L’ammirazione di Stanley Kubrick per Osamu Tezuka è documentata da una lettera inviata dal grande regista americano al dio del Manga il 9 gennaio del 1965. L’offerta di fare da art director per “2001: Odissea Nello Spazio” fu gentilmente e diplomaticamente declinata dallo stesso Tezuka. “Mela Meccanica” è una raccolta antologica pubblicata nei primissimi anni ottanta all’interno di un progetto più vasto che comprendeva l’opera completa del mangaka e che in questo caso particolare metteva insieme una serie di storie per adulti pubblicate su riviste diverse tra il 1968 e il 1973. È probabile che l’esplicito riferimento al romanzo di Anthony Burgess “A Clockwork Orange”, porti con se anche l’omaggio nei confronti di Kubrick. Temi come la relazione tra scienza e istinto, la macchina bellica sospesa tra razionalità e follia, il fallimento delle controculture, recuperano alcuni degli elementi centrali nella carriera del grande fumettista, ma sembrano anche una sintesi delle principali ossessioni Kubrickiane.
Un’altra suggestione parallela favorita dalla cornice antologica è l’involucro dei generi: dal noir alla fantascienza, dall’apologo politico alla narrazione bellica, le caratteristiche del cinema Kubrickiano sembrano esplorate a posteriori, grazie ad un lavoro di cucitura editoriale ben preciso che procede verso quella contaminazione tra natura e tecnologia presente nelle opere di entrambi gli artisti. La varietà condivide comunque tono e stile molto simili nei termini di un’esplorazione estrema dei limiti della psiche, in una misura non dissimile da altre opere del mangaka destinate ad un pubblico adulto, come Barbara e I.L.
Molte delle storie selezionate, pubblicate su riviste come Purei Komikku o Manga Sunday, consentivano a Tezuka di sperimentare temi e forme narrative che avrebbe poi sviluppato entro i margini di opere più complesse. Uno dei casi più evidenti è rappresentato da “La Cisti“, pubblicata nel maggio del 1968. La storia del parto gemellare mai avvenuto, con il secondo cervello di una donna sviluppatosi all’interno dello stomaco sotto forma di massa tumorale, anticipa di cinque anni le origini di Pinoko, uno dei personaggi chiave nella carriera di Tezuka, parte della saga di Black Jack.
Aspetti come la relazione mutante e palindroma tra carne e psiche, il dissolversi delle differenze di genere, il doppio come esplosione incontrollata dei desideri più oscuri, sono aspetti già presenti in queste storie fulminee, dal sapore laboratoriale, ma assolutamente potenti per freschezza e immediatezza. La storia breve, destinata ad una dispersione maggiore diventa quindi banco di prova per l’artista giapponese.
Per una suggestione del tutto casuale, il racconto che da il titolo alla raccolta, è un apologo sul potere che dal passato dischiude la forza sufficiente per interpretare il presente dell’emergenza epidemiologica Covid-19. Una piccola città isolata dal resto del mondo perde progressivamente la volontà di opporsi all’isolamento e all’ordine costituito. Mentre il cibo diventa lo strumento con cui il potere può aver ragione delle masse, sottoposte ad un lento e inesorabile avvelenamento, lo spazio sociale sembra avvicinarsi sempre di più ad una colonia penale dove ogni contatto con l’esterno viene precluso. Il romanzo di Burgess viene esplicitamente citato, con il parallelo tra i cittadini e una natura già tecnologizzata. Svuotata di ogni caratteristica biologica, l’azione umana diventa riflessa come quella di un ingranaggio meccanico. Tezuka si serve di moltissimi riferimenti culturali intrecciati oltre a quelli letterari, dal cinema di Ishirō Honda fino alla fantascienza statunitense dei primi anni sessanta, usandoli con intenzioni metastoriche per descrivere le caratteristiche di una società destinata al controllo totalitario.
Ancora il doppio nel breve racconto “nero” intitolato “Notte sulla strada”, elaborato in forma molto sottile. La storia traccia il viaggio in taxi di un uomo che custodisce una misteriosa valigetta e insieme ad essa, un crimine indicibile ed oscuro. Tezuka costruisce tensione e orrore nel confronto progressivo tra l’autista e il cliente, mutando percezione sulle origini del male e descrivendo due personaggi ferini e senza alcuna morale che non sia quella predatoria. Entrambi sembrano scaturire direttamente dalle ombre della notte.
L’episodio più estremo è certamente “Yellow Dust”, disamina impietosa della guerra del Vietnam osservata da una prospettiva fantastorica. Tezuka costruisce una spirale di indescrivibile violenza che contamina un’intera generazione, comunicando a quelle nuove l’energia distruttiva del massacro. Tre ex soldati prendono in ostaggio un gruppo di bambini e le loro insegnanti, replicando gli orrori consumati nei villaggi vietnamiti tra massacri e stupri. In un continuo rovesciamento di prospettive, Tezuka racconta la storia occidentale e la società Giapponese contemporanea, come dominata dalla follia.
Il ciclo della violenza non risparmia nessuno, né gli ideali radicali del giovane scrittore de “Il sipario diabolico”, né lo spirito della convention di pace intergalattica in “I Reduci”, l’ultimo racconto incluso nella raccolta. Se la terra è ormai dilaniata da una furibonda e insensata lotta per il potere, i recessi del cosmo riconducono verso la sfera più basica della sopravvivenza biologica, dove organismi parassitari e virus sconosciuti cercano un nuovo ospite per preservare la specie.
Nello straordinario e terribile mondo di Osamu Tezuka, ciò che regola l’universo è l’inesorabile necessità del caos.