Un volume su Sciascia e il Cinema colma certamente una lacuna. L’amore dello scrittore di Racalmuto per la settima arte era cosa nota, non per questo analizzata in modo adeguato e soprattutto cercandone le connessioni profonde, proprio quando queste sembravano definire una relazione vitale, tra distanza e adesione, rispetto al metodo e alla visione degli autori con cui ha collaborato e di quelli che hanno adattato i suoi romanzi.
Fabrizio Catalano, nipote e studioso attento dell’opera di Sciascia, anche in veste di regista e drammaturgo, viene stimolato da Vincenzo Aronica su tutte le opere cinematografiche tratte dai romanzi del grande scrittore, tenendo fuori solamente gli adattamenti televisivi. Un dialogo stimolante introdotto da una prefazione di Felice Laudadio e una breve conversazione tra Giuseppe Tornatore e Roberto Andò dove dalla relazione dello scrittore con il Cinema, si allarga la prospettiva verso la concezione che Sciascia aveva dell’immagine. Se la scrittura di Sciascia per Laudadio è riconducibile al montaggio cinematografico, per rimario, attenzione ai dettagli, capacità di sintesi e visione Storica, non sempre il Cinema accontenta il grande scrittore siciliano, preoccupato che la “fedeltà” al suo mondo non sia letterale, quanto “sostanziale”.
Mentre Catalano si sofferma su aspetti semantici e di grammatica cinematografica con grande attenzione alla qualità del discorso filmico, soprattutto quando questo individua soluzioni che in qualche modo cercano di interpretare lo spirito del romanzo, svela in parallelo la relazione animata tra Sciascia e i registi, attraverso lettere, documenti e testimonianze. Un mappatura preziosa che diventa quasi scuola di adattamento, nella tensione creativa che si verifica anche quando intenzioni e visioni differiscono. I rapporti più difficili in questo senso sono quelli con Elio Petri. In gioco le gradazioni e la temperatura del racconto, laddove l’equilibrio per Sciascia è racchiuso nello slittamento tra particolare e universale, politico e civile.
Uno slittamento che può cambiare in modo indelebile il senso, come accade nell’adattamento teatrale de “Il giorno della civetta” fatto da Sbragia e in alcuni momenti del film di Damiano Damiani, dove si assiste a semplificazioni molto forti.
Semplificazioni e sfrondamenti anche quelli di Giovanni Grimaldi che adatta il racconto “Il mare colore del vino” per il suo “Un caso di coscienza“. Nel descrivere la lavorazione del film, Catalano racconta in modo preciso lo sviluppo di un lavoro che funziona, ma risente in qualche modo del contesto produttivo e delle modalità “avventurose” con cui si realizzavano film di genere nel nostro paese.
Diversa la relazione tra Sciascia e Florestano Vancini per “Bronte: Cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno mai raccontato“. Si tratta della prima e unica sceneggiatura alla quale Sciascia ha collaborato, oltre la revisione dei dialoghi per “La smania addosso” di Marcello Andrei. Catalano ricostruisce la genesi del progetto attraverso le lettere di Vancini e Fabio Carpi, altro sceneggiatore del film insieme a Nicola Badalucco. Emerge una storia di cordiale collaborazione, ma anche costellata da numerosi ostacoli e iniziata con il progetto di un film che doveva essere prodotto da Tonino Cervi, ipotesi arenatasi nel lontano 1962. Nel ’69, quando si affaccia la possibilità di un film prodotto da Mario Gallo e destinato alla televisione, Sciascia declina e viene integrato Badalucco. La Rai in seguito rifiuterà il prodotto a causa della violenza e il film uscirà per le sale nel 1972, senza far troppo rumore. Catalano si sofferma sulla figura di Lombardo, opera dello stesso Sciascia, ipotizzando un’identificazione con il personaggio, nel suo tentativo di mediare ed evitare la violenza. La riflessione allora si sposta sulle disillusioni storiche, sull’eredità terribile e forcaiola di figure storiche come Bixio, sulla spedizione dei Mille come occasione sprecata, ma anche sulla volontà di non arrendersi mai al declino morale.
