La Comic Ton commissionò “Ludwig B.” a Tezuka, sulla scia del successo di “Buddah“, la grande epica finzionale dedicata a Siddhartha Gautama e serializzata per più di dieci anni. Le pubblicazioni della biografia a fumetti dedicata a Ludwig Van Beethoven, cominciate nel giugno del 1987, si interruppero nel febbraio di due anni dopo per la morte del grande mangaka. L’opera, progettata per raccontare il percorso artistico del compositore tedesco fino alla maturità, diventa l’ultimo incompleto lascito dell’artista giapponese, fermandosi bruscamente al racconto di un Beethoven ancora giovane.
L’occasione per lavorare a “Ludwig B.” ha origini stratificate. Sicuramente amato da Tezuka, Beethoven non era nei suoi progetti iniziali, fino a quando il Ministero Degli Affari Esteri giapponese non gli chiese di partecipare ad una conferenza allestita a Nancy, in Francia. L’occasione per visitare il vecchio continente era a portata di mano e Tezuka arrivò sino a Vienna, città adottiva per il compositore di Bonn, che a partire dai 22 anni di età, ci si trasferì stabilmente, vivendoci per 35 anni fino al giorno della sua morte, nel 1827. Tezuka ebbe modo di visitare moltissimi luoghi commemorativi fino a sfiorare il pianoforte di Ludwig, conservato nella sua vecchia stanza.
Pubblicato tre anni dopo rispetto al successo globale di “Amadeus”, il film di Milos Forman sulla vita e gli eccessi di Mozart, “Ludwig B.” segue forse la stessa libertà anti-apologetica, ma per quanto si sia fatto spesso questo parallelo, è del tutto fuori luogo se si considera l’attitudine consolidatissima di Tezuka alla sperimentazione narrativa, capace di mettere insieme in modo selvaggio Storia, racconto sociopolitico, satira, comicità dirompente e un complesso discorso sugli abissi dell’animo umano, nella sua relazione tra umano e non umano, organico e inorganico, animale e razionale, lungo più di 40 anni di carriera.
Non è certo la verosimiglianza né tantoméno l’accuratezza storico-biografica a interessare l’autore giapponese, quanto la descrizione di un personaggio complesso, definito anche attraverso i continui sconfinamenti da un registro all’altro, incluso quello della fantasia più furibonda. Vengono in mente certi eccessi degli anni settanta, decennio che rappresenta anche per Tezuka occasione di invenzione creativa, oltre al lavoro “rigorosamente” fuori dai margini di Ken Russel nella riscrittura di biografie illustri, da Mahler a Valentino; un accostamento che può trovare alcuni elementi concreti di analisi, nella volontà chiarissima di Tezuka di visualizzare la musica e la furia compositiva, con un’ardita e visionaria concezione strutturale delle vignette, che spesso più della parola, determinano la distruzione delle convenzioni narrative, come accade nel cinema del regista britannico.
L’incipit getta da subito le basi per un’elaborazione quasi esoterica del racconto, con un pavone, animale simbolico che rappresenta le numerose qualità dello spirito. L’uccello, di proprietà del duca di Kreuzstein, spaventa la consorte del nobile con il suo verso stridulo, durante una difficile gravidanza. Lo shock causerà la nascita prematura del giovane Franz e la morte della madre. Il duca, accecato dalla rabbia e dal dolore, abbatterà a fucilate l’esile pavone, il cui nome è Ludwig.
Cresciuto nell’odio e nel risentimento, il giovane Franz svilupperà un’irrazionale avversità verso tutti quelli che si chiamano come l’odiato volatile, fino ad incrociare la vita del giovanissimo Beethoven, nato nel 1770, otto anni dopo il figlio del casato Kreuzstein.
Tezuka introduce il personaggio di un vero e proprio “villain”, forza distruttiva che renderà impervia l’affermazione di Ludwig Van Beethoven, fino a determinare i primi accenni di sordità a causa di una violenta bastonata sull’orecchio sinistro.
