martedì, Novembre 5, 2024

Molière in bicicletta di Philippe Le Guay: l’attore allo specchio

Forte è il suo sdegno quando sente recitare l’opera di Molière senza la fedele realtà timbrica e tonale del testo e la giusta pronuncia degli alessandrini – di contro al costante tentativo di Gauthier di modernizzarlo, azzardando anche un esercizio da metodo Strasberg, inefficace quanto ridicolo –. Il suo totale distacco dal mondo e la delusione verso i suoi simili lo porteranno anche a meditare e portare quasi a termine una vasectomia, spinto dalla volontà di non mettere al mondo un altro essere umano, ma anche metafora della sua totale rinuncia alla creazione, e di riflesso alla recitazione. Sarà l’aprirsi improvviso di uno spiraglio di felicità (l’incontro con Francesca) a portarlo a declinare la drastica decisione. Serge è quindi un vero e proprio misantropo, ed il suo fedele legame con l’opera di Molière rafforza il filo rosso dei personaggi come quello della storia dell’uomo.

Ma Molière in bicicletta è anche una rappresentazione en abyme del ruolo dell’attore in conflitto con realtà e finzione. Si potrebbe dire che è la messa in scena di una finzione all’interno di una finzione. Un intreccio tra le dimensioni, che finisce col fonderle e confonderle. Gauthier e Serge sembrano dialogare alternando il testo di Molière alle loro battute (che, uscendo dalla dimensione diegetica, sono altrettante battute di un testo cinematografico). Un interrogativo sulla natura dell’uomo e del suo ruolo nella storia, consolidato da un esacerbante finale che riflette il finale indefinito del Misantropo, come indefinito è il destino dell’essere umano.

Ritornando quindi alla querelle tra i due grandi attori che si interrogavano sulla natura del testo di Molière, si potrebbe concludere che la serietà sia fondata e garantita dalla comicità, e viceversa; come il film di Le Guay mantiene un tono e una cornice comica che collide con il finale tragico, in cui le due figure: Gauthier, sul palcoscenico davanti alla platea piena, bloccato da una battuta che non riesce a concludere e Serge, sulla spiaggia fredda e deserta, che recita in solitudine e con estremo pathos la stessa battuta, restano bloccate dal loro intimo malessere, incastrati in quelle realtà incomplete e destinate e rimanere tali.

D’altronde sono tanti gli elementi che rimandano a tale impossibilità di congiunzione e di completezza, cause della costante insoddisfazione. Il personaggio di Francesca (Maya Sansa), perviene a tale effetto. Condivisa e desiderata dai due, ognuno a modo suo, finirà però col cedere all’amore fisico con Gauthier rinunciando a quello spirituale con Serge, assurgendosi così anch’ella a personaggio tragico, incastrato nell’incompletezza, misantropa a sua volta. Sembra proprio non esserci via di scampo, in una vita che, seppur dal cammino comico, finirà ineluttabilmente ed inesplicabilmente con un epilogo tragico.

Andrea Schiavone
Andrea Schiavone
Andrea Schiavone, appassionato di cinema ha deciso di intraprendere studi universitari in ambito cinematografico. Laureatosi in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza di Roma ed attualmente studente magistrale in Cinema, Televisione e New Media alla IULM di Milano.

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