La dettagliatissima analisi di “Cadaveri eccellenti” passa in rassegna il rapporto di stima reciproca tra Sciascia e Rosi e un parallelo più specifico tra romanzo e film, considerato dallo stesso Catalano come uno dei migliori tra quelli tratti dai romanzi di suo nonno. Il film dischiude e interpreta per certi versi quella disamina del potere, acuta e senza alcun compromesso, che attraversa tutta l’opera dello scrittore siciliano.
Diversa la reazione di Sciascia rispetto a “Todo Modo” di Elio Petri; il film non gli piacque, mentre la chiave grottesca, a distanza di anni, convince maggiormente lo stesso Catalano, che cerca di individuare tradizioni simili entro i confini europei. Descrive poi il contesto politicamente acceso in cui il film uscì e i fraintendimenti interpretativi, anche in termini politici, che si verificarono a contatto con gli eventi della Storia coeva. Fraintendimento è anche quello di Petri, per lo stesso Sciascia, che banalizza e sottovaluta in qualche modo il ruolo negativo della Chiesa, per lo scrittore siciliano assolutamente centrale.
Gli altri film esaminati sono “Porte Aperte” di Gianni Amelio, di cui Catalano evidenzia la distanza con il romanzo, per una cupezza insistita del film che viene inscritta in una tendenza gratuitamente elitaria; “Una storia semplice” di Emidio Greco; “Una Vita venduta” di Aldo Florio ispirato al racconto “L’antimonio” ed infine “Il consiglio di Egitto” sempre di Emidio Greco, film per il quale Maria Andronico, moglie di Sciascia, non aveva dato il suo consenso.
A pochi mesi dal centenario della nascita di Leonardo Sciascia, il volume di Catalano e Aronica racconta e celebra il grande scrittore siciliano in modo originalissimo, utilizzando il percorso degli adattamenti cinematografici per innestare, nelle relazioni spesso distaccate tra l’occhio di Sciascia e gli autori di cinema, una storia ricca di aneddoti e di percorsi interpretativi legati alla sua opera.
Chiude il volume una bella testimonianza di Beppe Cino sulla sua amicizia con il grande scrittore e il progetto di portare sullo schermo durante gli anni novanta Le Parrocchie di Regalpetra, suo libro del cuore. Progetto purtroppo naufragato.
Leonardo Sciascia e il Cinema. Conversazioni con Fabrizio. A cura di Fabrizio Catalano e Vincenzo Aronica
Editore: Rubbettino
Anno: 2021
Collana: Bianco e nero a colori
Pagine: 176
Prezzo Consigliato: 17,10 EURO sul sito dell’editore
Fabrizio Catalano (Palermo, 1975). Regista e drammaturgo, formatosi presso il Centro Sperimentale di Cinematografia, dopo aver diretto diversi documentari e cortometraggi, si è dedicato prevalentemente al teatro, riscuotendo un notevole successo di pubblico e di critica con alcuni spettacoli, spesso tratti dalle opere del nonno Leonardo Sciascia, e comunque fortemente critici verso le derive della società contemporanea. Sporadicamente romanziere e saggista (Le viole dagli occhi chiusi, L’immaginario rubato, Il tenace concetto), ha tradotto dal francese numerosi testi e liriche di autori legati al Simbolismo.
Vincenzo Aronica: (Parma, 1975). Giornalista pubblicista ed esperto in marketing e comunicazione si è formato a Milano alla Iulm in Pubbliche Relazioni. È stato assistente del Prof. Francesco Alberoni presso l’università Pio V di Roma, cattedra di sociologia. Dopo un’esperienza in pubblicità presso la MCann Erickson di Milano è stato consulente marketing e comunicazione presso aziende ed enti nazionali. Si occupa da più di dieci anni dell’organizzazione di eventi culturali nel settore cinema. Tra questi, per il Csc, l’organizzazione delle rassegne cinematografiche Per il cinema italiano e la mostra Ennio Morricone per i novanta anni del compositore al BIF&ST. Attualmente è responsabile Marketing ed Eventi del Centro Sperimentale di Cinematografia.