessuno avrebbe più osato guardare in viso.

Anita Rocha da Silveira, giovane regista brasiliana, al suo debutto al Festival di Cannes, nella sezione Quinzaine des Réalisateurs, si lascia ispirare dal mito greco per raccontarci una storia audace, intrecciando fra di loro diversi generi.

Descrive una terra sconvolta dal fanatismo religioso, da una struttura fortemente e brutalmente patriarcale, in cui la manipolazione e l’oppressione sono gli strumenti narrativi per eccellenza utilizzati da una guida religiosa senza scrupoli. Lui sa come sono andati i fatti e per questo si colloca su un piano morale superiore, i suoi adepti devono essere istruiti, illuminati e guidati verso la verità, una verità nettamente dicotomica. O con noi o contro di noi.

Mariana di giorno lavora in una clinica e di notte si aggira per le strade con la migliore amica Michelle e la loro banda di brave cristiane per picchiare e costringere qualunque donna cammini da sola ad accettare Gesù nella propria vita.

Un’inquietante maschera bianca copre i loro volti. Mariana durante un assalto viene ferita, la sua guancia è attraversata da un taglio, non è più perfetta, come le altre, sente un vuoto, un senso di abbandono, la sua purezza è stata compromessa.

Dentro di sé cerca un modo per essere riabilitata, vuole scovare Medusa, la donna da cui tutto ebbe inizio. Molti anni prima la sua città era in mano a biscazzieri, peccatori e viveur, a quel tempo c’era Melissa, un’attrice, ballerina che viveva la sua vita liberamente fin quando in un bar, per Carnevale, fu vittima di un mostruoso incidente, una donna con il volto mascherato le si avvicinò e diede fuoco al suo viso con una tanica di benzina.

Di Melissa non si seppe più niente. Questo “angelo” vendicatore in qualche modo cambiò la situazione, ristabilendo l’ordine. L’indagine che Mariana conduce la porta in una clinica specializzata, dove dimorano sole persone in coma, «quasi nessuno si sveglia e quasi nessuno muore». Sarà questo luogo illuminato con crescente inquietudine da João Atala, direttore della fotografia, ad avere conseguenze inaspettate sulla sua ricerca, facendo emergere i suoi desideri più inconsci, osteggiati, marginalizzati e repressi dalla sua comunità.

Anita Rocha da Silveira rompe costantemente la quarta parete e lo sguardo silenzioso di Oliveira, che interpreta Mariana, attraverso la camera diventa uno sguardo che sa aprirsi al mistero, dalla compiaciuta sicurezza iniziale, al dubbio, all’incertezza fino alla paura quando il suo universo come unica unità statica si sbriciola di fronte ai suoi occhi, pronta ad acquisire una nuova consapevolezza.

La divinità patriarcale così pervasiva da rendere tutti completamente insensibili al pensiero critico cade sotto il clamore e un travolgente raptus carico di un rinnovato senso di libertà.

Medusa di Anita Rocha da Silveira (Brasile 2021, 127 min)
Interpreti: Mari Oliveira, Lara Tremouroux, Joana Medeiros, Felipe Frazão, Thiago Fragoso, Bruna G, Bruna LinzmeyerB
Fotografia: João Atala
Montaggio: Marilia Moraes
Musica: Bernardo Uzeda e Anita Rocha da Silveira

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Laureata nelle discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo, ha frequentato un Master in Critica Giornalistica all'Accademia d'arte drammatica Silvio D'Amico e una serie di laboratori tra cui quello di scrittura cinematografica tenuto da Francesco Niccolini e Giampaolo Simi. Oltre che con indie-eye ha collaborato e/o collabora scrivendo di Cinema e Spettacolo per le riviste Fox Life, Zero Edizioni, OUTsiders Webzine
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