Quando Tommaso (Marco Giallini), affermato e inflessibile cardiochirurgo, ascolta le rivelazioni del figlio con tutta la famiglia riunita, il noto assunto machista “meglio un figlio prete che frocio” viene rovesciato come un guanto mentre l’attonito chirurgo visualizza mentalmente una sequenza di icone del tormento cristiano che chiudono sulla faccia sorridente di Don Matteo.
La famiglia progressista viene strapazzata ben bene nell’esordio alla regia di Edoardo Falcone, già figura attiva della nuova commedia italiana come sceneggiatore per Massimiliano Bruno, ma anche Riccardo Grandi, Paolo Costella e i veterani fratelli Vanzina, per raccontare attraverso i numerosi slittamenti di senso di una commedia di situazioni quel dogmatismo rigidamente convenzionale che può colpire chiunque quando l’ignoranza si sovrappone alle certezze razionaliste di certa laicità.
Ma “Se dio vuole” non è così schematico né punta a rappresentare in modo binario questo dissidio, al contrario cambia continuamente prospettiva passando dal film corale al buddy movie, con una semplicità che è anche il suo punto di forza. Falcone evita ampiamente il rischio di un film didascalico tenendosi equidistante sia dalla commedia pecoreccia che dall’ambizione di restituirci il solito, trito, racconto generazionale con presunzione giudicante, al contrario si avvicina ai suoi personaggi attraverso i gesti, le loro fragilità e alcuni piccoli esempi di sana leggerezza; in questo senso ci sono sembrati efficacissimi Laura Morante e Alessandro Gassman, la prima capace di giocare con le nevrosi della sua personale galleria d’attrice (incluse quelle del personaggio di “Ciliegine”) in una sintesi dall’irresistibile vis comica che comunica malinconia e un’eterna voglia di divertirsi, il secondo, prete operaio e mattatore nell’arena, la cui storia rimane fuori campo o semplicemente allusa (forse un ex ragazzo di strada) così come il supposto epilogo, segni del tocco di Falcone nel saper cambiare il punto di vista in modo invisibile e positivamente aperto, sottraendosi d’improvviso o semplicemente trasformando il volo leggero in leggera malinconia.
Marco Giallini incarna perfettamente queste sfumature, senza essere forzatamente istrionico ha lo stesso cinismo del Sordi primario di Villa Celeste, tanto che Falcone lo inquadra più di una volta con quell’incedere arrogante alla testa di tutta l’equipe medica, per poi metterlo alla berlina dopo la via crucis che gli ha quasi causato il colpo della strega. La trasformazione di Tommaso non è traumatica né ha le caratteristiche approssimative di quelle commedie tirate via con personaggi mal scritti, diventa al contrario credibile sia per la capacità dell’attore romano di contrapporre inflessibilità a improvvisazione guascona e per l’attenzione combinatoria alle situazione che Falcone mette in scena, sostituendo inutili psicologismi con la psicologia dei personaggi delineata attraverso il gesto, basta pensare al rapporto di Laura Morante con l’alcool, l’assistenzialismo e una nuova primavera rivoluzionaria con tanto di riccioli ribelli che improvvisamente sostituiscono la pettinatura da signora per bene.
“Se Dio Vuole”, leggero ma vivo, è una boccata d’aria fresca nella nuova commedia italiana.