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Shake di Bernardini, Cavalli, Salvadori. Regia, Giulia Gandini: recensione

Nuovo racconto di formazione nella forma di una serie dedicata alla post-adolescenza e ispirata all'Otello di Shakespeare. Gli otto episodi di Shake sono in testa all'offerta di Raiplay tra i prodotti più visti. La nostra recensione

Nell’offerta Raiplay Shake non è la prima serie teen ad esser prodotta per la piattaforma, ma si pone certamente su di un piano diverso rispetto ad altre come Confusi e Cinque Minuti Prima.
Per struttura, concept e ritmo è più vicina a Skam di Ludovico Bessegato, da cui mutua alcune intuizioni, comprimendole in uno spazio drammaturgico conciso.
Il lavoro sul punto di vista, per esempio, cerca di allinearsi a quella coralità, ma spostando i climax e rielaborando le vicende all’interno di ogni episodio, con una serie di controcampi possibili abitati dai diversi personaggi. La strategia, costante per otto episodi, allarga la prospettiva ogni volta e smonta impressioni e stereotipi acquisiti fino a quel momento, con diverse assunzioni soggettive rispetto alla realtà narrata.

Più sintetico rispetto alla possibilità di dedicare la serie ad un solo personaggio attorno al quale far ruotare altrui vite e situazioni, muove il cardine a partire dalla rilettura del testo Shakespeariano, vera e propria modulazione sul tema del destino, indissolubilmente legato alle potenzialità delle scelte individuali.

Una struttura che potrebbe consentire ad ipotetiche nuove stagioni di mantenere al centro lo stesso modello, attraverso altri temi sollecitati dalle tragedie del drammaturgo inglese. Un accenno in tal senso viene impostato nei minuti conclusivi della serie, che come sappiamo è elaborata a partire dall’Otello.

L’elemento tragico in questo caso viene disossato e definito attraverso i piccoli turbamenti della formazione individuale, nel passaggio all’età adulta, trattenendone le conseguenze in un ventaglio potenziale.

Non c’è quindi un vero e proprio elemento catartico, se non nella deflagrazione di una vita dentro l’altra, dove ciascuno dei personaggi mente a se stesso, alla collettività scolastica e al nucleo famigliare, relativizzando qualsiasi prospettiva binaria, un’intuizione che nel contesto delle serie italiane, ha determinato la lunga storia di successo legata a Skam Italia.

La serie ideata e scritta da Gianluca Bernardini, Carolina Cavalli e Caterina Salvadori per la regia di Giulia Gandini e con la produzione di Andrea Occhipinti insieme a Lucky Red, pone maggiore attenzione ai personaggi femminili e soprattutto agli stereotipi percettivi che definiscono la storia del desiderio attraverso i codici negativi del possesso.

Tutto è ovviamente semplificato per la ricezione di un target specifico, ma riesce a centrare l’obiettivo proprio sui gesti minimi, i movimenti quotidiani, le incertezze di una comunità giovanile che deve confrontarsi con gli errori e la fragilità degli adulti, cercando di definire il proprio spazio.
Quest’ultimi, virtualmente assenti in Skam, qui rappresentano spesso l’origine di sofferenze e insicurezze, aprendo una possibilità ulteriore di confronto che consente vari punti di osservazione sulla galassia della post-adolescenza.

In un certo senso si conferma l’intenzione didattico-formativa che attraversa la scelta editoriale della piattaforma, anche quando seleziona serie internazionali destinate ad un pubblico più giovane.

L’occasione di forzare l’involucro etico risiede allora nell’intensità dei personaggi che si muovono sul limite, forzando la definizione degli ambienti di appartenenza.

Beatrice/Desdemona, interpretata da Giulia Fazzini, entra ed esce da mondi in collisione e cerca di recidere le connessioni con il proprio di derivazione altoborghese, per avvicinarsi alla libertà della cultura street rappresentata dal parkour, attorno al quale si forma il carattere di Thomas/Otello. La giovane attrice abita una solarità non riconciliata, che seduce tutti quanti e allo stesso tempo impatta con violenza sulle vite che incrocia, per libertà umorale.

Gaia/Iago vibra moltissimo grazie al volto senza tempo di Giada Di Palma, vera e propria rivelazione per la capacità di comprimere sentimenti e dolore nell’espressione di una negatività altrettanto complessa. Riesce ad esprimere questo conflitto con il volto e il corpo, abitando una serie di mutazioni non facili sul piano interpretativo, che a nostro avviso rappresentano i momenti più vivi di Shake.

E sembra che il punctum della serie risieda proprio in queste due figure femminili speculari, energie opposte ma non necessariamente simmetriche, entro cui far scaturire le piccole drammaturgie quotidiane di un prodotto che potrebbe crescere.

[Le foto dell’articolo sono di Arianna Lanzuisi, fornite da ufficio stampa Gabriele Carunchio | Boom PR ]

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Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.
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