Non è ancora passato un anno da quando il figlio di Greta è misteriosamente scomparso in riva al mare. Lei e suo marito Bruno cercano di elaborare il lutto. Hanno intenzione di vendere la residenza estiva, una casa che affaccia sulla spiaggia. Ad aiutarli accorre Sina, un’amica di Greta. Mentre stanno impacchettando tutto per andarsene, Bruno sostiene di aver visto qualcosa che darebbe credito alle leggende del posto: una strana creatura proveniente dal mare.
Piedra Noche è un libro troppo sottolineato. Iván Fund – noto per Los Labios (2010, argentina) – evidenzia, contrappunta, indica; basterebbe la subordinazione della camera a mano all’azione dei protagonisti. Indovina, al contrario, la collocazione fuori campo del mostro marino, allegoria di un dolore insondabile: la scomparsa misteriosa del figlio di Greta e Bruno, i protagonisti.
L’intenzione della pellicola è diatopica: la disposizione geografica è la dimensione estensionale; il trasloco quella intensionale. Piedra Noche è ricchissimo di indicazioni, suggerimenti, ipotesi. La narrazione è statica, se non nella corsa iniziale che porta dove il dolore va conosciuto; i binari dei titoli di testa rappresentano l’impostazione induttiva della pellicola; la cognizione del dolore è gaddiana: il dolore è rapina, anaciclosi – ecco il senso delle cesure anticlimax.
Altra linea: i confini. Iván Fund forse abusa dei campi lunghi per suggerire l’idea dell’orizzonte. Il primo, oltre il mare, il secondo dopo lo schermo/siepe del game boy. La storia di Greta e Bruno è nel tentativo di venire a patti con ciò che si può conoscere, acquistare sul dolore.
Fund rincorre una compravendita che non può avvenire.
La personificazione della sofferenza è un refrain tematico e il regista argentino preme troppo l’acceleratore. Piedra Noche è una pellicola troppo subordinata alla sua storia; trova brillanti espedienti registici/fotografici/musicali, ma si perde in una ricorsività che doveva sezionare, non incarnare.
Il gioco universale di Piedra Noche è tra metafora e vita quotidiana (cit. Lakoff), o meglio: il tentativo, ennesimo ma inevitabile, di dimostrare che la metafora è un modello di organizzazione esistenziale ed emotivo. È un terreno scivoloso: Fund, come Bruno, orchestra uno sparo nel nulla, con molto rumore – sufficiente a livello narrativo.
Piedra Noche di Iván Fund (Argentina, Cile, Spagna 2021 – 87 min)
fotografia: Gustavo Schiaffino
montaggio: Lorena Moriconi, Iván Fund
musica: Francisco Cerda
suono: Leandro de Loredo
scenografia: Adrián Suárez
costumi: Betania Cappato
interpreti: Maricel Álvarez, Mara Bestelli, Alfredo Castro, Marcelo Subiotto, Jeremías Kuharo