Franz Kreuzstein, figura sempre più evanescente e risucchiata dal vortice della storia, più della classe sociale a cui appartiene, rappresenta il dischiudersi di una forza oscura e negativa, arroccata certamente ad una serie di privilegi prossimi alla disgregazione, ma senza alcun riferimento specifico. Nel personaggio si concentrano una serie di avversità che contrastano l’ansia di libertà di Ludwig, fino ad un’evoluzione che sembra interpretare più lo spirito dei tempi che la caratterizzazione di una psicologia complessa.
Tezuka non si attarda troppo sull’interesse di Beethoven per le idee repubblicane, tanto da dedicargli il giusto peso nel corso di un racconto che intreccia, senza soluzione di continuità, riferimenti Storico-biografici con l’invenzione più selvaggia.
Se il contesto famigliare in cui cresce Ludwig Van Beethoven è descritto con cura ed equilibrio, incluso il complesso e doloroso rapporto con il padre alcolizzato, il ruolo di alcune figure marginali nella vita del musicista tedesco, viene amplificato in forma simbolica o paradigmatica. É il caso di Eleonore von Breuning, quella che probabilmente è la prima passione amorosa per Ludwig, conosciuta mentre giovanissimo a Bonn, aveva accesso alla casa della vedova Helene Von Breuning, per offrire lezioni di piano ai figli. Tezuka sottolinea il valore centrale della famiglia, anche nel supportare economicamente i primi spostamenti di Beethoven verso Vienna, ma non sviluppa il tema dell’amicizia tra il musicista e Stephan von Breuning, relazione di stima che durerà per tutta la vita. Eleonore assume al contrario una posizione centrale, perché serve al mangaka per descrivere in modo chiaro e brillante la relazione controversa e difficile di Beethoven con l’amore e le figure femminili, raccontando un sentimento trattenuto, spesso relegato fuori dal suo ordine di valori, completamente dedicato all’espressione di quelle energie spirituali che lo conducevano verso la musica.
Ecco che su questo tema della seduzione respinta Tezuka si inventa una serie di fantasie irresistibili, tra cui quella dell’incontro con Mozart, mai avvenuto nei termini in cui lo immagina l’autore giapponese.
Ospite a casa del musicista austriaco per alcuni giorni, viene assalito da una libertina Constanze Mozart, che gli propone il calore trasgressivo del letto, mentre Ludwig arretra inorridito. Viene in mente lo spirito estremo e pop con cui ancora Ken Russell descrive le attitudini di Pëtr Il’ič Čajkovskij ne “L’altra faccia dell’amore”. Se la capacità di Russell nel rispettare la filologia di eventi poco conosciuti, si è rivelata straordinaria proprio quando riusciva a sottrarre in modo feroce qualsiasi appiglio alle convenzioni rigorose e ingessate del cinema di ambientazione, il gioco di Tezuka non è in questo senso dissimile, proprio nell’amplificazione di alcuni elementi biografici, anche quelli meno conosciuti, per elaborare una libera variazione, la cui sostanza si rivela come squisitamente musicale.
Ecco che Constanze, Eleonore, ma anche il lungo episodio centrale che racconta l’odissea di guerra per Franz Kreuzstein, tra l’esercito dell’ordine asburgico e quello dei repubblicani francesi, sono digressioni che possono apparire eccessive solo se non si conosce l’abilità di Tezuka nel manipolare materia incandescente, per renderla “popolare” proprio nella direzione di contaminarne i confini.
Difficile capire quale fosse il disegno complessivo del grande mangaka, anche nell’evoluzione del rapporto tra Franz e Ludwig che proprio a fine volume raggiunge l’apice e l’allusione ad una possibile svolta.
Quello che rimane è una straordinaria opera visuale, capace di raccontare la relazione di un uomo con la musica, come scaturigine di ogni forma di realtà, conosciuta e sconosciuta.
Lo slancio e l’afflato mistico celebrato dalla Quinta Sinfonia, ritorna di tanto in tanto tra le pagine di Tezuka, nel tentativo di rappresentare il conflitto costante tra spirito e natura, dovere inderogabile e tentazioni istintive. In virtù della sua incompletezza “Ludwig B.” vibra ancora entro questa incertezza, del resto molto vicina all’universo dell’artista giapponese; un’incertezza senza alcuna possibilità di conciliazione tra luce ed energie oscure.
Osamu Tezuka (Collana Osamushi)
J-POP Manga – BD Edizioni
488 Pagine