lunedì, Novembre 18, 2024

Porno & libertà di Carmine Amoroso: la recensione

Nel 1973, Tom DeSimone realizzò un documentario dal titolo “Erotikus – A History of the Gay Movie”. Narrato dal pornoattore Fred Halsted, che mentre snocciola informazioni si spoglia e si masturba alla grandissima, il film rappresenta un corto circuito irripetibile sulla cultura visuale degli anni Settanta. Più che intervistare mostra, e mostrando – spezzoni anche molti lunghi – di fatto storicizza i vagiti della pornografia gay e immortala le prime sequenze integrali che infransero tabù e fissarono grammatica e sintassi del genere. Questo nel 1973.

Nel frattempo, in Europa… c’era un romano di nome Alberto Ferro, alias Lasse Braun, innamorato della Scandinavia e della liberazione sessuale. Quando nel 1969 la Danimarca legalizzò la pornografia generando un effetto domino sull’immaginario mondiale, Lasse era sul pezzo e cominciò a macinare pellicole, gettando le basi del porno di massa. Il resto è storia: Gola profonda che fa concorrenza al Padrino, Cicciolina canterina e arrestata ogni due per tre e quell’anno, il 1979, quando in Italia la carica dei pornazzi costrinse alla chiusura molte sale «normali». Un terremoto nel regno del comune senso del pudore.

Gli anni Settanta tentarono di portare a frutto le utopie dei movimenti giovanili del decennio precedente. Al cinema, questo si tradusse in un tripudio di generi estremi e in una disinvoltura grafica, in termini d’intensità, che si lascia riassumere da un film d’autore come “Sweet Movie” (1974) dell’apolide Makavejev, con i suoi banchetti a base di vomito, i corpi femminili incioccolatati, persino una sequenza pedo ora inimmaginabile per una proiezione su grande schermo. Furono una parentesi parossistica, gli anni Settanta. L’avvento del formato vhs e dell’aids funsero da manovra a tenaglia, segnando il trionfo di molti conservatorismi e la progressiva ritirata delle «immagini forti» tra i confini domestici.

Nel 2016, Porno & libertà sbarca al Biografilm festival bolognese forte di un trailer molto promettente, dopo una lunga gestazione motivata da una sola parola: crowdfunding. Alcune delle migliori teste parlanti del film non ci sono più: Ferro, Pannella. Schicchi e Cicciolina (che si concede dal vivo solo nel finale) fungono da filo rosso di un documentario che lascia parlare troppo i testimoni del tempo ed è un po’ avaro d’immagini davvero scardinanti. O forse è il nostro sguardo a essersi smaliziato, saturandosi di porno gratuito e casalingo da quando internet corre veloce.

Strepitoso sulla carta, vagamente scolastico alla prova dei fatti, Porno & libertà compie un ottimo lavoro di assembramento. I protagonisti ci sono tutti, finanche Mario Mieli del movimento gay e Porpora Marcasciano presidente del MIT (Movimento Identità Transessuale). A mancare è la sincronia tra quanto raccontato e quanto mostrato. Gli anni Settanta spaccano, questo documentario purtroppo no. Ma la colpa non è dei suoi autori, né del materiale audiovisivo. Alcuni intervistati tracimano o menano il can per l’aia, instillando un senso di déjà vu ben poco sexy. Lo stesso che si prova dinanzi a un progetto di storicizzazione del boom italiano del porno a quasi cinquant’anni dagli eventi trattati. Per giunta senza una tesi nuova. Fra i tanti split screen e i clippini vintage spicca solo L’origine del mondo di Courbet.

Simone Aglan-Buttazzi
Simone Aglan-Buttazzi
Simone Aglan-Buttazzi è nato a Bologna nel 1976. Vive in Germania. Dal 2002 lavora in campo editoriale come traduttore (dal tedesco e dall'inglese). Studia polonistica alla Humboldt. Ha un blog intitolato Orecchie trovate nei prati

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